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«Discussione sullo stato del Servizio Sanitario della Regione Campania». La relazione del dott. Alfonso Frasca

Estratto dell’intervento del dottor Alfonso Frasca

(29.05.2010 – Prima conferenza tematica 2010 organizzata da “PalazzoTenta39”)

Il servizio sanitario della nostra regione (SSC) è oggi sotto osservazione da parte di tutto il paese in quanto accusato di essere di bassa qualità ed eccessivamente costoso, come riportato praticamente ogni giorno dai “media” nazionali. Questo documento ha lo scopo di analizzare il problema, di ricercare le cause delle eventuali disfunzioni, e di indicare le possibili vie di uscita.Perciò verranno trattati nell’ordine: l’assetto generale del SSC, le sue principali carenze, gli aspetti economici, il programma di riordino dell’intero settore , la legislazione sanitaria ( legge 833 del 1978 e le leggi del 1992-93) che è alla base dell’attuale situazione.

La prima cosa da puntualizzare è che oggi la Sanità è pressoché del tutto regionalizzata. Cioè, lo Stato fornisce il quadro normativo ed i principi generali dell’organizzazione sanitaria ma la regione ha piena autonomia legislativa, organizzativa e gestionale nell’ambito  regionale  e la esercita mediante gli appositi organi politici istituzionali. Sono cioè questi ultimi che stabiliscono il numero e la dislocazione degli ospedali, la loro dotazione di reparti, di attrezzature, di organico ecc, l’assetto dei distretti territoriali, le convenzioni con i medici di medicina generale e con gli specialisti, l’accreditamento e le convezioni con il settore privato ( cliniche e centri diagnostici), l’istituzione o meno di tickets sui farmaci o sui ricoveri, ecc. ecc. In breve,  tutto ciò che accade nella regione, in bene o in male, è da riportare alla politica regionale ed agli uomini che la reggono.

Il finanziamento avviene da parte dello Stato annualmente con  un budget calcolato con diversi parametri di cui il più importante è il numero di abitanti. La regione, infine, dovrebbe avere completa autosufficienza, cioè deve poter rispondere a tutte le richieste assistenziali dei cittadini dalle più semplici alle più complesse come ad esempio i trapianti d’organo.

L’organizzazione sanitaria generale è a  tutti nota, ed è simile su tutto il territorio nazionale; ne farò perciò’ solo breve cenno.

L’assistenza ambulatoriale è fornita dai MMG, dai pediatri di base, dalla guardia medica, dagli specialisti ambulatoriali presso i distretti territoriali, e dai laboratori e ambulatori ospedalieri. In questo ambito le carenze attengono alle liste di attesa spesso molto lunghe ed alla scarsa copertura territoriale di molte specialità per cui gli utenti sono spesso costretti a spostarsi.

L’assistenza in regime di ricovero è fornita dagli ospedali e dalle cliniche private convenzionate.

Ci sono 2 tipologie di ospedali: gli AORN ( Aziende Ospedaliere di Rilievo Nazionale ) che hanno una dotazione di reparti e di attrezzature capace di dare risposta a richieste assistenziali anche molto complesse, e gli ospedali delle ASL (Aziende Sanitarie Locali) con dotazione dei soli reparti di base. Nella Campania ci sono 11 AORN (una per provincia mentre a Napoli ce ne sono di più) e 51 ospedali delle ASL.

Il livello generale delle prestazioni sanitarie ( in Medicina , Chirurgia, Cardiologia, ecc.) nella regione, è, a mio avviso, discreto anche se con molte eccezioni; va anche sottolineato che  esistono anche molti centri e strutture di assoluta eccellenza. L’aspetto alberghiero degli ospedali della regione è in genere molto deficitario anche se molti progressi sono stati fatti negli ultimi anni, ed in molti casi la situazione è addirittura desolante. Questo è un elemento non trascurabile in quanto è evidente che una situazione deficitaria su questo piano genera sfiducia, nell’utente, anche sulle capacità tecniche degli operatori sanitari e questo fatto provoca la fuga fuori regione o nelle cliniche private.

