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L’economia spezzata

06.11.2012, Articolo di Filomena Gatta (da “Fuori dalla Rete” – Ottobre 2012, Anno VI, n.4)

L’economia dei nostri paesi irpini è basata soprattutto sull’agricoltura, e questa è cosa certa. Montella e Bagnoli nello specifico si reggono quasi esclusivamente grazie alla produzione e alla vendita della castagna, un frutto doc, ormai apprezzato in tutto il mondo.

Ma purtroppo quest’anno un piccolo insetto, il cinipide galligeno del castagno, ha messo in ginocchio questa già fragile economia. Guardare il panorama che si presenta nei nostri boschi in questo periodo è davvero avvilente. I castagni,che nel mese di ottobre erano rigogliosi e carichi di frutto, oggi sembrano scheletriti. Le poche castagne raccolte, pur essendo grandi, molte sono marce, per cui saranno scartate e anche se il prezzo alla vendita aumenterà rispetto agli anni scorsi, certamente non potrà soddisfare le aspettative dei produttori e consumatori. Nelle strade si ascoltano le lamentele delle persone e davanti ai bar non si parla d’altro e almeno a Montella, dove regna sovrana la castagna, molti si sentono orfani di questo prezioso frutto.

Solo qualche anno fa, durante questo periodo, per strada c’era poca gente in quanto impegnata nella raccolta. Qualche coltivatore si aggirava in piazza alla disperata ricerca di un operaio per farsi aiutare. Anche nei supermercati si notavano molte giovani donne che,velocemente facevano la spesa per preparare il vitto da  portare l’indomani al castagneto. All’imbrunire trattori e camioncini, carichi di “sacchette” di castagne, animavano le strade portando la merce  a casa o nei “gratali” o direttamente alle cooperative. Viceversa, di buon mattino molti raccoglitori aspettavano il “mezzo” che li conduceva nei castagneti. Giovani operai stranieri ma anche paesani confidavano in qualche giornata di lavoro; quest’anno ogni speranza è venuta meno.

Prima regnava l’abbondanza, per cui il vicino, di buon cuore, portava una busta piena di castagne a chi non possedeva un castagneto. Molte persone di buona volontà si recavano a cercarle per boschi e strade, sconfinando spesso oltre il limite delle proprietà. Bonariamente i padroni lasciavano passare.Oggi invece è meglio non provarci! I turisti della domenica solevano addentrarsi “ingenuamente“ nei castagneti, oggi vige un controllo cagnesco che scoraggia chiunque si azzardi a toccare una sola castagna.

Sarò drastica  in queste mie considerazioni, ma le ritengo veritiere.

Io ricordo che molti anni fa il cancro del castagno stroncò la vita di tanti castagni, e l’economia di questi paesi crollò. La natura, quasi sempre si riprende quello che l’uomo ottiene con forza e con poco rispetto. Ma per fortuna che l’intelligenza e il buon senso, soprattutto nei momenti di difficoltà, aiutano a superare gli ostacoli.

Ricordo che salendo sull’Altopiano del Laceno, su un pianoro chiamato “Chianizzi”, un tempo si coltivavano le patate. Era, tra l’altro, una terra ambita perché di mattina non cadeva la brina che avrebbe bruciato le piantine dal freddo. Cosa  che poteva succedere sul piano Laceno, molto più aperto alle correnti e al freddo.Anche lì si coltivavano le patate per centinaia di ettari di terreno, ora abbandonato. La produzione di patate era ingente, essa serviva alle necessità familiari ma soprattutto a uno scambio di grano proveniente dalla Puglia e di cui si aveva bisogno.Era un tipo di baratto molto utile per le nostre necessità. Si coltivava sul Laceno anche la segala da cui si ricava la farina per farne pane scuro. Vagamente ricordo sporadiche coltivazioni di canapa che servivano “solo” da cibo per volatili.

Oggi noto, con piacere, che qualche agricoltore è tornato sul Laceno; ma è ancora troppo poco! Potrebbe sembrare un’utopia pensare di risollevare l’economia, coltivando queste terre o quelle circostanti il paese? E’ azzardato pensarlo? Io penso di no!

Ultimamente molte persone amano coltivare il proprio orticello dedicandosi con passione alla coltura di ortaggi, ritenuti più sicuri sul piano nutrizionale e anche  utili per il portafoglio. Finalmente si ha coscienza che il cibo è importante per la nostra salute, per cui nascono sempre più spesso aziende agricole che mettono sul mercato prodotti genuini. La terra ci ha dato sempre tutto, per cui, in tempi bui come questi,dove la tecnologia,la globalizzazione e la crisi economica  possono venir meno, essa può darci una mano.

In tempi di guerra quando” tutto” mancava a tutti, il più ricco del paese era il contadino che aveva la casa piena di prodotti coltivati nei campi. Nello stesso tempo allevava pollami e maiali che aveva amorosamente ingrassato. Il più povero, invece, era l’artista che col suo mestiere non poteva servire nessuno e non poteva neanche sfamarsi!

Oggi per fortuna, non siamo in guerra, ma si vivono altre problematiche che penalizzano pesantemente tante famiglie.

Bisogna riflettere e cercare di riappropriarci della nostra cultura e delle nostre radici, tornando a pensare che la terra può ancora sostenerci. Possiamo risollevare la nostra economia anche con l’agricoltura.

Ma la terra bisogna lavorarla!

Mi rivolgo soprattutto ai giovani che cercano disperatamente un lavoro, spesso effimero, magari lontano da casa! Sporcarsi le mani non offende la propria cultura, anzi la rafforza. Anche i lavori “umili” portano soddisfazioni e gratificazione per la persona. E mi rivolgo anche ai genitori affinchè  diano pure queste possibilità ai propri loro figli. Bisogna capire che i tempi sono duri per tutti e il futuro è un’incognita.

Rimbocchiamoci le maniche! Tutto è possibile, solo se si vuole…..!!!

                                                                                                       

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