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Risposta all’intervento di “Alfonso” sul Castello di Bagnoli e altro

05.09.2013, Email di Domenico Cambria

E’ giusto e interessante che gli interventi (sempre troppo pochi) si susseguano a quanto ognuno scrive. Questo sia per animare la conversazione sia come Alfonso ha fatto, per chiarire eventuali inesattezze. Quanto però si intervene, occorre in ogni caso essere sempre più informati e preparati di chi scrive, altrimenti ad un eventuale errore se ne possono aggiungere altri. E’ quello che purtroppo l’amico Alfonso ha fatto.

Esiste nel mio articolo un solo errore, dovuto probabilmente alla distrazione, avere chiamato Francesco, Alfonso, colui che nel 1442 conquistò Napoli, riunendo poi il già esistente Regno delle 2 Sicilie. Pertanto, il regno delle 2 Sicilie esisteva e lo si deve a Ruggero II il Normanno, incoronato re a tal proposito nella cattedrale di Palermo il 25 dicembre del 1230. Ad Ariano I, nel 1140, le prime sue Assisi, vale a dire la promulgazione delle prime leggi del regno.

Montella era Gastaldo sotto i longobardi e contea già con i Normanni. Come si fa a dire che il castello fu costruito da Garsia? Soprattutto, come si fa a confondere un castello normanno con un castello aragonese? E’ un po’ come confondere una 500 FIAT con una Maserati. Ma, sino ad oggi, è stato detto così! E’ stato detto sbagliato. Anche dalla Soprintendenza? Sì. Anche da Sanduzzi? Sì. Egli infatti confonde il castello longobardo con quello normanno. Può accadere.

Mi sono accorto di questo, ma già avevo dubbi a proposito e ne avevo parlato con Attilio Meloro, quando ho scritto il mio trattato su Ariano Normanna. La prof.ssa Casiello, in virtù di una sua teoria che però non riportata, sposta infatti la data del castello di 200 anni indietro, attribuendolo al periodo Normanno-Svevo (da: Storia illustrata dell’Irpinia – pag. 38) Il castello invece è uno dei più classici normanni, probabilmente edificato dagli Altavilla quando erano a Melfi per difendersi da eventuali incursioni provenienti da Salerno. Probabilmente, perché non abbiamo prove.

Chi si accorge dell’errore è anche la pro.ssa Annmaria Corso, quando in un suo tratta, composto con gli alunni delle sue classi, si accorge dlel’errore, paragonando il nostro castello ad alcuni di epoca normanna esistenti in Calabria e in Sicilia. Chi, però, più di tutti, scrive sul castello, è l’Arch. Nello Nicastro il quale, come tecnico nelle opere di ricostruzione eseguite 3-4 anni fa, così si esprime:

…. il Castello è un tipico esempio dell’architettura militare normanna, ha una pianta rettangolare che misura m. 19,10 per 16,90 e un’altezza che raggiunge i 20,0 m. circa, con una torre emergente sul prospetto occidentale a guardia della valle, scarpa alla base ed un barbacane nell’angolo nord-ovest. Sulla sommità delle mura sono stati rinvenuti alcuni coppi da cui si ha prova che lo stesso castello ha avuto una copertura sicuramente realizzata in epoche successive, quando cominciò a perdere i caratteri del fortilizio e divenne dimora abituale o di caccia o di villeggiatura di famiglie signorili, trasformandosi in palazzo-castello, come avvenne sotto la dinastia dei Cavaniglia.

……Castelli simili ( vedi Adrano, Motta S. Anastasia, Paternò,ed altri) furono fondati in Sicilia da Ruggero I d’Altavilla (fratello di Roberto il Guiscardo) a partire dal 1070, quando il sistema di fortificazione normanno cominciò ad assumere marcate connotazioni anche in Calabria, Puglia, Campania, Lucania per giungere fino in Umbria. Ruggero II nel settembre 1140 promulgò con le Assise di Ariano un corpo di leggi valido per l’intero Regno di Sicilia, sanzionando in tal modo la nascita del Mezzogiorno d’Italia quale entità politica autonoma ed unitaria, e rilevante attenzione fu posta per le costruzioni militari per le quali vi furono esplicite norme che ne regolavano ogni aspetto.

La presenza così forte dei normanni nelle nostre zone, le considerazioni fatte, e le sue caratteristiche architettoniche ci inducono ad attribuire l’edificazione del nostro Castello agli Altavilla.