E passiamo ad esaminare le carenze, peraltro riportate (come molti altri dati della relazione) nel Piano Regionale Ospedaliero (PRO) 2007-2009.

Carenze sanitarie gravi: mancano quasi dappertutto i reparti di Lungodegenza per pazienti che non possono guarire e che non sono in condizione di tornare in famiglia, così come i reparti di Riabilitazione necessari per rimettere in sesto i pazienti dopo gravi eventi come ictus, fratture del femore ecc. ecc. Sono carenti i servizi di Oncolgia ( fino a qualche anno fa del tutto assenti nella maggior parte degli ospedali), i reparti di Ematologia, i posti  di Emodialisi; la Radioterapia che è quasi tutta fornita dal privato, per citare solo le principali. C’è poi una generale carenza o quasi totale mancanza di reparti e/o servizi di alta specializzazione e organizzazione complessa e pertanto molto costosi come i “trauma center” per i politraumatizzati, le “Stroke unit” per la moderna terapia dell’ictus cerebrale, i “bleeding center” per la cura strumentale delle emorragie digestive, le “unità spinali” per i traumi vertebro-midollari, i centri per le emergenze vascolari, i reparti di terapia intensiva neonatale ed emergenza pediatrica, ecc. ecc.

Molto interessanti sono gli aspetti economici di cui molto si parla sui media nazionali, in questi giorni. Il deficit economico è ingente,  secondo i dati riportati sul sito del Ministero della Sanità dedicato alla nostra  regione.

Sommando i deficit annuali dal 2003 al 2007 il deficit si aggira sui 5 miliardi di Euro cui però bisogna aggiungere i deficit del 2002 e 2008 non noti, e quello del 2009 che come riportato dai media è poco meno di 1 miliardo. Probabilmente bisogna anche tener conto degli ingenti debiti delle ASL campane assolutamente non quantificabili.

Per dare un’idea del bilancio regionale vengono di seguito riportati i conti generali dell’anno 2005 (tutti i dati sono ricavati dal PRO citato e dal DGRC n. 460 20/03/2007).

Conti generali anno 2005:

Costi totali Regione Campania: 9 miliardi 684 milioni (60% bil. regione)

Costi  prestazioni prodotte in proprio:5 miliardi 902 milioni (AO-ASL-Pascale-AOU)

Costi prestazioni acquisite da terzi: 3 miliardi 781 milioni

  • MMG: 651 milioni
  • Farmaceutica: 1 miliardo 234 milioni
  • Assistenza specialistica esterna
  • Assistenza riabilitativa esterna
  • Assistenza protesica
  • Assistenza ospedaliera esterna:  734 milioni

Gli anni precedenti e successivi non hanno trend differente.

Cause del deficit.

C’è una grave discrepanza tra ricavi e costi nel SSC. I ricavi coprono in media il 63% dei costi.

Tutti gli ospedali della Campania , nessuno escluso, lavorano in perdita.


COSTI

RICAVI

Ospedali ASL:

2 miliardi  28 milioni

894 milioni 720 mila

AORN:

1 miliardo  363 milioni

720 milioni

Tot. OSPEDALE:

3 miliardi 392 milioni

1 miliardo  559 milioni

Le cliniche private, accreditate e convenzionate, in queste condizioni dovrebbero chiudere. Esse infatti sono in genere delle Spa che hanno scopo di lucro. E invece lavorano e quindi sicuramente guadagnano. Esse coprono il 16% dei posti letto totali della regione ed il 24% di tutti i ricoveri (un quarto del totale) e sono costate, sempre nel 2005, poco più di 734 milioni di Euro. Va anche detto che spesso offrono un servizio molto qualificato sia sul piano tecnico che sul piano alberghiero.

Per ricercare le cause di quanto riportato si sono esaminati i reports annuali delle attività aziendali di diversi ospedali.

