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Leonardo Di Capua (1617-2017) – Atti del Convegno di Bagnoli, 1995: II parte

02.07.2017. A cura di Aniello Russo

Per il quattrocentesimo anniversario della nascita di Leonardo Di Capua (1617-2017)

Leonardo_di_CapuaAl termine dell’intervento di Aldo Masullo, prende la parola uno studioso, di cui non si percepisce il nome dalla registrazione. Lo studioso prima presenta una pubblicazione di Gabriele Reppucci, che è una monografia di Leonardo Di Capua; e in un secondo momento esprime il suo parere su un problema sollevato dallo stesso Reppucci: Leonardo di Capua, filosofo o scienziato?

“Per onorare Leonardo Di Capua, abbiamo qui una produzione letteraria, storica e filosofica, che è quella del professore Gabriele Reppucci, il quale ha avuto anch’egli doppio merito, morale e culturale… Il Reppucci ha scritto pagine molto interessanti in questa monografia, in cui si espongono i vari aspetti del pensiero del Dì Capua; e in più l’autore ha aggiunto alcune delle pagine più significative dello scienziato. Tra l’altro, l’autore ha avuto a cuore di mettere bene in rilievo la impostazione scenografica del Di Capua, perché vengono richiamati alla ribalta tutti i personaggi con i quali lo scienziato di Bagnoli ha avuto rapporti, o diretti o indiretti; e di ognuno nelle note molto utilmente dal Reppucci vengono dati dei ragguagli, sicché  anche chi non è specialista della materia, leggendo, capisce di che si tratta.

E questa è una cosa molto democratica, sicché anche qui la cultura è avere a cuore.   Un avere a cuore che comporta la partecipazione dei nostri concittadini e degli altri alle nostre scoperte, a ciò che noi abbiamo prodotto specialisticamente; infatti, è un’opera valida culturalmente quella che rende comprensibile, anche ai non specialisti, le vicende di un grande personaggio. E quindi il lavoro del nostro amico è veramente un’opera pregevole, in cui tra l’altro, mentre si tratteggia la figura umana del Di Capua, al tempo stesso si mette molto bene in rilievo il suo essere inserito in questo tessuto culturale assai ampio…”

“Ecco poi un’ultima annotazione che mi suggerisce il nostro amico Gabriele Reppucci, l’autore di quest’ opera. Di Capua fu filosofo anti-aristotelico? A parer mio, quando si parla di filosofia a proposito del Di Capua, si parla di scienza. Allora la filosofia sparisce, rimane soltanto la scienza? L’età moderna riesce finalmente a distinguere due grandi attività dell’uomo: la scienza, che è l’attività con la quale noi ci impossessiamo dei contenuti reali dei fenomeni; e la filosofia, che è la nostra continua vigilanza della ragione, affinché i nostri saperi non divengano dei dogmi, bensì conservino, come direbbe Di Capua, le proprie incertezze.

Il sapere tende sempre a conquistare certezze, la filosofia è seminatrice di dubbi. Gli animali qualche certezza ce l’hanno, dubbi non ne hanno. Ciò che segnala  la dignità dell’uomo è il dubbio. E nel lavoro del prof. Reppucci è ben messo in evidenza questo tema dell’incertezza; molto ben sottolineato il rapporto tra il Di Capua e il suo tempo da un lato; da un altro lato il rapporto tra il Di Capua e quella che sarà a pochi decenni di distanza la grande avventura del Vico, il quale del Di Capua era stato ascoltatore e ammiratore. Io credo che questo libro inviti tutti noi a collaborare affinché la cultura, la scienza il sapere e l’investigazione meridionale escano dal loro esilio ed entrino nella grande circolazione europea. Di ciò io credo che gli dobbiamo essere tutti grati.”

***

Il Convegno di Bagnoli si conclude con la lettura di un messaggio della professoressa Vita che non è potuta venire perché impegnata presso la Università degli Studi della Basilicata. La docente universitaria riconosce due grandi meriti a Leonardo di Capua: il primo è di aver anticipato di cinquant’anni il grande movimento culturale dell’Illuminismo; il secondo merito lo conquistò in campo linguistico, tanto che egli oggi è riconosciuto come il primo esponente del Purismo napoletano. Ecco alcuni brani della lettera della docente:

“Ricordare il Di Capua è più che doveroso, perché pochi intellettuali come lui hanno contribuito a quel movimento culturale che, avviato negli ultimi decenni del Seicento, ha reso possibili le più fruttuose innovazioni settecentesche. Peraltro, se le opere dello scienziato irpino interessano gli studiosi della storia della scienza, la sua scrittura attrae non meno l’attenzione degli storici della lingua. Di Capua scelse, infatti, come è noto, l’adesione al fiorentino trecentesco, riproponendo con rigidità quasi assoluta il modello di Pietro Bembo. Questo ritorno alla tradizione letteraria più antica sembrerebbe far capire sul piano delle scelte linguistiche quella tendenza al rinnovamento di cui nel campo scientifico Di Capua si era fatto portatore con la lezione sullo sperimentalismo galileiano. Ma la contraddizione è solo apparente, perché la scelta capuista era motivata dal rifiuto dello stile barocco e dalla ricerca di una misura razionale anche nella letteratura.

Il forte ascendente di cui Di Capua godeva nella società culturale napoletana fece sì che lo stile dei suoi scritti scientifici si imponesse insieme con le sue idee filosofiche, al punto che, com’è noto, Vico nella Autobiografia si mostra compiaciuto per aver rivisto la buona favella toscana in prosa. La suggestione esercitata dal suo modello linguistico fu tale che, a buon diritto, si può parlare del Di Capua, come il primo rappresentante del purismo napoletano.”

                                                                                                       

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