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Le reti colabrodo: così resta a secco l’Irpinia dell’acqua

14.01.2017, Articolo di Flavio Coppola (dal sito www.orticalab.it)

A Bagnoli Irpino, che ha impianti e rete idrica autonoma, la situazione non è molto diversa (ndr).

cassano irpino - sorgente pollentinaTempo scaduto. Dopo anni di abbandono e di impegni puntualmente disattesi, è accaduto quello che era fin troppo facile aspettarsi: il sistema idrico della provincia di Avellino è completamente saltato. La terra dell’acqua ora vive un’assoluta e quanto mai drammatica emergenza. Come è possibile?

La siccità stavolta non c’entra. Anzi, per anni ci hanno spiegato che quella estiva era determinata dall’assenza delle piogge, salvo poi correggerci – in occasione delle precipitazioni – che per ricaricare appieno i serbatoi idrici era necessario ben altro: la neve. Ora ecco la neve. Tutto risolto? Al contrario, è l’inizio della fine. Sì perché, come spiegato più volte e negli ultimi giorni dai vertici dell’Alto Calore, le gelate seguite alle precipitazioni nevose hanno dato al contrario il colpo di grazia ad un sistema, quello delle reti idriche colabrodo della provincia di Avellino, che era già agonizzante da anni.

L’emergenza di questi giorni nasce infatti dal centuplicarsi delle perdite in rete, da una parte causato dalla rottura delle condotte, dall’altra per quella dei contatori. Di qui, la necessità di chiudere i serbatoi di notte, sperando che si ricarichino di mattina. Ma il problema fondamentale del sistema idrico irpino è la fragilità degli impianti. Su tutti, quello di Cassano, che è il cuore del sistema idrico provinciale. L’opera, che risale agli anni ‘70, consta di una sottostazione elettrica e di due pompe di sollevamento. Con l’energia elettrica, si spinge l’acqua a gravità in alto, e così – con costi economici esorbitanti – viene trasportata da Cassano in 90 comuni e 300.000 abitanti. Il problema è che sia la centrale che le pompe, sono in condizioni assolutamente precarie. Ieri, la fragilità degli impianti irpini si è rivelata ancora una volta nella sua drammaticità. Dopo la rottura dell’elettrodotto del Tusciano, avvenuta nel giorno dell’Epifania e riparata nel giro di una giornata con l’ausilio di Terna, ieri è toccato ad un’altra parte della sottostazione elettrica. Una scarica ha mandato in tilt il sistema e determinato una nuova perdita da 500 litri al secondo che ha prosciugato i serbatoi idrici.

Poche ore dopo, sull’altre versante, quello serinese, un altro blocco drammatico si è avuto in zona Fontana dell’Olmo. Di qui la paralisi del sistema e l’inasprimento del piano già vigente di chiusure idriche programmate. Quasi tutta l’Irpinia è rimasta a secco dalle sei del pomeriggi fino a questa mattina.

Tutto ciò accade essenzialmente per due ragioni. Da una parte, perché l’Irpinia disperde già normalmente il 50 per cento della sua acqua, dall’altra perché nessuna amministrazione regionale, dai tempi della Cassa del Mezzogiorno, ha voluto finanziare un piano di ammodernamento degli impianti. Le promesse del precedente governatore Stefano Caldoro sono rimaste sulla carta. Quelle dell’attuale presidente, Vincenzo De Luca, tardano a concretizzarsi. Dal lontano 2014, il progetto più urgente, quello per l’ammodernamento delle pompe di Cassano e della relativa sottostazione, tra i 6 e gli 8 milioni, attende il via libera. Martedì prossimo, secondo un impegno ribadito due giorni fa in Prefettura dai funzionari regionali, dovrebbe arrivare l’indispensabile delibera di Palazzo Santa Lucia. Megli tardi che mai. A patto che sia vero. In questo modo, l’Irpinia avrà un impianto capace di immettere nel sistema altri 100 litri di acqua al secondo. Ci vorranno nella migliore delle ipotesi sei mesi.

Anche in tal caso, però, il fabbisogno provinciale potrebbe non risultare soddisfatto. Secondo le stime dell’Alto Calore, infatti, la provincia id Avellino ha bisogno di ulteriori 300 litri al secondo nel suo sistema idrico. Per farlo, potrebbe attingere da parte dei 6.000 litri al secondo che eroga gratuitamente alla Puglia da tempo immemorabile. Oppure dagli altri 2.000 al secondo che, da Serino, dirotta anche stavolta senza ristori nel napoletano. Ma servirebbe l’impegno della Regione. Che anche qui fa spallucce. Tanto più che la Puglia continua a chiedere altra acqua, e presto potrebbe ottenere dall’apertura del potabilizzatore di Conza.

Nel frattempo, il piano di chiusure notturne programmate avviato dall’Alto Calore andrà avanti anche per i prossimi giorni. Tanto nel capoluogo, quanto nei comuni della fascia del Partenio e dell’Alta Irpinia serviti da Cassano. Fino a quando la centrale e le pompe di Cassano non verranno ammodernate, sarà potenzialmente all’ordine del giorno. Resta, infatti, il problema dell’intera infrastruttura idrica provinciale. Secondo le stime dell’Ato Calore-Irpino, per incidere in maniera seria, occorrono circa 30 milioni di euro. In questo modo, al netto di Cassano, si potrebbero potenziare gli impianti che vanno, rispettivamente, da Serino a Solofra, e da Conza a Torella dei Lombardi.

Non è un caso che le parole del presidente dell’Alto Calore, Lello De Stefano, ieri siano state particolarmente incisive. «Nei prossimi giorni la strategia delle chiusure serali dovrà continuare. Viviamo una straordinaria difficoltà». Quindi l’accusa alla Regione: «I nostri messaggi d’allarme sono rimasti inascoltati. Aspettiamo da due anni il rifacimento degli impianti obsoleti, speriamo che la prossima settimana l’impegno verrà onorato».

Già prima delle gelate, la stima delle perdite che si verificavano nelle condotte dei comuni irpini era spaventosa. Il picco più alto nel Comune di Teora, dove si arriva al 90%, quello più basso, a Sirignano e Cairano, dove gli sprechi non superano il 20%. Con uno sperpero compreso tra il 70 e l’80%, ci sono ben 18 amministrazioni. Tra queste, Montella, Volturara, Montemarano, Castelvetere, Cervinara, Savignano e Greci. Altri 29 comuni disperdono tra il 60 e il 70% di acqua. I maggiori sono Montemiletto, Montefalcione, Montecalvo, Chiusano, Frigento, Lioni e San Martino Valle Caudina. Grottaminarda, Flumeri, San Sossio Baronia, Altavilla, Pratola Serra, Atripalda, Cassano, Nusco, Conza e Caposele, stanno appena maglio, e si attestano tra il 50 e il 60%. Il dato di riferimento dei grandi comuni, invece, è il 45%. E’ il caso di Avellino, Ariano, Mirabella Eclano, Vallata, Calitri, Sant’Angelo dei Lombardi e Mercogliano. A fronte di un fabbisogno complessivo di 1500 litri di acqua al secondo, (125 al giorno per abitante) l’Alto Calore è costretto a sollevarne dai bacini esterni e pomparne nelle reti circa 2300.

                                                                                                       

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