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In vista delle Primarie dell’8 dicembre

01.12.2013, Articolo di Angiolina Di Capua

Ho letto con sincero interesse l’intervento di Ernesto a favore del candidato Gianni Cuperlo in vista delle Primarie PD dell’8 dicembre. Così come abbiamo accolto con piacere la sua iscrizione al Partito Democratico.

Un “noi abbiamo” che va a rigor di logica spiegato, ripercorrendo brevemente alcuni avvenimenti locali dell’ultimo anno. All’indomani della sconfitta alle Elezioni Comunali, nella sezione del Partito Democratico si è aperto un serio confronto in cui – con franca autocritica – è emersa la volontà da parte di tutti gli iscritti veterani di arretrare per investire sui giovani, assegnando alle nuove leve il compito di far ripartire la vita e la passione politica del Circolo. Dopo l’estate, si sono avviati il tesseramento nazionale e la stagione dei Congressi. Lo scorso 2 novembre il Congresso di Circolo mi ha eletta Segretario con l’unanimità dei voti.

Motivare tale scelta e indicare quale percorso si intenda dare alla sezione del Pd del nostro paese sono argomenti che meritano di essere affrontati e approfonditi, ma in altra sede.

LE PRIMARIE DELL’8

Espletate le dovute premesse, ora è il momento di concentrarsi sulle Primarie dell’8 dicembre. Nella consapevolezza e nel rispetto del ruolo ricoperto, sento di intervenire nel modo più laico e obiettivo possibile.

Rimarcare la provenienza identitaria, per sistemarsi la coscienza o per assicurarsi d’essere inquadrati nella giusta categoria, non è un esercizio adatto né rilevante per noi che veniamo anagraficamente dopo i percorsi dei partiti che hanno condotto alla nascita del Partito Democratico. La mia prima tessera ai DS nel 2007 e il mio voto a Pierluigi Bersani alle Primarie del 2012 non sono certo un mistero. Ernesto ed io, nelle varie interpretazioni possibili, possiamo sentirci elettori di sinistra, soprattutto Ernesto ed io siamo elettori del Partito Democratico.

Queste Primarie, a prescindere dalla scelta di quale candidato sostenere per la segreteria, credo siano le più autentiche; il tanto agognato, più volte annunciato e puntualmente smentito, momento fondativo per il PD trova forse in questa tornata la sua realizzazione più vera in quanto i tre contendenti non sono leader storici già noti investiti di ruolo e potere all’interno del partito.

Ci auguriamo tutti per il bene del PD e – come sempre più spesso accade negli ultimi anni – per il bene dell’Italia che l’8 dicembre possa essere un successo in termini di affluenza, di partecipazione democratica e di piena legittimazione per chi si troverà alla guida del partito centrale della politica italiana.

Nei giorni successivi alla decadenza di Silvio Berlusconi votata in Senato, giorni in cui ci si dimena fra entusiasti annunci di fine del Ventennio e scettici inviti alla prudenza perché “con lui non si sa mai”, tocca a noi prendere in mano le sorti del Paese e del governo. E non si può non rilevare con fierezza che il PD e solo il PD può regalare la dignità e la trasparenza di un’elezione aperta a tutti per la scelta del suo leader. Nessun altro in Italia è in grado di onorare i costumi della democrazia come noi.

Ma i segretari vanno eletti e i partiti vanno promossi perché poi devono condurre all’obiettivo finale e naturale della vittoria alle elezioni. E non posso non partire da qui nel motivare perché, alla fine del 2013, scelgo di non seguire più le indicazioni del gruppo che per anni ha guidato il PD. Io che sono sempre stata ligia alla loro linea, cresciuta ascoltandoli con l’entusiasmo dell’allievo nei confronti dei bravi maestri.

Come bisognava gestire l’avvento e il dominio di Berlusconi sulla scena politica d’Italia credo sia tema complesso da delegare al giudizio storico. Troppo facile ora ergersi a esperti del senno di poi.

Ciò detto, gli errori e le corresponsabilità della nostra classe dirigente che per quasi vent’anni si è rivelata incapace di sintonizzarsi col Paese (verbo televisivo perché determinante è stato il ruolo della televisione), incapace di costruire un’alternativa, culturale prima ancora che politica, in grado di sconfiggere o quantomeno di contenere l’affermazione di governi di centro-destra e in primis del berlusconismo, sono molti, noti, più volte discussi.

