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Vita nel lago

08.11.2012, Articolo di Federico Lenzi (da “Fuori dalla Rete” – Ottobre 2012, Anno VI, n.4)

Capita a volte che il fato quando meno ce l’aspettiamo ci porga piacevoli scoperte, riportando dal baratro antichi scritti di cui s’ignorava totalmente l’esistenza. Lo scorso mese, cercando alcuni libri per la stesura di un articolo su Lafelia, cadde casualmente  a terra un piccolo opuscolo datato 1905. Lo scritto era di Alessandro Trotter, botanico italiano nato nel 1871 ad Udine e deceduto nel 1967 a Vittorio Veneto. Esperto di patologia vegetale compì numerosi studi sui laghi del meridione con il collega Franchi, questi gli valsero la medaglia al valore dell’istituto geografico italiano. Insegnò nell’Università di Napoli scrivendo varie opere, curando una rivista del settore e continuando ad esplorare laghi in giro per l’Europa.

Nel libro si parla di quanto osservato in due escursioni con altri colleghi al lago Laceno nel luglio 1902 e nel giugno 1903. La provincia ora come allora era caratterizzata da un’alta piovosità, ma dalla mancanza di bacini lacustri. Tuttavia, sono numerosi i piani che in tempi remoti ospitavano laghi ed ora si allagavano ogni anno d’inverno per prosciugarsi in estate. La piovosità all’inizio del secolo scorso era di 1200mm l’anno con picchi di 1500mm. L’unico lago della provincia era quello di Laceno che anticamente ricopriva tutta l’omonima piana. Pertanto l’identificò come l’ultimo dei bacini che un tempo costellavano la zona. Trotter ipotizzò che il lago poteva scomparire in seguito ad un impoverimento delle sue sorgenti o ad una loro deviazione. Il lago aveva una superficie di 75000mq ed era alimentato dalla sorgente Tronola attraverso canali sotterranei. Le acque della sorgente, a detta di Trotter, defluivano in minima parte verso il bacino del Sele e quasi totalmente verso il lago, da cui tramite le grotte andavano in seguito a raggiungere il Calore. La profondità media era di un metro e mezzo, tranne un avvallamento a scodella in vicinanza di una sponda profondo dai quattro ai quindici metri con una superficie di 200mq. Questo avvallamento culminava in una piccola voragine che dava sfogo alle acque convogliandole nelle grotte. La forma del bacino era irregolare lunga 515 metri in direzione ONO-ESE, con una larghezza di 250 metri in direzione opposta. Un terreno molto compatto formava le sponde poco ricche di vegetazione. Le uniche piante lungo la riva erano formate dal “Ranunculus aquatilis” e da “Potamogeton natans” in vicinanza della cappella. La ridotta estensione delle acque non permetteva quindi ulteriori forme di vita. Le acque avevano una tinta olivastra e una visibilità pessima: intorno ai cinquanta centimetri. Le osservazioni furono effettuate il 30/06/1905 alle ore dieci, si nota come ci fossero solo quindici gradi all’esterno e dodici nel lago. Il bacino fu esplorato da una piccola imbarcazione a remi e con immersioni da parte di Trotter. I campioni vennero prelevati facendo scorrere sul fondale prima dei tubicini di vetro e dopo una retina. L’indagine riguardò solo i microrganismi, pertanto il plancton formato da vegetali e animali. Il plancton rivelò la presenza di ben trentasette forme di vita vegetali e dieci animali, un numero elevatissimo di forme di vita per un bacino lacustre. Questo era dovuto al carattere stagnante delle acque che permette la formazione di plancton mediante l’assenza di deflusso. Questo tipo di laghi era rarissimo ed era stato individuato solo in quello di Scrutari in Albania e di Apollonia in Turchia. Tra le forme di vita riscontrate se ne trovarono alcune rare come i vegetali: “Pandorina Morum”, “Pediastrum Integrum”, “Pediastrum Simplex” tipica del lago di Scrutari, “Pediastrum Tetras”, “Richteriella Botryoides” in Italia presente solo a Laceno come la “Chodatella Longiseta”, “Asterionella Gracillima”, “Suriraya”, “Glenodinium acutum”, “Glenodium Cinctum”…; e gli animali: “Dinocharis Pocillum”, “Alona”, “Canthocamptus”, “Daphnella”…

In verità, Trotter non sapeva che il lago Laceno era si presente in tempi remoti (lo dimostrano i ritrovamenti d’insediamenti umani del paleolitico) ma venne ricreato in quella località detta “Acqua a Funno” (per via della voragine che porta alle grotte) nel 1773 per rendere coltivabile la paludosa piana allagata dalle sorgenti Vreccelle e Tronola. Il bacino fino alla metà del secolo scorso era navigabile; in seguito al sisma del 1980 diminuì di volume a causa della deviazione della Tronola. Ora la profondità massima è di cinque metri, il fondo fangoso e le acque hanno riacquistato limpidità grazie a una parziale ricanalizzazione delle acque della Tronola. Sebbene il lago raggiunga notevoli dimensioni in inverno, in estate dimezza la sua superficie (oltre ed essere costantemente svuotato dagli elicotteri antincendi). Probabilmente tutto quello recensito da Trotter è sparito per sempre quando nel 1960 essendo il lago completamente ricoperto d’alghe, a causa dell’eccessivo dissodamento, venne completamente svuotato e ripulito dal comune in un periodo di forte siccità. Tutt’ora nel lago ogni anno le associazioni di pesca riversano quattro quintali di pesce prima dell’apertura della stagione e altri quattro tra marzo e aprile. Le specie liberate sono trote iridee. Si trovano anche carpe a specchio, amur, scardole, tinche, persici trota ed alborelle. La pesca è vietata dal tramonto della prima domenica d’ottobre all’alba dell’ultima domenica di febbraio. Per praticare questo sport occorre pagare una quota annuale ed avere un tesserino. Lungo le rive sono presenti la salamandra pezzata con rane e ranocchi in ingenti quantità. Tuttavia, dopo gli studi di Trotter, mai più sono stati effettuati studi sull’ecosistema del bacino. Sono stati ideati numerosi progetti per riportare il lago alla vecchia estensione, ma nulla è mai stato realizzato; come si recita un vecchio detto: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare… anzi, il lago!

L’opuscolo:
“IL PLANCTON del Lago Laceno nell’Avellinese”

(Ricerche di A. Trotter)

                                                                                                       

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