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Il riscatto delle Invasioni Irpine

29.12.2014, Articolo di Jacopo Caruso (dal sito www.ilnadir.net)

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo.

In questi termini Cesare Pavese tentò di tratteggiare il tormentato rapporto che lega indissolubilmente gli uomini alla propria terra e alla propria gente.

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Da qualche tempo si va diffondendo negli irpini una certa qual forma di orgogliosa nostalgia per le proprie radici, un desiderio di riconciliazione con un mondo che sembra sopravvivere alla sua epoca. Di questo abbiamo parlato con Federico Lenzi, dell’associazione Palazzo Tenta 39, e Vincenzo Garofalo, cofondatore del blog Terre del Lupo, entrambi parte attiva nella riuscita organizzazione della serie d’incontri “Invasioni Irpine”, un nuovo modo di fare cultura con il supporto della tecnologia per illuminare attraverso i social network patrimoni comuni finiti nel dimenticatoio.

L’obiettivo delle invasioni irpine è chiaramente la valorizzazione di un territorio in ombra, che vive tale condizione principalmente perché le politiche territoriali, a ogni livello, hanno deliberatamente scelto di dirottare altrove le risorse disponibili. In che misura ritenete che questo tipo di attività possano contribuire (o hanno già contribuito) a svecchiare l’Irpinia, rendendola appetibile per flussi turistici e investimenti a vario titolo?

F.L.: Queste attività vanno a inserirsi in un contesto deserto dove poco o nulla si fa per la valorizzazione e per la promozione turistica. Le invasioni attingono da quel target di turisti che si reca qui nel week-end o durante le sagre per consumare i nostri prodotti tipici e trascorrere una giornata in modo naturale. Eppure, molto spesso questi turisti ignorano la filiera dei nostri prodotti tipici, la storia, i monumenti e le esperienze sportive/culturali che si possono vivere nella nostra terra. Il turismo non nasce da solo, va guidato alla scoperta di questi borghi. La nostra esperienza nasce nell’era digitale, nasce viaggiando in altre località turisticamente avanzate e da serate passate sul web a informarsi sul tema. Ecco come abbiamo avuto l’idea: se altrove riesce, perché non potrebbe riuscire anche qui? Riteniamo che al momento l’iniziativa stia riuscendo molto bene: sempre più gente partecipa alle nostre invasioni e sempre più followers seguono le nostre iniziative sul web. Stiamo facendo conoscere l’Irpinia sotto un altro punto di vista a chi ci vive e sul web stiamo suscitando l’interesse di conoscere questa terra anche a chi vive in altre parti d’Italia e del mondo. Molto spesso noi che ci viviamo ogni giorno non ci rendiamo conto delle potenzialità e delle risorse della nostra terra, ma vi assicuriamo che per chi vive in città è un paradiso fuori dal tempo e da un mondo sempre più urbanizzato.

V.G.: Capita di rendersi conto, all’improvviso, di quanto sia bella la propria terra e di volerlo dire al mondo. Per fortuna viviamo nell’era digitale e ci viene offerto, gratuitamente, un bacino d’utenza pressocchè infinito: il mondo del web. Coinvolgi chi ha interesse a scoprire la propria terra, veicola le emozioni e le sensazioni sulla rete, usa le immagini, poche parole essenziali e qualcuno risponderà. Ebbene, è cosi che va: mettiamo in rete l’Irpinia, ci aiuta chi la sua terra la conosce e l’ama, chi ci presenta la realtà locale e chi la “ruba” e la vuole condividere. Basta fare un salto sulla pagina facebook delle Invasioni Irpine e notare come gli album di fotografia viaggino in rete. Le condivisioni aumentano, le foto girano, qualcuno le guarda… È il passaparola a fare da marketing. Se se ne parla, è certo, qualcuno proverà interesse. Non possiamo aspettarci un esodo turistico in Irpinia, o per lo meno non nel breve termine. Le cose maturano nel tempo. Ma noi siamo fiduciosi, dopotutto è qui casa nostra, non è giusto dover fare i bagagli e scappare altrove, senza avere un’occasione a casa propria.

Ritenete che gli irpini in generale, compresi quelli dai cognomi eccellenti, siano stati ingrati nei confronti della loro terra?

F.L.: Guardi non si può costringere nessuno, ognuno fa quel che può e quel che vuole per la sua terra. Notiamo come finora in Irpinia si sia vissuti nel ricordo del sisma dell’Ottanta. Come la mentalità sia rimasta impigliata nelle lungaggini della ricostruzione e non riesca a uscirne. Bisogna iniziare a guardare fuori, a guardare modelli che funzionano e che riescono. Bisogna puntare all’eccellenza, a migliorarsi di anno in anno. Molto spesso si dà la colpa del mancato sviluppo turistico alla politica, è anche vero che sono state assenti strategie politiche volte in tal senso, ma come si suol dire: “aiutati che dio ti aiuta!”. Anche i singoli possono fare tanto per la loro terra, anche i singoli possono avviare attività che portino ricchezza e valorizzazione del luogo. Serve, tuttavia, preparazione ed esperienza, non basta aprire centinaia di ristoranti, ma creare attività e opportunità che invitino il turismo nazionale e internazionale a restare nella nostra terra. Se si attiva la popolazione, la politica sarà costretta a seguire a ruota. Questa può essere più di una terra da cui emigrare, basta smettere di aspettare la manna dal cielo.

