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Castagno, quale futuro?

27.06.2017, Dal sito Agronotizie

Il punto su presente e futuro sulla castanicoltura italiana in un convegno tenutosi il 20 maggio 2017 a Faenza (Ra)

castagneLa castagna è stata per tanto tempo uno dei principali sostentamenti alimentari della popolazione italiana, tanto che il poeta Giovanni Pascoli definiva questa coltura “italico albero del pane”.

Il castagno è una delle piante forestali più importanti dell’Europa meridionale, capace di definire il paesaggio e di raccontare una storia lunga migliaia di anni; il suo prezioso legno, resistente e compatto, è usato nell’edilizia strutturale e nell’arredo d’interni ed esterni.

Il 20 maggio 2017 l’Istituto professionale Persolino-Strocchi di Faenza (Ra), con la collaborazione di AgroNotizie, ha organizzato un convegno in cui esperti del settore hanno illustrato le potenzialità della gestione attiva dei castagneti, per far sì che non siano lasciati all’abbandono e all’attacco di malattie. Oggi e domani i castagneti possono essere una risorsa economica valida.
 

Il castagno in Italia: alcuni dati

Secondo i dati del VI Censimento agricoltura dell’Istat, pubblicato a luglio 2012 (dati riferiti al 2010), le aziende agricole italiane con castagneto da frutto sono circa 30mila con una superficie coltivata pari a 52mila ettari. Com’è distribuito nelle varie Regioni? Campania 13.808 ettari, Toscana 10.399 ettari, Calabria 8.643, Piemonte 6.383, Lazio 3.796, Emilia-Romagna 2.822, Basilicata 1.168, Marche 838, Liguria 750, Lombardia 650, Sardegna 563, Umbria 528, Sicilia 453, Veneto 359, Abruzzo 300, Trentino Alto Adige 288, Puglia 122, Valle d’Aosta 71, Friuli Venezia-Giulia 57 e Molise 4 ettari.

In base ai Dati Faostat del 2013 l’Italia è il 3° produttore mondiale di castagne e marroni con 14.148 tonnellate, preceduta da Cina con 39.067 tonnellate e Portogallo con 16.153 tonnellate. Ulteriori informazioni sono contenute nel documento completo del Crea ‘Castanicoltura da frutto in Italia – caratteristiche strutturali, risultati economici e politiche pubbliche’ a cura di Tatiana Castellotti e Paolo Doria.

“Nel corso degli ultimi 50 anni – spiega Luciano Trentini, vicepresidente Gruppo Dialogo Civile Promozione e Prodotti di qualità della Commissione Europea – la produzione italiana è crollata: nel 1961 era superiore alle 120mila tonnellate mentre nel 2015 è stata di circa 20mila tonnellate. Le cause sono varie: calo dei consumi, aumento dei competitor, produzione antiquata, situazioni climatiche avverse, presenza di nuove patologie.

Riguardo all’andamento dei flussi commerciali l’Italia ha incrementato la quantità importata: nel 2006 era il quarto Paese importatore, oggi è il primo (Fonter Crea, Banca dati commercio estero). Il prodotto arriva principalmente da Spagna (37%), Portogallo (22%), Albania (10%), Grecia (9%) e Turchia (8%) (altri Paesi il 14%). Ma non siamo virtuosi neanche per quanto riguarda l’export, che ha visto nel 2014 Svizzera, Germania e Austria come nostri principali clienti”. Trentini termina con una provocazione: “Investiremo in nuovi castagneti oppure continueremo ad spendere milioni di euro per importare castagne?”

Proprio a questa domanda tenterà di rispondere l’evento Eurocasta – VIII Incontro europeo della castagna che si terrà dal 14 al 15 settembre 2017 a Marradi (Fi).

