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Discorso sulla verità

01.02.2017, Articolo di Alejandro Di Giovanni (da “Fuori dalla Rete” – Gennaio 2017, Anno XI, n.1)

Discorso-sulla-verita-Alejandro-Di-GiovanniLa verità ai tempi del web e dei social media, di ciò che esiste in senso assoluto, deve essere indagata e analizzata secondo nuovi paradigmi e criteri, secondo nuove prospettive, quelle appropriate e consone alla nuova era definita postmodernità che, dalla crisi del capitalismo avanzato, dalla pubblicità e dalla televisione fino al determinante avvento di internet e delle nuove forme e occasioni di interazioni e relazioni sociali offerte dal web, ha visto ridefinite le strutture del sapere, così quel che è stato rischia quantomeno di assumere connotati differenti, per questo oggi tutto è definito post, ed è dovere dello scienziato sociale avvicinarsi al tema della verità come ad un tema post, che ha subito traumi che ne hanno stravolto canoni e schemi, che hanno decretato l’avvento della post-verità ai tempi della postmodernità.

Se “il medium è il messaggio”, come asserito nel 1964 da McLuhan, quindi non è tanto importante indagare il contenuto di un messaggio, ma il mezzo che, con le proprie strutture, codici e tecnologie influenza la struttura mentale e culturale delle persone, i loro comportamenti e opinioni, vuol dire che nella nostra società odierna, ciò che più influenza il nostro senso della realtà, della verità, è il web, sono i social media.

Se in passato la televisione, con la sua funzione rassicurante, ci svelava una verità, oggi il web ci pone dinanzi a molteplici verità dove a contare non sono più i fatti, dove non conta più tanto se questi fatti sono veri o falsi: nell’influenzare il pensiero, sono determinanti le emozioni.

Oggi, con le verità potenzialmente prossime ad un numero grande quanto gli utenti del web che possono dichiarare ed esprimere il loro pensiero e la loro versione dei fatti, la verità oggettiva, assoluta, ciò che non è falso, ciò che è tautologia, tutto ciò che è deduzione logica, tutto ciò che è dimostrabile scientificamente, empiricamente, tutto viene risucchiato nella ragnatela mondiale a favore delle suggestioni, del verosimile, del non falso e non vero: prevale la superstizione, prevalgono le credenze, è il ritorno al medioevo senza passare per l’illuminismo.

Ognuno di noi può diventare un produttore di informazione, ciò significa che i media tradizionali come tv o giornali non detengono più l’esclusiva della verità (che spesso era la verità del sistema di potere politico ed economico), e sembrerebbe un bene, o meglio, così pareva anche a me. Una volta immerso a fondo nel web e nei social media, ciò che sembrava una innovazione di progresso planetaria di democrazia, si è rivelata un’arma non solo a doppio taglio, ma perfino più pericolosa della verità accentrata nelle mani di pochi di un tempo.

Con la proliferazione smisurata di informazioni, aumentano anche le false notizie che, sempre di più, vengono prese per vere e, peggio, non vengono nemmeno interrogate circa la propria veridicità, perché ciò conta relativamente: queste notizie ci hanno colpito, erano ciò che volevamo sentire, e ci fanno stare bene, meglio, assecondano la nostra ottusa rabbia.

Dietro a questo mondo di cartone, però, c’è chi sfrutta questa ingenua emozionalità del navigatore web, e la costruzione di false verità avviene per attirare traffico sul proprio sito e guadagnare così dalla pubblicità, o per influenzare l’opinione pubblica su qualcosa (spesso, per esempio, per screditare un avversario politico).

Tutto questo scenario, nelle mani dell’indifeso cittadino medio, ha trovato terreno fertile, ed è proprio questo il campo che sta proponendosi a noi, coltivato a finti complotti e fasulle cospirazioni, seminato a bieco populismo, ha prodotto un mondo di finzione nel quale l’utente (che produce anche), è insieme vittima e colpevole a sua insaputa.

Quello che oggi stiamo vivendo, tutto questo magma di movimenti mediocri, creduloni, fascisti e populisti, tutte queste convinzioni che si basano sulle leggende e non più sulla dimostrabilità dei fatti, tutte queste teorie astruse affascinanti ma, dal valore scientifico pari allo zero, questa mancanza di razionalità e perspicacia in ogni ambito della società, questo e tutto il mondo emerso e sommerso che si naviga è prodotto del medium, è post-verità. Il sistema di informazione ha subito il suo big bang e si è frantumato in miliardi di fonti, la democrazia dal basso è stata abilitata a esprimersi su tutto, sembra tutto molto bello, ma ciò che stava muto e ora si esprime, fa tremendamente orrore e ribrezzo per l’ignoranza costante messa in mostra.Se queste orde di invasati fomentate da volponi della politica complottista 2.0 rivendicano il loro diritto a scalzare il sistema, direi che bisogna fermarsi ad analizzare tutto ciò che questa massa è: rappresenta l’antisistema, e per come la vedo io adesso, l’antisistema è solo il sistema che non ce l’ha fatta, e che farebbe esattamente lo stesso e, credo convintamente, anche peggio.

Oggi la verità rappresenta un contenuto vuoto e privo di valore, in balia delle miriadi di fonti incontrollate e incontrollabili, ma siamo soprattutto in balia di una generazione, quella digitale, che non ha capacità di discernimento, filtro e comprensione della realtà che li circonda. Se ciò che è vero non si distingue più da ciò che è falso, per incapacità o convenienza, vuol dire che i progressi millenari dell’uomo nel campo della conoscenza si sono dissolti nel giro di qualche decennio di click e post, mortificato dal peso di fette di popolo che, nel tentativo di sovvertire l’ordine, rischiano di far estinguere l’evoluzione e il progresso della specie stessa.

L’ esperimento delle infinite verità della democrazia dal basso ha fallito, uno non vale uno perché non può, perché non tutti valgono uno. Benvenuti nella post-verità, dove ciò che era vero non è più vero, o non importa comunque, dove tutto diviene inutile e tutto diviene messa in scena e distrazione di massa, è il nostro tempo, quello che meritiamo, della svalutazione dell’informazione e, quindi, della verità (che fa rimpiangere addirittura la verità, sicuramente più attendibile, dell’informazione accentrata ed esclusiva di tv, stampa e radio, che comunque potevano vantare una individuazione di fonti, in caso di produzione di false notizie).

La post-verità ha fatto emergere l’inadeguatezza, in definitiva, di poter solo immaginare di abilitare oltre le proprie capacità e competenze il popolo, che se vota e ha l’abilitazione per questo, è in troppi casi già di gran lunga fuori dalla propria portata e, quindi, immeritevole di tale diritto (immaginiamo poi se volessimo eleggerlo, oltre che a produttore di informazione, come già avviene, a giudice che ne decreta anche la veridicità).

                                                                                                       

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