Sempre abili nell’autoperpetuarsi, ostinati nel determinare nomine e scelte, i nostri dirigenti hanno saputo perdere le sfide apicali e affossare i nostri stessi segretari. La spinta al rinnovamento oggi passa di qui. Anni di insoddisfazione e passi falsi che ora chiedono che il conto venga pagato.

GIANNI CUPERLO alias MASSIMO D’ALEMA

Gianni Cuperlo è un galantuomo, l’ultimo erede del vecchio apparato ma in versione soft, ultimo segretario della FGCI, persona colta e diplomatica, è l’avversario che non puoi odiare ma solo stimare e rispettare. Peccato sia risaputo a tutti che gioca una partita non sua, ennesima cartina di tornasole della perseveranza di Massimo D’Alema. Ed è lui il principale bersaglio del mio no a Cuperlo.

Il “modello di partito aperto, moderato e innovativo” di cui anche l’ex Presidente del Consiglio si fa promotore è valido, auspicabile, salvo poi chiarire bene quali siano le regole che determineranno come e quanto sarà aperto, moderato e innovativo. Perché se vogliamo ancora pensare ad un partito in cui gli elettori possono scegliersi il segretario, ma le sue sorti dipenderanno sempre e comunque dalle trame dello stato maggiore, no grazie, io non ci sto. Ed è alquanto bizzarro che sia proprio D’Alema, il fine “stratega” e l’affossatore di molti destini, ad accusare Renzi di personalismo. Riconoscendogli il rispetto per i suoi trascorsi, ora molti dei nostri elettori chiedono di porre fine al protagonismo egoista di vecchio stampo. Inoltre, il livore che sta esibendo in questi giorni contro Renzi non rende onore innanzitutto al suo candidato Cuperlo, che già aveva dovuto subìre i contrasti, poi rientrati, tra i due suoi big sponsor, lo stesso D’Alema e Bersani.

RENZI

L’obiezione a questo punto è comprensibile: anche Renzi è sostenuto da vecchi dirigenti, l’altalenante Franceschini, Veltroni, Fassino e tanti altri. Giusto. C’è, tuttavia, una differenza fra esponenti della vecchia guardia che indicano un nome che li rappresenti per mantenere saldo il proprio potere all’interno del partito e un candidato che si è ritrovato ricoperto di endorsement della seconda, della terza, dell’ultima ora. Cosa avrebbe dovuto fare Renzi di fronte a sospetti cavalli di troia, sostenitori un tempo impensabili, è stato argomento di dibattito. Prenderne le distanze, dissociarsi, includere. La miglior risposta la diede proprio lui a Bari con l’ormai famoso: “Sul carro del vincitore non si sale, ma si spinge”. Si contribuisce alla vittoria senza però pensare di ipotecarsi voci in capitolo in eventuali spartizioni nella fase successiva.

Sarebbe un gran passo in avanti, complicato da realizzare ma una novità esaltante.

Ecco, in quest’ultima frase credo si possa riassumere gran parte della questione Matteo Renzi. Leggendo il suo documento congressuale, ascoltandolo in tv, risalta la portata innovativa di gran parte delle sue proposte. Lo slogan “cambiare verso” si traduce per lui in: eliminare le correnti nel PD, dare voce ai territori e spazio ai giovani, promuovere merito e legalità, una legge elettorale chiara in grado di stabilire chi ha vinto e chi ha perso ed assicurare governabilità, attuare riforme radicali, semplificare le regole del gioco in termini di diritto del lavoro, taglio dei costi della politica eliminando Province e Senato… Ovvio che in un Paese immobile e arroccato come il nostro proclami di questo genere accendano l’entusiasmo di tanti delusi. Ottimi propositi da tradurre in pratica.

Il giudizio su Renzi è, dunque, demandato alla prova dei fatti, quando il sindaco di Firenze avrà modo di agire da leader e dimostrare cosa è in grado di attuare per smuovere l’economia, mettere in moto un’Italia stagnante, favorire il ricambio generazionale. Si tratta di dare la chance a chi tanto l’ha ricercata di guidare il Partito Democratico verso un nuovo corso. Lui ha l’energia, le idee, la determinazione per farlo. Ancor più in questa nuova fase in cui le azioni del governo ricadranno tutte sul suo azionista di maggioranza, il PD, Renzi ha la capacità di salvaguardare gli interessi di noi elettori, sapendo dare il giusto impulso agli interventi doverosi e ad oggi inadempiuti dell’esecutivo.

