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Decadenza bagnolese

06.05.2011, Articolo di Domenico Nigro ’82 (tratto da “Fuori dalla Rete”, n. 2 anno IV, Aprile 2011)

Nel mezzo dei festeggiamenti per i 150 anni della nascita dell’Italia, quando ormai il patriottismo e l’amor di patria pare abbiano raggiunto livelli inaspettati, è quasi obbligatorio fare un confronto tra come si stava 150 anni fa e come stiamo oggi. Le librerie sono piene di libri dedicati ai “padri” della patria (Cavour, Mazzini Garibaldi e quant’altro), spopolano i saggi sulla questione meridionale, tanti giornalisti, storici e sociologhi cercano di analizzare similitudini e differenze tra l’Italia post risorgimentale e quella del 2011.

Lo stesso lavoro andrebbe fatto anche per Bagnoli, capire il passato è la base necessaria su cui costruire il futuro; in attesa che altri, più esperti e competenti di me, facciano questo lavoro, provo io a tracciare qualche differenza. Dai libri storici dedicati al nostro paese, appare chiaro che Bagnoli entrava nel regno di Italia come un paese ricco e fiorente, non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello culturale. Erano gli anni di Michele Lenzi (a proposito ma non sarebbe ora di ripulire il busto che sta sulla facciata dell’ex  municipio?), della costruzione delle prime “strade” interpoderali; un paese dedito al commercio di tessuti e legname, che aveva l’onore di possedere una biblioteca ed una pinacoteca pubblica. Un paese “unico” nell’intero assetto provinciale, di gran lunga superiore non soli ai borghi limitrofi, ma alla stragrande maggioranza dei paesi irpini. Bagnoli confermava di essere ben più avanti rispetto all’intero assetto provinciale, con un’economia notevolmente sviluppata. Ma quello che colpisce di più è il grado di lungimiranza che i nostri avi avevano, e che oggi è sconosciuta (soprattutto per quelli che da anni occupano partiti e tavoli politici), che ben si coniugava con una politica di sfruttamento del territorio nel pieno rispetto dello stesso. Bagnoli era un isola felice, un’eccezione nel meridione dove le aree interne erano praticamente abbandonate a se stesse.

A 150 anni di distanza le cose sono profondamente cambiate. Si sono ripetute, senza soluzioni di continuità scelte sbagliate, si sono perse potenzialità e risorse prima conosciute, si sono smarriti commerci che duravano da secoli e si è prodotto un notevole abbassamento del livello economico e culturale del paese. Siamo corsi dietro al mito dell’industrializzazione, ci siamo dimenticati di potenziare le nostre infrastrutture, ci siamo attaccati a politicanti locali i quali, anziché dedicarsi alla gestione della res publica, hanno adoperato il loro tempo per coltivarsi il proprio orticello. Abbiamo accettato supinamente scelte che hanno danneggiato Bagnoli, lasciato che altri paesi potessero controllarci e ostacolarci. Abbiamo svenduto la nostra storia, dimenticato i nostri monumenti e le nostre bellezze artistiche, ci siamo dimenticati di rispettare l’ambiente, abbiamo smarrito il senso della lungimiranza politica, che poi è la base per una crescita continua di qualsiasi realtà. Decadenza, è questa la parola che meglio può descrivere questi 150 anni di storia. Da gemma dell’Irpinia siamo diventati una miniera inesplorata, da anni ci ripetiamo stancamente le stesse cose, facciamo le stesse analisi, le stesse critiche lasciando che però tutto continui a scorrere nello stesso modo, lungo una discesa che diventa sempre più incontrovertibile.

Così oggi la disoccupazione giovanile è una realtà sempre drammatica, in concetto di meritocrazia è ormai sconosciuto, e i ragazzi, laureati o diplomati che siano, sono ancora costretti ad interrogarsi se  lasciare il paese oppureandare a pregare il politico locale di trovargli un lavoro precario.

Ormai queste considerazioni sono diventate frasi retoriche, dette e ridette, ma purtroppo sono le uniche capaci di fotografare la situazione in cui versa Bagnoli. Resta una domanda da fare: riusciremo a recuperare quello che abbiamo perso o il nostro declino continuerà inesorabile? Tra 150 sarei curioso di conoscere come risponderanno i nostri successori ………………………

                                                                                                       

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