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Dorso e la necessità della guerra

20.05.2015, Articolo di Paolo Saggese (da Fuori dalla Rete – Maggio 2015, Anno IX, n.3)

In quest’anno in cui cade il centesimo anniversario della Prima Guerra mondiale, risulterebbe utile anche una riflessione sul rapporto che gli intellettuali irpini ebbero nei riguardi di questo evento epocale. Tra gli altri, una riflessione utile potrebbe interessare proprio la figura di uno degli uomini più rappresentativi del primo Novecento, ovvero Guido Dorso, che in quegli anni muoveva i primi passi come meridionalista e studioso. Del resto, studi sul primo Dorso, a partire da Santi Fedele, sono stati già proposti ad opera di vari esperti tra cui spiccano i nomi degli irpini Francesco Saverio Festa, Francesco Barra, Giuliano Minichiello, Giuseppe Moricola e Toni Iermano.

In particolare, andare sino agli incunaboli del pensiero meridionalista dorsiano si può oggi fare, partendo dagli interventi editi sul “Corriere dell’Irpinia” tra il 1923 e il 1924 e pubblicati di recente (si veda Guido Dorso, “Tutti gli scritti dal ‘Corriere dell’Irpinia’ 1923-1925”, a cura di Francesco Saverio Festa e Mariagiovanna Silvestri, De Angelis Editore, Avellino, 2010).

Infatti, proprio in quell’anno fatale Guido Dorso iniziava una breve, ma intensa collaborazione con “Il Popolo d’Italia” di Mussolini, sul cui foglio l’intellettuale meridionalista pubblicò otto articoli, a partire dal 1° gennaio sino al 26 maggio del 1915.

In questi articoli, in particolare, sulla scorta di influssi non solo da ricondurre a Sorel, ma anche a Mussolini, Dorso, come anche Gramsci, si mostra favorevole al conflitto mondiale, che è visto come “un’occasione storica” finalizzata ad un cambiamento dello status quo e ad uno scardinamento della “conquista regia” subita dal Sud. Molto chiara e condivisibile è l’interpretazione della posizione di Dorso da parte di Francesco Saverio Festa nell’introduzione al libro appena citato. Dunque, il meridionalista vede, ad esempio in “La sconfitta di Giolitti e le sue conseguenze nel Mezzogiorno”, la possibilità per la minoranza interventista di “sostituire la vecchia maggioranza di governo filo germanica e le vecchie classi dirigenti che impedivano l’avvento di nuove élites”.

Insomma, già qui si intravedono alcuni dei concetti fondamentali del Dorso della “Rivoluzione meridionale”, a partire dall’idea della inadeguatezza della classe dirigente meridionale, del “blocco agrario” gramsciano che condanna il Sud all’arretratezza, della necessità di creare i presupposti per creare una nuova classe dirigente, che sappia rappresentare gli interessi del Sud e scardinare la legge imposta dalla “conquista regia”.

Anche il concetto di trasformismo, tanto caro a Dorso, è presente già in “Meridional-Sozial-Democratie” del 18 gennaio 1915, come anche la critica alla politica del partito socialista, in sostanza inefficace e reazionaria almeno in relazione agli interessi delle plebi meridionali. Come anche, sottolinea Festa, è già presente il concetto di “occasione storica”, che poi ritornerà in interventi persino del secondo dopoguerra. Così, infatti, si esprime Festa: “In questi articoli apparsi su ‘Il Popolo d’Italia’ compaiono già gli elementi del suo ‘pensar politico’: l’‘occasione storica’ come eccezionalità da cogliere, l’evento straordinario che permette il sorgere di una nuova classe dirigente, avviando quel ricambio che i tempi normali non garantiscono affatto”.

Il suo pensiero meridionalista raggiunge il culmine nell’ultimo articolo, del 26 maggio, quando Dorso prorompe: “Oggi si combatte, per la prima volta, anche per te, […], o popolo meridionale, perché si lotta per la conquista di un mare sul quale dovrà compiersi il grande fatto di valorizzare il lavoro, lo sforzo, l’intelligenza meridionale” (“Il Mezzogiorno in armi”).

Certo, le speranze di Dorso saranno subito frustrate. Però questi articoli già mostravano un intellettuale d’ingegno precoce, che, partendo da una provincia del Sud, era capace di progettare e immaginare una sfida, che avrebbe potuto significare una vera “rivoluzione meridionale”, di cui il Sud è tutt’ora in attesa.

                                                                                                       

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