E’ emerso che è molto elevato il costo del personale che varia tra il 60 ed il 90%; la media è difficilmente calcolabile e forse si avvicina all’80%. Esaminando poi i bilanci dei singoli reparti, risulta che molti sono in passivo, ma altri sono in pareggio o addirittura in attivo. Ma perché vi sono reparti in perdita? Evidentemente lavorano poco e su patologie di scarsa complessità e quindi di scarso peso economico ( ricordo che ogni prestazione sanitaria ha una tariffa rapportata al livello di complessità) ed inoltre i costi potrebbero essere eccessivi per piante organiche “gonfiate”.

Ma perdono solo gli ospedali? Vengono di seguito riportati il numero di prestazioni ed i relativi costi forniti dai laboratori pubblici e da quelli privati (accreditati e convenzionati), sempre nell’anno 2005.


PUBBLICO

PRIVATO

Prestazioni

di laboratorio:

10 milioni 836 mila

35 milioni 901 mila

costi

82 milioni 676 mila

183 milioni 429 mila

Prestazioni

Radiologiche:

777.652

1 milione 995mila

costi

59 milioni 600 mila

89 milioni 231 mila

Ass. riabilitativa

ambul. e domic.:

4 milioni 277 mila

3 milioni 302 mila

costi

334 milioni 136 mila

116 milioni 486 mila

Ass. riabilitativa

Resid./semiresid:

865.548

1 milioni 295 mila

costi

194 milioni

124 milione 634 mila

Medicina nucleare:

43.812

632.341

costi

3 milioni 946 mila

12 milioni 147 mila

Molti sono i motivi di questa disparità di risultati tra il settore pubblico e quello privato nella sanità della nostra regione. Personalmente sono convinto che uno dei motivi più importanti, risieda nel fatto che nel privato esiste uno stretto rapporto tra produttività e compenso economico mentre nel pubblico, semplicemente, non esiste.

Vediamo ora quali sono gli obbiettivi che la regione si è posta nel PRO 2007-2009.

In primo luogo il riequilibrio economico, fondamentale per qualsiasi altro obbiettivo. Poiché la situazione economica nazionale non consente ragionevolmente di sperare in  maggiori finanziamenti statali, né è facile ipotizzare nuove tasse, l’unica via possibile è la riduzione dei costi. Qualcosa si è fatto in tal senso, ma a mio avviso senza un piano preordinato per cui i “tagli” hanno fatto spesso più male che bene. Ed infatti il deficit economico nel 2009 nonostante la pressione del governo con la minaccia del commissariamento non si è ridotto.

Si è riconosciuta la necessità di ridurre il numero dei piccoli ospedali spesso costosi e poco efficienti. Ma questo è facile a dirsi ma difficile da fare per gli enormi problemi economici e sociali nonché di malcontento che  si produrrebbero. Infatti finora non è stato fatto niente in tal senso.

D’altra parte si  riconosce la necessità di rispondere alle numerose carenze in precedenza enumerate con la creazione di nuovi reparti e servizi, ma questo comporta nuove spese, e comunque finora poco si è fatto.

Ci si è proposti di indurre una riduzione del ricorso al ricovero ospedaliero; ma  questo richiede una riorganizzazione della medicina del territorio, nonché del ruolo dei medici di medicina generale; ma su questa via finora non si è vista alcuna iniziativa.

Infine ci si è proposti di ridurre la emigrazione sanitaria di nostri concittadini verso altre regioni. In questo campo c’è un grosso deficit.

Va detto che 1/3 delle prestazioni richieste fuori regione sono di alta specializzazione ma i 2/3 sono di bassa specializzazione per cui spesso la emigrazione non è giustificata. Essa si spiega forse con le lunghe liste d’attesa, con la disorganizzazione e talvolta con il basso livello alberghiero dei nostri presidi che vengono percepiti come bassa qualità anche sul piano tecnico.

In conclusione, penso sia evidente che la situazione è molto difficile e richiede innanzi tutto una presa di coscienza  da parte di tutti i cittadini ed un marcamento a vista di coloro che sono deputati a riorganizzare la sanità della nostra regione;  perché una cosa è certa e cioè che siamo e saremo tutti noi a pagare.

