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PETROLIO – La Basilicata insorge, l’Irpinia è in allarme

05.09.2014, Il Quotidiano del Sud

Un incidente al Centro oli di Viggiano scatena reazioni in Lucania che si ripercuotono in un’Irpinia ancora incerta

“Il petrolio infiamma la Basilicata” titola in prima pagina “Il Quotidiano del Sud”, l’edizione lucana in edicola ieri. E in effetti le cause sono due: una essenzialmente tecnica, l’altra politica. La prima: una anomalia al “Centro oli” di Viggiano, una fiammata alle 12,30 di lunedì mattina, operai tutti fuori. Viggiano “città del petrolio”, come si presenta sulla sua Home Page, oltre che essere “Città di Maria” e “Città dell’Arpa e della Musica”. Viggiano è in Val d’Agri, in provincia di Potenza.

E’ in questa valle che è cominciata la storia delle trivellazioni petrolifere nel Sud, dal 1996, da parte dell’Eni, con la costruzione di 42 pozzi e del “Centro Oli” dove avviene una prima fase di raffinazione petrolifera. La nube di zolfo che ieri ha soffocato la valle, però, ha fatto riesplodere la polemica.

Scene che riportano alle imminenti scelte che potranno essere per l’Irpinia, nelle prossime settimane, quando si avrà la risposta definitiva da parte della commissione regionale che valuta l’impatto ambientale. In caso affermativo, si darebbe “il via”, appunto, alle trivellazioni in Irpinia.

Con l’incidente di lunedì ci sono stati problemi di respirazione, malori di vario genere, in un clima di crescente sfiducia tra la gente, alimentato dalle ultime notizie sui provvedimenti attuati dal governo in materia energetica. E siamo al secondo punto, all’Italia delle trivelle, alla necessità del governo di dare fondo alle risorse del sottosuolo per investire in energia. Il decreto Sblocca- Italia è anche visto come il decreto sblocca trivelle. Ed è la vera ragione di tante polemiche. Il decreto, nella sostanza, toglie alle regioni il potere di veto sulla ricerca e sulla trivellazione di posti di petrolio e metano. L’obiettivo, come si diceva, è raddoppiare entro il 2020 l’estrazione di idrocarburi in Italia, fino a 24milioni di barili equivalente all’anno.

Il premier Renzi lo ha detto forte e chiaro: assurdo rinunciare, c’è tanto petrolio in Basilicata. Ma le reazioni qui sono dure, come già lo sono in Irpinia. Le associazioni, lì, non stanno a guardare. La Cia, che cura gli interessi degli agricoltori, parla di duro colpo per le produzioni di qualità. La scelta del governo di avocare a sè le decisioni li vede seriamente preoccupati sul futuro dello sviluppo agricolo regionale. La Confapi, ad esempio, attraverso il presidente dell’associazione di piccoli imprenditori di Matera, Enzo Acito, denuncia “il trucco”, l’inganno che starebbe presentando il Governo: più royalties in cambio di nuove estrazioni petrolifere nei prossimi tre anni, ma senza un programma di sviluppo per la regione. Ad alzare forte la voce è anche il presidente della Regione, Marcello Pittella, che è appena stato qui in Alta Irpinia, e che minaccia azioni in tutti i modi, una battaglia parlamentare, il ricorso per incostituzionalità del decreto e attraverso tutte le manifestazioni che possono essere fatte.

La richiesta è precisa: modificare il decreto Sblocca Italia nella parte che riguarda i proventi delle trivellazioni, in particolare sulla previsione che le royalties possano essere escluse dal patto di stabilità interno, ma solo per tre anni e solo a partire dalle nuove estrazioni. Per L’Italia dei Valori è necessario fare squadra e cercare alleanze con la vicina Puglia: Vendola è contrario al progetto nel Salento e a Tempa Rossa. Il concetto di unità sta prendendo corpo, ma non ci siamo ancora, in concreto, in Irpinia: la recente tre giorni a Nusco, a fine agosto, aveva proprio questo scopo.

                                                                                                       

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