…..Con l’avvento degli Aragonesi i territori di Bagnoli, Montella e Cassano furono rilevati nel 1445 da Garcia Cabanillas, fedele di Alfonso I° d’Aragona da cui fu nominato Governatore della capitanata e di Principato Ultra , nonché conte di Troia. A Garsia sono attribuiti lavori di riparazione ed ampliamento del Castello, probabilmente danneggiato se non da sismi, dalle continue aggressioni che aveva subito nelle epoche precedenti, lavori che non riuscì a terminare per la sua prematura morte (1453), e completati dalla vedova Giulia Caracciolo.

                                                                                                       

7 Commenti »

  • redazione scrive:

    Mail di Alfonso Trillo ’82

    “Dopo la dotta lezione di storia del Cambria, non posso che fare ammenda, non per essere in errore, ma per aver creduto che un tal sapiente potesse per un attimo, semplicemente, riconsiderare quanto scritto senza alcun discernimento critico.
    A differenza di quanto scritto nel suo articolo sulla “Vacca di fuoco”, il Cambria adesso riporta la giusta data della conquista del Regno di Napoli (1442) – aveva scritto, con convinzione, che la conquista fosse avvenuta nel 1450 -. Ammettendo quindi che il nome di Francesco gli fosse “scappato” per la fretta di scrivere (unico errore che il Cambria riconosce), saremmo già a quota due imprecisioni: se la prima può essere considerata casuale, la seconda inizia ad essere sospetta.

    La questione del nome del Regno, invece, merita un approfondimento. Posso capire che per comodità si identifichi la parte continentale del Meridione italiano e quella insulare con il nome, in verità approssimativo, di Regno delle due Sicilie. Tuttavia, il Signor Cambria, nonostante i suoi infaticabili ed eruditi studi, non penso abbia mai trovato in nessuna fonte archivistica per l’epoca normanna, angioina e aragonese (se mai ne avesse letto una) tale identificazione. Il motivo è semplice: il Regno non aveva questo nome. Dopo la pace di Caltabellotta il Regno fu diviso in due: Regnum Siciliae citra Pharum, noto alla storiografia come Regno di Napoli, e Regnum Siciliae Ultra Pharum, la Sicilia insulare, per poi essere unificati in due vice-reami nel XV sec. e assumere il nome di Regnum Siciliae Ultra et Citra Pharum. Se Cambria traduce Regnum Siciliae Ultra et Citra Pharum con Regno delle due Sicilie, mostra di essere un latinista mediocre. Era il Re a portare l’appellativo di monarca delle due sicilie, precisamente: Rex Utriusque Siciliae, che vuol dire: Re di entrambe le Sicilie (continentale e insulare). Il Regno Delle Due Sicilie, in quanto formazione politica unica, ribadisco, risale al Congresso di Vienna.

    Per quel che riguarda il castello della Serra, ho il dubbio che Cambria abbia letto quello che ho scritto. Non ho mai detto che il castello non preesisteva a Cavaniglia! Il torrione quadrato è una soluzione tipica normanna. Questo però non significa che sia falso che Garcia Cavaniglia vi abbia apportato delle migliorie: le opere di ristrutturazione sono documentate da un versamento fatto dalla vedova di Garcia al fisco reale.
    Il mio appunto era invece rivolto a confutare l’affermazione di Cambria sulla scelta dei feudatari di scegliere Bagnoli come loro dimora. Dove sta scritto? Il castello era inserito nel sistema di difesa della contea di Montella e non era un’abitazione. Possedere un feudo non significa per forza di cose prendervi dimora! I Cavaniglia dimoravano a Napoli, anche per gli impegni di natura politica e diplomatica a cui dovevano assolvere.

    Ho i miei dubbi, francamente, sulla evoluzione repentina, sotto la reggenza dei conti valenzani, di questi luoghi da zone deputate alla difesa a zona per la villeggiatura dei notabili. Il governatorato catalano sulla parte continentale del Regno dura solo dal 1442 al 1504, e fu sempre osteggiato dai baroni fedeli agli angioini e ostacolato da una serie di rivolte che proprio in questi luoghi trovavano uno dei centri nevralgici. Proprio le condizioni migliori per il nascente Turismo del Laceno!