Ed ora un breve cenno alla legislazione sanitaria , necessario per capire come siamo giunti all’attuale situazione.

Legge 833 del 1978, istitutiva del SS nazionale e delle USL (Unità Sanitarie Locali).

Questa è stata una legge molto importante. Si stabiliva che tutti i cittadini hanno diritto all’assistenza sanitaria gratuita ed uniforme su tutto il territorio nazionale. Per la prima volta si affrontava il problema sanitario nella sua interezza, dalla prevenzione alla riabilitazione.

L’assistito aveva una struttura cui far riferimento, la USL.

Sono però convinto che da qui sono nati tutti i nostri  guai. I comitati di gestione delle USL erano eletti dai consigli comunali e/o  dalle comunità montane che sono organi politici. Per questa via i politici ed i partiti entrarono nella gestione diretta della sanità. Ricordo che i comitati di gestione amministravano le USL con approvazione dei bilanci, dei consuntivi, dei piani e programmi, delle piante organiche, dei regolamenti, delle convenzioni, ecc. ecc. Controllavano gli acquisti, le assunzioni di personale, gli appalti, le commesse, e perciò tutto l’ingente movimento economico che tutto questo comporta. Pian pianino i partiti politici giunsero a controllare tutte le faccende della sanità, persino la scelta dei primari.

D’altra parte non esisteva la contabilità analitica e quindi non si poteva conoscere la produttività (ed i costi) delle singole strutture; in pratica non c’era alcun controllo sugli operatori e sulla spesa. Il finanziamento avveniva col sistema “a pié di lista” e quindi a  maggiori spese corrispondevano maggiori finanziamenti. L’ente pagatore era una entità lontana, lo Stato. L’unico limite era rappresentato dalla “professionalità” dei medici che molto spesso c’era ma altrettanto spesso non c’era. In queste condizioni i costi della sanità salirono rapidamente di anno in anno sino al collasso economico dei primi anni novanta.

Su come venne gestita la sanità in quegli anni si potrebbero scrivere libri.

Sono personalmente convinto che una buona fetta dell’enorme debito pubblico che ha ipotecato, ed ipoteca ancora, lo sviluppo economico del nostro paese e che si produsse dal 1980 al 1990, sia da imputare agli sprechi della sanità di quegli anni.

Leggi del 1992-93 di aziendalizzazione del SSN.

Se ne farà brevissimo cenno, peraltro necessariamente incompleto. Finalmente venivano introdotti concetti  come  produttività,  costi,  controlli,  valutazione degli operatori e dei risultati.  Veniva perciò introdotta la contabilità analitica per cui è oggi possibile sapere esattamente il rendimento delle singole strutture ed addirittura dei singoli operatori. Veniva introdotto un tariffario per ogni tipo di  prestazione sanitaria.

Però molte delle speranze riposte in questa rivoluzione del SSN sono andate finora deluse. Infatti, mentre nelle regioni “virtuose” si è provveduto a razionalizzare il sistema (accorpamento di reparti, chiusure di ospedali improduttivi ecc.), da noi non si è saputo o voluto fare altrettanto. Anche la “premialità” è stata introdotta, come è giusto in un sistema aziendalistico, ma è stata distribuita a “pioggia”. Cioè le ASL a mio avviso hanno avuto, da noi, più la forma che la sostanza di aziende. Infine il Direttore Generale delle ASL è pur sempre restato di nomina politica.

Dal 2001 veniva iniziata la regionalizzazione della sanità, e questa è storia dei nostri giorni.

Conferenza sullo stato del Servizio Sanitario Campano, Relatore dott. Alfonso Frasca

                                                                                                       

1 Commento »

  • La redazione scrive:

    Relazione eccellente e di grande interesse. L’associazione, attraverso l’approfondimento del dott. Frasca, è riuscita ad offrire alla propria comunità un servizio informativo e formativo di qualità. Complimenti ad ALFONSO!

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