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Cronaca dolente di un incontro con una burocrazia di bassissimo livello

14.10.2014, Articolo di Gennaro Cucciniello (dal sito web dell’autore)

Provincia di Avellino (Campania), distretto sanitario ASL di Montella, una mattina di agosto del 2014. Un cittadino italiano, residente nel Veneziano, va a passare alcuni giorni nel suo paese natale, dove vive ancora il suo vecchio padre. L’anziano genitore, vecchio di 99 anni, totalmente invalido e allettato dopo la rottura del femore, ha bisogno di pannoloni; la richiesta del medico di famiglia deve essere inoltrata –per il rinnovo della pratica- all’ufficio ASL del territorio.

Ci si reca nell’ufficio: l’impiegata addetta è molto cortese, compila il modulo che deve essere poi vidimato e accompagnato dal pagamento del ticket. Si va allo sportello apposito: non c’è nessuno che faccia la fila. Il cittadino saluta con un “buon giorno”; dall’altra parte del vetro un impiegato lavora ad un computer, è tutto intento e concentrato, non risponde al saluto. Il cittadino, un po’ sorpreso, attende e –dopo qualche interminabile minuto- bussa sul vetro e risaluta, “buon giorno”. Dall’altra parte nessun segno di vita, neanche uno sguardo. Il cittadino, a questo punto attonito e forse anche spazientito, chiede: “Scusi, questo è lo sportello per il pubblico?”. Silenzio. Altra bussata e il tono di voce si fa risentito. “Senta, io sono qui per la vidimazione di un modulo e la presentazione di una ricetta; per favore, vuole interrompere il suo lavoro e prestare attenzione alla mia richiesta?”. L’impiegato ora guarda in tralice, fa finta di niente e continua imperturbabile la sua pratica.

Il cittadino osserva l’ambiente: l’ufficio è piccolo, in altra parte della stanza c’è una donna, impegnata anch’essa con un computer, che non solleva nemmeno la testa, forse è abituata a scene come questa; l’impiegato allo sportello non ha la tessera di identificazione. La voce si fa brusca: “Senta, lei deve ricevere il pubblico e rispondere alle sue richieste, questo è il suo compito. Mi guardi, mi risponda!”. Silenzio. Il cittadino, ora davvero disorientato, si guarda intorno: nel corridoio non c’è anima viva, nessun ufficio di Relazioni con il Pubblico, nessun Responsabile gerarchico.

Si ritorna nell’ufficio dove l’impiegata solerte e cortese aveva ricevuto lo “straniero”: si è inviati in altra stanza dove c’è un dottore, senza camice e senza tessera di riconoscimento, che quella mattina –evidentemente- esercita un ruolo dirigente. Il dottore ascolta, poi commenta con sussiego che l’impiegato stava completando una sua pratica e che gli doveva essere dato tutto il tempo di finire. All’osservazione che lo sportello era aperto per ricevere il pubblico e rispondere alle esigenze degli utenti il medico ribatte facendo spallucce e invitando il suo sottoposto a continuare il suo lavoro al computer. A questo punto la protesta del cittadino si fa vivace, le voci si amplificano, il corridoio rimbomba, l’impiegata cortese si affaccia dalla sua stanza. Solo ora l’addetto allo sportello lentamente si volta e si sente uno strascicato: “Che vi serve?”. L’impegnativa è presentata, il ticket è pagato, il modulo è completato e registrato, il cittadino lo riconsegna all’impiegata gentile. Resta tra le mani la ricevuta del pagamento, la si guarda, si constata che l’operatore accettante si chiama D. G. S. Del medico –con funzione di responsabilità- si ignora il nome.

Questa è la cronaca secca e dolente, anti-epica, malinconicamente beffarda, di un incontro necessitato con la burocrazia di basso, bassissimo livello di un ufficio sanitario del nostro paese, di un servizio civile da Quarto Mondo. Dipendenti arroganti e –all’occasione- servili, dirigenti incapaci e inamovibili: perché non rispettano il cittadino, che pure paga il loro stipendio? Fannulloni e cialtroni non si nasce, però si rischia di diventarlo se il datore di lavoro te lo permette, soprattutto quando la collusione tra apparati burocratici e potere politico è pervasiva e onnipotente. In questo caso, in questa realtà irpina, deve essere davvero così. L’episodio suggerisce una piccola riflessione sul cosiddetto micro-potere: i primi ad esercitarne l’abuso sono gli uscieri, i dattilografi, gli operatori anonimi, i funzionari, le migliaia di Don Rodrigo presenti in ogni ufficio. Il presidente Renzi batte e ribatte sulla riforma della pubblica amministrazione e dell’apparato burocratico: in realtà urge la riforma non solo delle regole ma soprattutto della mentalità e dell’educazione civica. Soprattutto, e in assoluto, sono necessari una chiara coscienza del bene comune e un rigoroso senso dello Stato.

                                                                                                       

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