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I 59 anni della Rivoluzione cubana

04.01.2018, Email di Lucio Garofalo
 
RIvoluzione-Cubana-1.1.1959Il 2 gennaio 2018 si è celebrato il 59° anniversario della Rivoluzione di Cuba. Il giorno di Capodanno del 1959 cambiò radicalmente il corso della storia dell’America Latina, che fino a quel momento aveva vissuto soprattutto in uno stato di subalternità cronica agli Stati Uniti d’America, di povertà materiale e degrado delle classi popolari, disuguaglianze e sperequazioni sociali enormi, privilegi assurdi ad esclusivo vantaggio delle élites dominanti.
 
Dopo oltre mezzo secolo di progresso civile e culturale, Cuba può vantare il primato della più bassa mortalità infantile di tutto il continente americano, inclusi Stati Uniti e Canada.In oltre mezzo secolo, la CIA ha posto in essere ogni strategia possibile per destabilizzare, frenare, compromettere o sabotare i progressi notevoli della Rivoluzione castrista: diversi tentativi per assassinare il leader Fidel, un lungo embargo economico-commerciale, una incessante e martellante campagna di disinformazione e di speculazione propagandistica, una subdola e feroce reazione imperialista ed eversiva sul fronte politico internazionale, senza sortire gli esiti desiderati.
 
Considerando la macabra ed oscura storia del continente latino-americano, vista l’arretrata situazione della società cubana prima della Rivoluzione, non c’è dubbio che il regime castrista abbia vinto le secolari piaghe dell’analfabetismo e della povertà estrema che affliggevano ed infestavano la società cubana pre-rivoluzionaria. Cuba può vantare i migliori ospedali e le migliori scuole pubbliche di tutto il continente latino-americano. Sfido chiunque a smentire dati incontrovertibili, assai noti alla parte intellettualmente più onesta ed informata dell’opinione pubblica mondiale.
 
Il governo di Fidel e del fratello Raul, ha sempre dimostrato una particolare attenzione ed efficacia verso le tutele di carattere sociale: il diritto alla casa, al lavoro, alla dignità, all’istruzione ed alla sanità pubbliche, rappresentano conquiste preziose garantite ai cittadini e sono un merito storico indiscutibile, da ascrivere alla Rivoluzione.
 
Da questo punto di vista, la realtà sociale cubana fornisce un’esperienza storica all’avanguardia.

                                                                                                       

2 Commenti »

  • redazione scrive:

    Commento di Anna Dello Buono:

    D’accordo Lucio la tua analisi e’ veritiera sui molti aspetti del tutto positivi creati dalla rivoluzione: la distribuzione della ricchezza e quindi una maggiore equità’ sociale, una sanità ottima e l’accesso all’ istruzione ecc. ma ha tralasciato una cosa fondamentale e cioè che a Cuba non era (e magari ancora lo e’) possibile esprimere non solo il dissenso politico organizzato in partiti diversi dal partito “unico” ma anche una piccola critica al regime castrista.

    I dissidenti politici e gli intellettuali “non organici” al regime castrista non se la sono poi passata tanto bene direi ….

    E’ questa una verità incontrovertibile, che non si può′ sottacere soprattutto se si crede che uno stato debba assicurare uguaglianza, giustizia e libertà.

    E lo stesso Che Guevara (eroe indiscusso e giusto mito per tante generazioni) ebbe modo di avvedersene,e presumibilmente, dolersene se, anziché rimanere a Cuba ed assumere incarichi di primo piano nel governo dell’isola che pure gli sarebbero toccati, preferì continuare altrove la sua eroica missione di rivoluzionaria.

  • redazione scrive:

    Replica di Lucio Garofalo al commento postato da Anna Dello Buono

    Salve. Premetto di appartenere a quella tradizione del movimento comunista di sincera vocazione libertaria, per cui non sono affatto insensibile verso temi che investono le libertà democratiche individuali. Eppure, sulla questione cubana non mi ha mai convinto un tipo di propaganda ideologica assai faziosa e capziosa, condotta in funzione anticomunista. Senza dubbio, ritengo doveroso muovere un rimprovero verso il modello cubano su diversi aspetti. Anzi, provererei a rafforzare la dose con una presa di posizione più perentoria: che il regime castrista fosse di natura illiberale non lo scopriamo oggi. Per cui oserei affermare che il regime di Cuba sia la “migliore” dittatura del mondo, che ha vinto le secolari piaghe della povertà, della miseria, della prostituzione e dell’analfabetismo che affliggevano il popolo di Cuba prima dell’avvento della Rivoluzione. Purtroppo, sul versante dei diritti politici e delle libertà democratiche il regime di Fidel Castro si è rivelato un po’ chiuso e refrattario, nella misura in cui i diritti e le libertà sono stati negati. In tal senso, forse è corretto supporre che il regime cubano sia di natura autoritaria. Ma questo costituisce un punto di vista “occidentale”, nel senso che si tratta di una valutazione relativa a un contesto storicamente più evoluto su simili temi, ma non è un giudizio valido ed applicabile ad altre realtà come le società latino-americane, arabe e via discorrendo. Forse, sotto tale profilo la società cubana è persino all’avanguardia rispetto ad altri Paesi oppressi da regimi dittatoriali, non solo dell’America Latina, malgrado i limiti prima denunciati, cioè un deficit di democrazia rispetto alle società più avanzate dell’Occidente, su cui converrerebbe sollevare perplessità e riflessioni critiche. Infatti, la visione occidentale delle “libertà democratiche” è assai condizionata da un’ottica strumentale ed univoca, derivante da un’ipocrisia di fondo che impregna lo spirito liberal-borghese, fautore di uno stato di diritto che è solo formale e a senso unico, a favore cioè di chi possiede la facoltà di concedersi tali libertà, che non sono un diritto di tutti, bensì un appannaggio per pochi privilegiati. Ad esempio, rammento che negli USA (osannati come il miglior modello di democrazia e la patria dei diritti civili) vige tuttora la pena capitale, che è applicata sistematicamente in una logica classista/razzista, a scapito cioè di soggetti appartenenti alle classi subalterne o a comunità etniche quali ispanici ed afroamericani, agli strati meno abbienti della società. Tale discorso si può estendere al tema più vasto e delicato della repressione carceraria e della violenza esercitata nelle nostre democrazie contro le fasce più deboli e marginali della società. Non mi pare, cioè, che le democrazie occidentali siano immuni ed esenti dall’influenza di circoli di potere di natura occulta ed antidemocratica, da violazioni sistematiche dei diritti umani e civili, in chiave repressiva ed antiproletaria. Gli esempi storici non mancano. In Occidente, dietro il falso paravento democratico si commettono delitti assai più atroci ed esecrabili di quelli commessi dal governo castrista, che pure vanno rigettati con fermezza da parte di chi intenda progettare e perseguire l’Utopia di un comunismo più umano e compatibile con le libertà democratiche, sancite in termini formali, non solo sulla carta, ma applicate in concreto, estendendo la partecipazione diretta dei cittadini ai processi politico-decisionali e di autogestione della cosa pubblica.

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