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Pirateria digitale, tutto come previsto: vietati i torrent, è l’ora dei cyberlocker

30.08.2011, Il Corriere della Sera (di Maddalena Montecucco)

Si evolve il P2P, per sfuggire alla legge.Tra i dieci siti più utilizzati per il download cinque sono di file hosting. Tramonta Pirate bay: solo sesto.

E’ il file hosting il nuovo spettro della pirateria su Internet. A sancirne definitivamente l’ascesa è una speciale classifica compilata da Torrentfreak, che mette in fila i dieci siti di file sharing più cliccati in lingua inglese. Ai primi cinque posti ci sono solo siti «Cyberlocker», come viene chiamata questa evoluzione del download di file, legali e illegali, dalla Rete. E in totale su dieci, appena due (The Pirate Bay e Torrentz.eu) sono torrent.

ARCHIVIAZIONE E CONDIVISIONE – I «Cyberlocker» sono siti che permettono l’archiviazione e la condivisione di dati, attraverso server dedicati. Un sistema che può essere utilizzato, quindi, anche per «scaricare» file in modo illegale, facendosi beffa – ancora una volta – del diritto d’autore. Al primo posto della classifica si colloca 4shared (con 2,5 miliardi di pagine viste e 55 milioni di utenti unici al mese), seguito da Megaupload (37 milioni di utenti unici al mese) e Mediafire (34 milioni). «Solo» quinto il più famoso Rapidshare. Il sito tedesco (con sede in Svizzera) è stato protagonista di numerose battaglie legali, legate a problemi di pirateria. Nel 2007 il tribunale di Duesseldorf, su denuncia della Gema (la Siae tedesca), aveva costretto il sito a controllare la «legalità» della provenienza dei file musicali che venivano caricati sul server. Nel 2010, un’altra sentenza, questa volta americana, ha ribaltato il risultato. La denuncia proveniva da Perfect 10, azienda californiana specializzata in contenuti per soli adulti, che sosteneva la violazione del copyright relativo alla pubblicazione di alcune immagini: in quel caso i giudici ritennero il servizio di file hosting non responsabile dei contenuti caricati.

CACCIA ALLE STREGHE – Siti di condivisione di file, tribunali, pirateria. È il motivo che si ripete dal 2001, anno in cui venne messo sotto accusa Napster. Allora si credeva che per risolvere il problema bastasse far chiudere il sito. E a rimetterci fu proprio l’antesignano del «peer to peer». E la caccia alle streghe è proseguita: la «tecnologia» si è evoluta ed è stata la volta dei torrent. Si è puntato quindi il dito contro The Pirate Bay, il sito svedese, messo al bando in Italia nel 2010. La richiesta dei governi era sempre la stessa: chiedere ai fornitori di servizi Internet (ISP) di «controllare» i propri utenti. Il caso più famoso è stato quello francese: che sempre nel 2010 ha approvato la controversa legge Hadopi, famosa con il nome «Tre errori e sei sconnesso». L’effetto, per altro previsto, è stato un aumento della pirateria: gli utenti d’oltralpe hanno smesso di utilizzare i siti di torrent «banditi» dalla legge e si sono riversati sui «Cyberlocker», contribuendo al loro successo.

ADDIO TORRENT – La classifica stilata da Torrentfreak evidenzia però un risultato importante: l’inesorabile declino del tanto temuto torrent. I tempi sono dunque cambiati, ma le minacce non si sono affatto affievolite. Stando sempre alla classifica, sommando le stime di traffico (fornite da Google) dei 5 siti di file hosting più visitati, si arriva all’incredibile cifra di 183 milioni di utenti unici al mese. Difficile pensare – come sostiene anche MarkMonitor, azienda specializzata nel proteggere i marchi aziendali – che tutte queste persone debbano solo inviare un documento alla sede estera della propria azienda.

                                                                                                       

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