Un merito che gli va senz’altro attribuito è quello di aver rotto l’antica ostilità a sinistra nei confronti della figura del leader. Per chi ha una storia pregressa di partito di massa e di apparato, abituarsi alla preponderanza dell’uomo al comando non è certo un passaggio auspicato. L’esperienza degli ultimi decenni ci spiega, però, che ovunque le elezioni si vincono se il candidato è adatto, se la sua leadership è forte e riconosciuta. L’ultimo esempio è lampante: Bersani, brav’uomo, ha mancato una vittoria fino all’anno precedente data per certa. Bisogna rassicurare gli scettici: nessuno di noi crede nella bontà di un PD inteso solo come “macchina per macinare voti a servizio di uno solo”, nessuno ha intenzione di cedere ad una logica di partita personale. Dobbiamo, però, superare quelle dietrologie per cui l’ultima parola spetta sempre a qualche ufficio romano, pretendendo, come Renzi avanza, maggiore apertura e trasparenza.

Il cambiamento concerne anche le forme e i linguaggi della comunicazione. In questo Renzi ha talento. Saper comunicare oggi è decisivo e lui è in grado di farlo. Saper stare in tv, gestire il rapporto coi media, interagire sui social network, non sono colpe da attribuirgli; dobbiamo anzi trarne vantaggio tutti.

Così come non si può criminalizzare la sua ambizione: ne ha tanta, lo ha ammesso, come chiunque intraprenda una carriera politica. Ambizione e passione sono anch’essi elementi positivi se fruttano per il gruppo, per la collettività. Chiarisco: le copertine patinate su Vanity Fair, il giubbotto di pelle, la bici, l’ospitata da Maria De Filippi non sortiscono in me alcun entusiasmo; è un carisma che non subisco, anzi, ho dovuto imparare ad accettarlo e giustificarlo. Respingendo l’accusa un po’ banale di plagio della “cultura inculcata dalla tv berlusconiana”, con il cinismo di chi intende la politica con pragmatismo dico che mi sta bene che Renzi faccia il piacione, vada ad ‘Amici’, gigioneggi in qualche talk, se questo può aumentare l’appeal di un Partito sempre più lontano da fette importanti di elettorato, giovani in testa. Lui fa il lavoro sporco anche per chi a sinistra, con vezzo snob, preferisce non cercare consensi ovunque per non intaccare la propria integrità. Invece, scopriamo con stupore che i voti sono tutti uguali e l’attenzione che Renzi rivolge all’elettorato di centro, centro-destra e a quello grillino è finalizzata alla crescita del PD, non al suo snaturamento. Il racconto del suo personaggio non deve distogliere dalla concretezza della sua proposta. A chi mi chiede come poter votare lo stesso candidato che piace a Briatore, rispondo: Briatore voterebbe Renzi, io voto il PD guidato da Renzi.

Si dirà: siamo d’accordo, è pertanto un ottimo candidato premier ma non è adatto alla segreteria del PD. Beh, il sindaco di Firenze sarà giovane ma non certo ingenuo. Chi accetterebbe di guidare un governo senza il sostegno alle spalle del proprio partito? Di certo non un esponente del PD abituato a fior fiore di colpi bassi e franchi tiratori (il caso dei 101 per l’elezione al Quirinale è l’ultimo esempio eclatante).

Se il termine “rottamazione” stride in riferimento a persone e tradizioni, innovare, cambiare, trasformare sono, invece, necessità per il nostro partito che ha molto da recuperare in credibilità. Specie sui territori, ponendo freno ai tanti, troppi capibastone sparsi qua e là in Italia e vigilando sulla regolarità di tutto l’impianto (tesseramento in primis).