    Sulla questione dell’esistenza della contea di Montella prima degli Aragonesi, bisogna fare delle precisazioni. Nell’epoca normanna il titolo di Comes aveva una connotazione imprecisa rispetto all’epoca angioina o aragonese. Esisteva il Comes in capite regis, che faceva riferimento direttamente al sovrano e il “conte di servizio”, di poco conto e con funzioni di comando durante la guerra. Ebbene, nel periodo normanno Simone Titinvilla, residente in Nusco, si fregiava del titolo di Comes in capite regis per una zona molto estesa, in cui era compresa anche Montella. Da questo dato non è possibile, però, dedurre l’esistenza della contea di Montella in senso stretto. Il titolo di conte di Montella sarà istituito nel 1477 per ricompensare i Cavaniglia della perdita di Troia. Lo documenta l’atto ufficiale di investitura di Diego Cavaniglia conservato presso l’Archivio della Corona D’Aragona.

    Infine, per non essere da meno del Cambria, vorrei citare dei lavori storici, anche per dimostrare che chiudersi esclusivamente nel recinto della storiografia locale – che ha tanti meriti – può essere controproducente e sviante. In primo luogo è fondamentale lo studio delle due opere di Alan Ryder sull’argomento: IL REGNO DI NAPOLI NELL’EPOCA DI ALFONSO IL MAGNANIMO e ALFONSO IL MAGNANIMO (monografia su Alfonso D’Aragona). Inoltre, bisognerebbe sempre tener presente la cospicua produzione di Mario del Treppo, quella di Alfonso Leone, che si è anche occupato delle zone rurali del Regno. I libri di Sapori sulla feria di Salerno e ancora i lavori di Silvestri e di Feniello.

    Integrare tutto questo con la storiografia locale potrebbe portare frutti buoni e magari più solide basi alle elucubrazioni storiche di Domenico Cambria.”

  • Bruce C. scrive:

    Gentile Cambria,
    Finalmente ha trovato pane per i suoi denti.
    Ha bacchettato tutto e tutti, mentre lei l’ha sempre scampata.
    Intanto sulla storia non si scherza, non può proprio dire di sviste o peggio di imprecisioni.
    Vorrei ringraziare Alfonso Trillo che finalmente è riuscito a smascherare uno “storico” approssimativo, il quale
    attraverso i suoi articoli è riuscito a sporcare anche iniziative meritevoli.
    Ora sappiamo chi è: si è lasciato prendere in castagna.

  • redazione scrive:

    Mail di Domenico Cambria:

    “Da circa cinquant’anni non mi soffermavo al mio paese per un mese intero: l’ ho fatto questa estate ed è stata un’esperienza interessante in quanto mi ha permesso di conoscere meglio i miei concittadini di oggi, ancora legato agli anni 60, a quegli anni che vedevano Bagnoli identificato come “il salotto culturale dell’Irpinia”, in ascesa con tutto il Laceno verso anni davvero d’oro.

    Ciò che maggiormente ha sempre identificato gli uomini del mio paese (almeno così ricordo, io ragazzo) è sempre stata la loro onestà intellettuale, il contegno, tutti lontani da ogni tipo di bega perché il lavoro soprattutto assorbiva ognuno al punto che non c’era tempo per criticare: c’era chi andava a legna ed era occupato dalle due del mattino a sera; chi andava a lavorare in montagna con la forestale e saliva e scendeva a piedi; chi lavorava con la ditta Mattioli e Chieffo e non aveva neppure tempo di lavarsi; chi ancora si recava al proprio terreno o castagneto da Portola alle Fieste e vi trascorreva i migliori giorni in attesa di raccogliere i frutti; pochi erano gli impiegati comunali; a seguire tutta una serie di artigiani che non avevano certamente tempo e voglia di recarsi in piazza a perdere tempo.La cantina, per tanti, l’unico svago.

    In effetti, nei miei anni da ragazzo la gente non perdeva il proprio tempo in piazza per niente, tantomeno per criticare. Quanti anni sono passati da quegli anni!!!!! Tanto è cambiato Bagnoli in peggio? La risposta è sì. Non è questa però una questione che interessa solo Bagnoli ma un po’ tutto e tutti per una classe sociale e politica molto diversa da quella degli anni 60/70, oggi certamente inferiore. Il fenomeno investe un po’ tutti, lo stesso Ariano dove vivo.

