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Ai piedi del Monte Piscacca

25.11.2014, La filastrocca di Rocco Dell’Osso (da “Fuori dalla Rete” – Novembre 2014, Anno VIII, n.5)

Ai piedi del Monte Piscacca


Alle falde del Monte Piscacca,

un piacente paesino sonnecchia,

 

la vita scorre placida e tranquilla,

a parte elezioni e manifesti nella villa.

 

Pappa, cacca e “nonna”, ovviamente,

si rilassa col fisico e la mente.

 

Piazza Di Capua è un grande arcano,

agorà del gotha paesano,

 

quintessenza di sale e di sapienza,

fors’anche di stupida demenza.

 

Da lustri, il passatempo paesano ben si sa,

sull’amministratore “s’adda sparà”,

 

non importa quale sia la ragione,

l’importante è che passi per co……;

 

non importa quale sia il movente,

l’importante e che sia un de………

 

Soddisfazione effimera la nostra,

eppure ben celata, e non si mostra;

 

rammentiamoci però chi sono i votanti,

saremo un po’ co…… tutti quanti?

 

Ebrei e “culi vasci” veniamo apostrofati,

certo, epiteti in gran parte meritati,

 

c’è però un sentimento sì strisciante,

l’invidia dei vicini conterranei è rilevante.

 

Immenso, grande, il Cavalier Capozzi,

maestro di gran “detto”, con gran sollazzi;

 

ilarità sovviene finanche ad Honolulu:

“pigliamu fessa e purtamu a Bagnulu”.

 

“A la muntagna” tanto spesso andiamo

e a sculacciar ranocchi ci affanniamo,

 

che guardandoci allibiti e stralunati,

pensano: sti bagnolesi sono rintronati.

Epica storia, grandi antenati,

sciagurati: ce li siamo ben scordati.

 

Un tempo faro di civiltà e di cultura

siamo diventati oggi materia oscura.

 

Fertili campi, di frutti e bacche,

son divenuti pascoli per vacche.

 

Avi recenti il turismo ci han lasciato

e pure questo abbiam dilapidato.

 

Vabbè mi direte ora voialtri,

non siamo mica tutti mastri,

 

cos’altro mai potremmo fare,

più di tanto non ci possiamo arrabattare.

 

Madre natura in vero ci ha baciato

e un grande patrimonio ci ha lasciato,

 

vediamo di farne un uso accorto

e fidiamo che il gingillo non è rotto.

 

Or dunque suvvia concittadini

non siamo così tanto peregrini,

 

lamentarsi di continuo a nulla serve,

se non far chiacchiere a caterve.

 

Spremiamo le meningi, non ci arrendiamo,

qualcosa in più forse possiamo.

 

Non aspettiamo la manna giù dal cielo,

il futuro dobbiamo costruirlo;

 

non aspettiamo il messia per il domani,

il futuro è sempre nelle nostre mani.

 

Dunque, non vi crucciate cari bagnolesi,

sono versi per meditare e far sorrisi,

 

e se non ci son riuscito questa volta,

ci proverò di nuovo un’altra volta.

                                                                                                       

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