V.G.: Ci sono irpini e irpini, ognuno coi suoi interessi. C’è a chi piace disegnare, a chi fotografare, a chi mangiare, a chi ballare, e così via. Non possiamo pensare che tutti abbiano un’omogeneità d’intenti. C’è chi spera di scappare, e chi di restare. Durante questo viaggio “itinerante” delle Invasioni abbiamo incontrato persone che, altrimenti, non avremmo conosciuto: c’è chi vuole vedere e scoprire i segreti dei comuni, chi vuole scattare fotografie al paesaggio e chi, invece, si dedica alla street. L’Irpinia è tanto varia quanto sono vari i suoi abitanti. È anche vero che non si può dire a tutti di essere insensibili: ho conosciuto a Ferrara persone che non restano affascinate dalla bellezza della propria città, ci sono abituati, eppure a me è sempre sembrata magnifica. Capita così anche da noi. Per il discorso irpini illustri, c’è poco da dire. Quale irpino illustre c’è rimasto? Forse Ettore Scola. Vive altrove, in un mondo che non gli appartiene più. Ha raccontato Trevico in un suo film, ma non tocca a lui presentare la sua terra natia, tocca a tutti farlo. Un tempo avevamo Dorso, De Marisco, Capozzi, Muscetta, Del Balzo, Imbriani… erano irpini illustri, sì. Facevano politica, cultura, si battevano affinché qualcosa potesse cambiare. Ma erano altri tempi.

Negli ultimi anni si stanno moltiplicando le iniziative dei privati volte ad accendere un faro sull’Irpinia e sui suoi paesaggi suggestivi, basti pensare all’ormai celebre Sponz Fest organizzato da Vinicio Capossela. Cosa ritenete stia cambiando rispetto al passato?

F.L.: Riteniamo che negli ultimi anni le nuove generazioni spinte dalla necessità stiano iniziando a ingegnarsi nell’organizzare eventi sparsi per la provincia. Per evitare che questo rinascimento irpino finisca come è nato, speriamo che sia seguito da una serie d’investimenti per il recupero delle risorse storiche e paesaggistiche della provincia. Servono anche studi più approfonditi su interessanti monumenti e tradizioni della nostra provincia e ovviamente infrastrutture turistiche. Non possiamo organizzare vere e proprie “Invasioni” all’Indiana Jones armati di falce e caschetto a castelli o monasteri abbandonati! Oltre a questo, occorre espandere l’esperienza cumulata nei luoghi interessati da queste iniziative alle località che ancora ne sono esenti. Infine, serve certamente un coordinamento provinciale dei vari eventi, molto spesso in una sola serata si hanno moltissime manifestazioni in posti lontani. Serve cooperazione in Irpinia, è finita l’epoca delle battaglie campanilistiche. Il nostro progetto sta volgendo in tal senso e tappa dopo tappa sta portando nei vari comuni irpini la voglia di riscoprire le tradizioni, la storia e i paesaggi della nostra terra mediante la collaborazione tra le varie associazioni.

V.G.: I privati possono tanto, soprattutto dove la politica latita. È vero che i budget sono sempre limitati, ma per raccontare un luogo basta poco. Ci sono belle iniziative, come lo Sponz Fest, Cairano 7X, Sentieri Mediterranei, ma non possiamo dimenticare Medioevo a la Rocca… ce ne sono altri, meno noti, ma che meriterebbero di stare sotto i riflettori. Sta cambiando un po’ la consapevolezza della bellezza della propria terra. Cambia, però, anche il modo di vivere la terra. Si stanno perdendo, e si sono perse, tantissime tradizioni: i racconti antichi, la vita rurale, i viaggi e i pellegrinaggi del passato… il mondo cambia, e cambia anche l’Irpinia. Proviamo a farla sopravvivere?

Concludendo, che messaggio volete lasciare agli amministratori locali?

F.L.: Vogliamo dirgli di credere nella loro terra, di credere nelle risorse del loro territorio e di adoperarsi in tal senso. Bisogna proteggere e valorizzare ciò che abbiamo arginando la cementificazione selvaggia. Possiamo essere molto più di un inquinato distretto industriale, perennemente sull’orlo del fallimento. I comuni devono incentivare i giovani a studiare per creare lavoro sulla loro terra, arginando così la disoccupazione. In vari progetti potrebbero iniziare a servirsi dei dottorandi delle Università presenti sul territorio. Si tratta di un potenziale ancora poco sfruttato in Italia. Notiamo, anche, come molto spesso ci sia la volontà di promuovere i luoghi, ci siano i fondi europei, ma siano assenti le capacità per aggiudicarseli. Ebbene, i comuni potrebbero promuovere personale o uffici per questo fine. Certamente l’inizio non sarà mai entusiasmante, anche noi alle prime “Invasioni-Digitali” del 2013 avevamo solo una ventina di partecipanti, ma col tempo l’iniziativa e l’interesse suscitato sta crescendo in provincia e fuori. D’altro canto siamo a completa disposizione delle amministrazioni comunali che vorranno contattarci per promuovere le bellezze dei loro territori. Speriamo un giorno di passare da singoli eventi a una rete perenne d’invasioni in tutta la provincia, grazie alle tante associazioni locali che stanno collaborando al nostro progetto.

V.G.: Cosa dire agli amministratori? Che siamo qui! E se vogliamo raccontare insieme l’Irpinia, beh, qui c’è un enorme “Benvenuti”. Noi abbiamo tre ingredienti: passione, amicizia e voglia di raccontare. Se qualcuno vuole inserire l’ingrediente del suo piccolo paese, beh, cosa mai potrebbe nascere: un piatto appetitoso e nuovo, facciamolo assaggiare!

                                                                                                       

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