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La Breccia Irpina

05.08.2017, Articolo di Felice De Dominicis (da “Fuori dalla Rete” – Giugno 2017, Anno XI, n.3)

Caratteristiche e lavorazione della pietra simbolo dell’Irpinia.

Grottaminarda-Chiesa-di-Santa-Maria-Maggiore-paesaggi-irpini-provincia-avellinoL’Irpinia è una zona prettamente montuosa e la pietra e da sempre il materiale più diffuso per costruire case, portali, monumenti, fontane e strade ma anche oggetti per uso domestico come piccoli mortai o strumenti agricoli come le macine per le olive o per il grano, gli abbeveratoi per animali, o le vasche per pigiare l’uva.

Fino al XIX sec. erano presenti sul territorio irpino innumerevoli cave: di calcare a Bonito, di onice a Gesualdo, di gesso a Rocca San Felice, di peperino che è una varietà di tufo a Monteforte, di marmo a Capriglia Irpina, e  di breccia irpina che variava di denominazione a seconda della località in cui veniva estratta, rinomata la pietra di Fontanarosa.

È evidente quindi come l’estrazione e la lavorazione della pietra ha accompagnato nei secoli tutta l’evoluzione dei suoi paesi e i centri storici sopravvissuti al terremoto del 1980 e allo scempio di una ricostruzione selvaggia e irrispettosa raccontano attraverso i portali, i rosoni, le fontane e i basamenti una storia ormai ultra millenaria. Fontanarosa e Gesualdo nel tempo hanno assunto il primato nella lavorazione della pietra, frutto del lavoro di tanti scalpellini e scultori.  E la pietra è un elemento così significativo che a Fontanarosa le è stato dedicato un museo.

Ed è per questi motivi che la redazione del giornalino “Fuori dalla Rete” ha chiesto all’amico Felice De Dominicis, già editorialista di questo giornale e titolare dell’azienda di lavorazione della pietra: “Fontanarosa Pietra” di scriverci attraverso la sua rubrica “Paesaggi irpini”  dei materiali lapidei irpini ed in particolare della breccia irpina, la pietra di Fontanarosa, il travertino e l’onice di Gesualdo.Nelle prossime tre uscite ci racconterà qualcosa su questi materiale cominciando da questo numero proprio con la “breccia irpina”.

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Questo materiale è sicuramente tra i più noti ed antiche, risalirebbe infatti, secondo numerosi studi effettuati, al periodo del cretacico superiore ossia al terzo e ultimo periodo dell’era mesozoica , per intenderci in un periodo compreso tra 145 e 65 milioni di anni fa.

Nel territorio di Fontanarosa prevale un tipo di breccia denominata “Favaccina” che presenta clasti di colore grigio scuro come la classica pietra arenaria, ma il luogo della sua tradizionale estrazione si trova nel comune di Gesualdo ed è costituita da brecciame un po’ più grande di quella di Fontanarosa ( per questo Favaccia). I siti di maggiore estrazione della Breccia, dunque, sono nel territorio fontanarosano e in quello gesualdino ma anche nel comune di Melito Irpino e nella frazione Carpignano di Grottaminarda è possibile trovare diversi giacimenti di tale pietra. In queste ultime due località la pietra è cosiddetta “Pietra Dolce”, ossia, una pietra calcarea di natura clastica.

Anche nel territorio di Savignano Irpino si trova una roccia della stessa famiglia, prevalentemente una calcarenite a grana fine.

La “Breccia Irpina”, grazie alle sue caratteristiche fisico-meccaniche ed elastiche, è da sempre rientrata nel panorama delle pietre ornamentali di tutta l’Irpinia, inizialmente con tecniche più elementari poi più evolute grazie anche all’avvento di macchinari che hanno facilitato l’estrazione.

Numerosi sono i manufatti che testimoniano il suo utilizzo nel passare dei secoli, basti vedere i centri storici soprattutto in Alta Irpinia per rendersene conto; uno studio iconografico avrebbe addirittura catalogato ben 2000 opere in questo materiale, tra i più importanti ricordiamo il castello di Rocca San Felice, l’abbazia del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi, il campanile della Chiesa di Santa Maria Maggiore di Grottaminarda progettato dal Vanvitelli, i leoni situali all’ingresso di Palazzo Caracciolo (Provincia di Avellino), elementi architettonici della chiesa di Santa Maria Assunta di Frigento.

La “Breccia Irpina” è stata usata inoltre in altri cantieri anche al di fuori della stessa provincia di Avellino, infatti, in particolare il brecciato di Fontanarosa e l’onice d Gesualdo (di cui scriveremo prossimamente) vennero impiegati nella fabbrica della Reggia di Caserta ed il palazzo reale di Portici.

Al momento risultano operanti soltanto una decina di cave in tutto il territorio irpino dalle quali si estrae un esiguo quantitativo di materiale.

                                                                                                       

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