Per l’Italia un futuro incerto

“La produzione italiana di castagne – spiega Elvio Bellini, professore ordinario all’Università di Firenze – non è cambiata nei secoli, si è fossilizzata a quella coltivazione di montagna di metà secolo scorso. Allora i due terzi della gente viveva in montagna ed il castagno rappresentava una delle principali fonti di sostentamento alimentare. L’abbandono delle montagne ed il cambiamento alimentare hanno portato ad un calo della sua coltivazione. Senza dimenticare come in diverse aree produttive del nord Italia i castagneti rimasti in produzione sono legati a terreni poveri e marginali.

Prima eravamo i dominatori del mercato ed oggi siamo relegati a fanalino di coda. L’Italia però può tornare protagonista, sfruttando il potenziale aumento dei consumi. La castagna ed il marrone sono molto nutrienti ed energetici, alimenti importante per la salute ed il benessere del nostro organismo. In particolare hanno tante vitamine, sali minerali, omega 3, acido folico e fibre. Sono prive di glutine e povere di acidi grassi. 

Altro aspetto è cambiare la castanicoltura. Rispetto al passato si produce oramai castagno in tutto il mondo ed i nostri competitor sono stati capaci di evolversi ed adattarsi alle nuove esigenze produttive e di mercato. L’Italia invece no. Deve diventare una coltura frutticola vera e propria con modalità di coltivazione, produzione e raccolta del tutto simili alla frutticoltura intensiva moderna. Guardiamo ad esempio quello che è stato fatto in Spagna, Portogallo e Turchia. E per le varietà? Abbiamo tante Igp e Dop, e su quelle dobbiamo puntare senza ricercare chissà quali nuove selezioni”.

Le malattie hanno creato tanti problemi

Gli ultimi anni hanno segnato produzioni bassissime visto le condizioni climatiche avverse e la comparsa o recrudescenza di malattie ed insetti. Tra tutti si ricorda il Cinipide del castagno (Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu), un insetto fitofago dell’ordine degli imenotteri, che induce la comparsa di ingrossamenti tondeggianti detti “galle” su germogli e foglie delle piante colpite.

“Nel nord Italia – spiega Massimo Dal Pane, tecnico di Isagro Spa, azienda promotrice del convegno – la lotta al Cinipide sta producendo risultati soddisfacenti, a parte qualche piccola area. Questo grazie alla rapida attuazione di una corretta attività di lotta naturale: il lancio del suo nemico naturale, il parassitoide Torymus sinensis. Nel Centro-Sud la situazione invece non è ancora sotto controllo, visto anche che il Cinipide è comparso successivamente e l’attività di lotta è ancora in pieno svolgimento. Non dobbiamo però abbassare la guardia perché la guerra non è ancora vinta.

Negli ultimi anni inoltre si stanno riaffacciando le Cidie, o Tortricidi, causa del ‘bacato’ dei frutti: Cydia splendana e Cydia fagiglandana. Sono lepidotteri le cui larve si sviluppano a carico delle castagne, provocandone fori (e successive marcescenze). Le perdite produttive sono ingenti: nel 2016 si stima che il danno delle solo Cidie abbia provocato un calo produttivo del 30-40%. Il controllo è difficile, in quanto il contenimento chimico-meccanico o i trattamenti insetticidi sono impraticabili e poco efficaci”.

Dal Pane ha parlato, nel suo intervento, del prodotto Ecodian CT. “E’ un filo bio-degradabile impregnato di feromoni specifici, delle due specie, che disorientano il maschio durante la fase d’accoppiamento. Questo si traduce in meno femmine fecondate, meno larve e meno danno. Viene installato alla fine di giugno o inizio luglio aggaggiandolo ai rami più alti, e copre un periodo di circa 60-70 giorni. Questo prodotto riduce drasticamente l’incidenza di frutti danneggiati“. Altre gravi malattie del castagno sono: Marciume secco (Gnomoniopsis castanea), Cancro corticale (Cryphonectria parasitica) e Mal dell’Inchiostro (Phytophtora cambivora e P. cinnamomi).

Per saperne di più scarica le relazioni presentate al convegno, dai link riportati a destra dell’articolo sotto ‘Schede tecniche’ (il download è disponibile con una semplice registrazione gratuita).

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Come installare l’Ecodian CT:

IL VIDEO

 

                                                                                                       

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