    Ho assistito, così, questa estate, al manifesto contro il Sindaco per i famosi contributi: e basta! Possibile che ci si debba ora perdere intorno a fatti tanto irrilevanti? Il Sindaco ha risposto che Palazzo Tenta non è un circolo culturale ma politico in quanto fa politica. E per dirlo vuol dire che ne ha le prove, pertanto non gli spettano i contributi. E lo ha messo per iscritto. Cosa volete di più? Invece ci si sta perendo dietro un non senso, una polemica che non costruisce ma distrugge. La critica è giusta, perché solo chi non fa sbaglia, ma deve essere costruttiva. Soprattutto da parte di un Circolo Culturale. Se lo è…se lo è, lo dimostri e mettesse da parte ogni ambiguità. Questo a partire da oggi.

    Vogliamo quindi costruire o distruggere? Si può costruire collaborando con l’amministrazione, aiutandola, non mettendogli lo sgambetto ad ogni passo che fa. Io stesso sono stato oggetto in questi giorni di una piccola polemica, per mia colpa, riguardo un articolo fatto sulla Vacca di Fuoco, dove ho sbagliato per superficialità delle date. L’articolo era rivolto ad un fatto antropologico che avevo messo in evidenza, l’origine della Vacca di Fuoco, spiegata dal Parzanese quando nel 1835 venne a Bagnoli per tenere un panegirico in occasione della festa di S.Lorenzo. La mia attenzione, quindi, era rivolta a quel fatto non ad altro. Avrei dovuto consultare internet che non avevo perché non ricordavo con esattezza un paio di avvenimenti, uno proprio per disattenzione. Ma ho sbagliato e sono stato ripreso. Giusto. Andare però a marcare particolarmente che all’epoca normanna il titolo di Comes aveva una connotazione imprecisa rispetto all’epoca angioina o aragonese… quindi Montella non esisteva come contea, bisogna dirlo a Scandone. Se i Cavaniglia abitassero a Bagnoli o Napoli, sono quisquiglie, pinzillacchere. Io credo che d’inverno, al massimo, abitassero a Napoli, per il resto a Bagnoli, dove lavoravano, come hanno lavorato per il progresso del paese. Lo stesso convegno dei pontaniani si svolse a Bagnoli nell’anno 1499. Lo stesso ritrovamento delle spoglie di Diego a S.Francesco a Folloni attestano che la preferenza della loro permanenza era nella loro contea non a Napoli.

    Ma, sono …quisqiglie, si potrebbe certamente tornare sull’argomento qualora si trattasse il tema in maniera specifico. Il vero succo invece del discorso è un altro, ben più importante, non andare a cercare il pelo nell’uovo per fare polemica: il castello di Bagnoli è normanno o no? Questo il vero tema intorno al quale occorre oggi lavorare. Perché se è normanno, ed io credo di sì, per il sì è anche il direttore del museo di Ariano, per il sì è anche l’Arch. Nicastro, per il “ni” e la pro.ssa Casiello che sposta la data al 1200, allora ci troveremmo dinanzi ad una delle opere più belle del periodo normanno, unica, due simili presenti solo a Rocheter in Inghilterra e Trim in Irlanda, in quanto gli altri castelli normanni esistenti in Italia sono stati trasformati dagli angioini e dagli aragonesi. Bagnoli si arricchirebbe di un’altra, grandissima opera storica ed archeologica, fino ad oggi occultata di chi invece aveva il dovere di valorizzarla.

    Ecco sig. Sindaco, Presidente del Circolo, questo occorre fare, il resto, le chiacchiere, specie quelle che si consumano sotto le “licine”, lasciamole ai fabulatori e ai perdi tempo di professione, noi, come diceva Totò “… noi siamo seri, apparteniamo alla morte!”. Ho saputo inoltre in questi giorni che il sindaco si sta adoperando per trasformare la Sagra della Castagna, rivederla nel suo complesso. Giusto, così come è non va bene. Così come è finisce. Così come è, è un’offesa ai visitatori. Va cambiata, migliorata. Aiutiamo il sindaco a farlo, a lavorare. Chi non lo fa va contro Bagnoli. Tra cinque anni ognuno si assumerà le proprie responsabilità. Tra cinque anni, adesso si lavora. Giusto?”