CIVATI

L’outsider ha le simpatie dei più orientati a sinistra, piace all’area SEL, che infatti lui nomina in un intervento e nell’altro pure, e piace ancor di più dopo l’exploit nel confronto tv su Sky. Civati ha saputo giocarsela, fra una battuta e l’altra, si è presentato giustamente come se non avesse nulla da perdere, come fece l’anno scorso il sindaco di Firenze. I riflettori mediatici puntati su di lui negli ultimi giorni sono ipocriti e tardivi. Su Civati si è scelto di non puntare, all’interno del PD e nei media mainstream, forse perché elitario e modesto, nei voti e nei contenuti, rinunciando a sponsorizzare una sfida audace fra due giovani classe 1975. Posso dire che già lo conoscevo perché attivo sul web da anni, partecipò alla prima Leopolda con Renzi, si è ritagliato la sua fetta di popolarità continuando sulla sua strada di contestatore e voce critica all’interno del PD, anche non votando la fiducia al governo delle larghe intese. Sua è la posizione più chiara e condivisibile in tema di diritti e laicità. Tuttavia, va rilevato con obiettività che vantare le posizioni più integerrime e coraggiose rientra nelle caratteristiche tipiche del ruolo del dissidente, di colui che non deve tener conto di effetti politici ed equilibri istituzionali. Comodo, facile, portare all’estremo le asserzioni se non sono poi avallate da fattibilità e dal consenso della maggioranza. Inoltre, non possiamo ignorarlo, un inquadramento esclusivamente a sinistra smentisce la vocazione originaria del PD, nato come collettore di voti della macroarea di centro-sinistra.

Rimandando ai futuri assetti alla guida del partito, non mi sento di escludere un ritorno in tandem con Matteo Renzi.

L’OSTE

Qui si rischia di fare i conti senza l’oste. L’oste siede alla poltrona di Palazzo Chigi, è il capo del governo sostenuto da Napolitano ed è un protagonista del PD. Il vero competitor è assente dalla competizione. Il capitolo Enrico Letta non spetta a noi aprirlo, vedremo in futuro quale evoluzione ci sarà e se sarà in grado di onorare gli impegni presi.

IL MIO APPELLO

Nella franchezza che mi è propria, ho espresso le mie personali considerazioni. Nulla di quanto scritto è frutto di dettami o consigli di terzi, ho motivato la mia scelta sulla base dell’urgenza che viviamo in questo momento. Voglio che l’Italia si sblocchi prima di ogni altra cosa, che sia in grado di ripartire, di rompere l’asfissia delle caste e della corruzione. La mediocrità è endemica e siamo a rischio assuefazione. E, poiché da statuto il segretario del PD è anche il candidato Premier, la proposta di Renzi è in quest’ottica la più convincente.

Non si può pretendere che le proprie indicazioni siano le uniche nobili e quelle altrui disonorevoli. L’identità politica è per me un tratto imprescindibile a cui dedico tempo e riflessione. La mia scelta ponderata non è uno schieramento idolatrico da fan. Probabilmente avrò scontentato i fan di ogni candidato, perché i tifosi sono netti, poco avvezzi all’autocritica. A me interessa ragionare in termini di PD e punto alla più ampia partecipazione possibile il prossimo 8 dicembre e al rafforzamento del PD in chiave futura. Superando gli steccati fra ex Ds ed ex Margherita, dobbiamo pretendere che il discorso si faccia unitario, che si parli di Partito Democratico di tutti, recuperando fiducia e stima degli elettori, convincendo i ragazzi che un’altra politica è possibile.

La corsa opportunista ed omertosa al carro del vincitore è forse consona a dirigenti di medio/alto calibro, regionali e nazionali, desiderosi di scatti di carriera. Ai piedi del monte Piscacca non riesco a concepire quale possa essere la finalità di comodo, il calcolo di convenienza da trarre.

                                                                                                       

4 Commenti »

  • AngiolinaDiCapua scrive:

    Tengo a precisare che questo è il mio primo intervento su questo sito. Qualsiasi altro commento apparso qui a nome di Angela Di Capua o angdicapua non era mio.

  • Ernesto Di Mauro(94) scrive:

    Cara Angela, ti ringrazio per il tuo interesse verso il mio intervento e ti ringrazio di nuovo per avermi accolto con gioia all’interno del partito. Con il mio intervento ho voluto solo esprimere il mio punto di vista, il Pd è ‘belloedemocratico’ proprio per questo, rispetto alla situazione nazionale, nulla che riguardi quella di Bagnoli,la tua, su cui non mi permetto assolutamente di aprire bocca, non essendo informato e non avendo partecipato all’evoluzione dei fatti.

  • AngiolinaDiCapua scrive:

    Erné, sono d’accordo, scambiarsi opinioni è ‘bello e democratico’. Siamo nella stessa casa madre, mi interessa aprire, includere, confrontarmi, non seminare divisioni. Ciao!

  • Ernesto Di Mauro(94) scrive:

    Assolutamente, non era questo il mio intento!!!!!

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