  • Roth scrive:

    Caro Cambria,
    uno studio storico non si fa consultando internet. Lei non sbaglia solo le date per superficialità ma confonde le sue posizioni personali con gli eventi storici, pretendendo di insegnare quello che non conosce.

    VANEGGIAMENTI IN LIBERTA’!!!!!!!!!

  • Alej scrive:

    Un altro che “predica bene e razzola male”, il tuo commento, caro Cambria, è zeppo di critiche! Cos’è questo scontro generazionale messo così, senza senso? Questo mondo (o questo paese) noi lo abbiamo ereditato, e il vostro “lavoro” è stato un vero e proprio fallimento dal quale non puoi lavartene le mani! E poi non si possono accostare due contesti storici, sociali e culturali così lontani, nel tempo e nelle pratiche! E poi tu, ti permetti di criticare chi critica? Quando non ti sei piazzato tra i primi tre posti del “premio tartufo d’oro” del 2010 hai lanciato accuse, fango e illazioni sui primi classificati, quindi anche su di me, paventando favori di zii in amministrazione o impiegati cugini della vincitrice, senza aver letto le opere e senza alcuna prova, critiche gratuite e ingiuriose (tipiche di persone altezzose e tronfie) sia per noi che per i familiari chiamati in causa. Qualcuno voleva querelarti, ma io ho detto: è un poveraccio che pensa di saper scrivere. Così è! Alfonso ha dibattuto con argomenti e prove, tue sole le critiche distruttive che tanto cerchi di accollare al paese intero, insensate e mosse da invidia. Stiamo messi meglio di te, quando lo facciamo siamo mossi da convinzioni e scopi nobili.

  • Giulio D_Alessandro scrive:

    Ottimi Alejandro e Alfonso, è un piacere leggervi ed apprezzo molto i vostri interventi schietti e corretti. Continuate così.

  • Roth scrive:

    Quando, questa mattima, ho risposto a Cambria, avevo intenzione di non dilungarmi: non volevo offrire allo “storico de noj arti” un’ulteriore occasione di discussione. Mi sembrava inutile! Per un attimo mi sono sentito come quello che -secondo quanto recita un bel adagio bagnolese- si sforza di lavare “la capu r lu ciucciu” finendo per rimetterci l’acqua con tutto il sapone.
    Adesso, però, dopo aver letto il commento di Alejandro, mi sembra doveroso intervenire, soprattutto, e non solo, per solidarietà generazionale.
    Se mi è dato di capir bene (anche perché capire quello che Cambria scrive è davvero un’impresa da acrobata del linguaggio: grammatica pessima e sintassi inesistente), Cambria paventa una sorta di involuzione social-culturale: l’onestà intellettuale della sua generazione contro l’imbecillità galoppante e l’arroganza della nostra! Loro edificatori e edificanti, perché dediti al lavoro, pieni di contegno e lontani dalle beghe. Noi, invece, demolitori patentati, distruttori del loro capolavoro di ingegneria sociale. Fancazzisti che osano parlare, esprimersi e criticare. Che vanno appresso alle quisquilie (come le chiama Cambria), che non faticano e mangiano a sbafo.
    Eppure…..qualcosa non mi torna! Così le voglio raccontare una storiella, tanto per stuzzicare il suo acume di consumato storico.
    Nell’orto, quest’anno, un contadino dilettante ha piantato una melanzana. A modo suo, senza saperlo fare: tra lo studio, la piazza e il randagismo, non gli è rimasto tempo per imparare a zappare la terra. Visto che non gli sembrava venir su bene, anche perché il tempo non era buono, il contadino dilettante ha praticamente smesso di prendersene cura subito. Ha annaspato, povera pianticella, ed è stata spesso oggetto dei pochi lusinghieri commenti del contadino. Nonostante tutto, dopo una crisi profonda, senza aiuto, ha portato frutto: tre melanzane di colore violaceo rachitiche e molli.
    Il contadino dilettante va dicendo a tutti che non sa spiegare tanta carestia, ma pare che in privato abbia confessato di sapere bene quanta colpa abbia dello scarso raccolto. Ma a chi gli chiede: allora perché accusi la tua povera pianta risponde: è più conveniente fingere che la colpa dello scarso raccolto sia dell’arroganza delle melanzane che, invece di crescere e prosperare, hanno preferito perdere tempo appresso alle quisquilie di cambriana memoria.
    A buon intenditor ……

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