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Omaggio a “Pinuccio” Marano (filosofo “malmostoso”)

23.11.2015, Articolo di Pasquale Sturchio (da “Fuori dalla Rete” – Novembre 2015, Anno IX, n. 6)

giuseppe-maranoParafrasando la celeberrima frase di Francesco: “chi sono io per…” colgo l’occasione “casualmente illuminata di sole” (la lettura, per caso, del racconto “Lo crocifisso re Serapullo” apparso su “Il Monte” anno XIIn.1/2 gennaio-giugno 2015, periodico dell’arciconfraternita del SS Sacramento di Montella) per omaggiare, in punta di piedi e trattenendo il respiro, un hirpus, autentico figlio della nostra terra (e non solo di Montella!) allo zenit della maturità culturale e spirituale sebbene non abbia ancora raggiunto la pace dei sensi!

Figura culturalmente e spiritualmente complessa, proclama il valore della contraddizione, della lotta con se stesso e gli altri che pone al centro del suo pensiero. Al pensatore (maìtre à penser!) si accompagna l’artista, padrone della parola, ricco di esperienza psicologica (la sua capacità di penetrazione psicologica) ed intellettuale (guarda dentro all’uomo) “…l’amore, spesso quasi sensuale, che ha per la parola, l’attenzione con cui egli la sceglie e la pone nella proposizione e questa nel periodo, e il ritmo che alla proposizione e al periodo egli dona traendone anche risonanze musicali, collabora ad accrescere la bellezza delle pagine da lui vissute, a manifestarne pienamente l’intimo…”.

Ambientalista-storico sempre in prima linea là dove c’è da sostenere e/o combattere per la Natura pronto a sfoderare le affilatissime armi della critica e della ragione. La “grandeur” di Giuseppe Marano sta nel senso di una vita spesa nel difendere il diritto del pensiero di ricercare sempre la verità. “La verità, dunque, è ideale naturale e razionale, è metafisica e logica. La verità è la vita!”. È bello vederlo che percorre a piedi verso l’altura dell’Acellica (la Celica) “il gigante addormentato!” del geologo Angelo Capone ovvero “l’aquilotto pronto a spiccare il volo!” vista da Bagnoli, animato del proposito di camminare verso l’alto, sempre avanti e sempre più in alto per offrire alla sua gente prospettive più ampie. Grati a “Pinuccio” per quell’itinerario che ci traccia con la profondità del suo pensiero alla ricerca di verità ma soprattutto con le testimonianza della sua vita scaturita scandagliando gli abissi del proprio io! Prima di “offrire la lettura” di un ampio stralcio del racconto “Lo crocifisso re Serapullo” vorrei dire come Francesco semplicemente … Grazie Maestro, grande nella tua umiltà, umile nella tua grandezza!
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Il crocifisso di Serapullo
Era proprio lui, non si poteva sbagliare, riconobbe nella penombra il profilo sofferente di Cristo. Non era appeso alla parete, stava appoggiato allo schienale di una sedia in fondo, di fronte al letto, quasi mascherato da alcuni grossi libri che arrivavano fin quasi alla testa del Cristo dolente… i vocabolari che a suo tempo gli fece comprare!!! Non voleva indugiare a riconoscerli: di francese, di italiano… Ma più brillante del crocifisso fu lo sguardo della mamma di Pasqualino che incrociò e fu come l’impatto di due proiettili incendiari o due scintille. Si conoscevano, da ragazza era la sua Nerina (la riconosceva dall’orto dove si immergeva nei suoi caotici studi al ticchettio degli zoccoletti quando scendeva dal casale alto a comprare la “lissia” da compà Remigio con una bottiglia verde). Si dissero tutto in quel… lampo notturno, lei capì che aveva visto e ricostruito tutto, sapeva bene che si era lamentato sul giornale per quel furto! I suoi occhi supplicarono il silenzio per quel poco che ancora potevano su di lui. Rispose sempre con gli occhi promettendo e lei intercettò con un accenno di sorriso riconoscente. Si svolse tutto in un attimo. Il ragazzo malato, lui tava già scendendo le scale, lo raggiunse col suo richiamo: “Garda professò che ti aspetto…”. Se ne ritornò subito a casa e apri il libro che stava leggendo (non lo finiva mai, forse perché gli piaceva troppo!); ma che mi voleva leggere!… la capo non c’era proprio! Non voleva pensare a niente, era qualche giorno che aveva presa una simpatia per una nuova parola, gli capitava, e la ripeteva spesso fino a che si scocciava e se la scordava. Questa era la volta di… “malmostoso”. Svogliatamente prese il Gabrielli che non cambiava con nessun altro, e lesse già quasi sonnecchiando: “… di persona scontrosa, difficile da trattare per il suo temperamento ombroso e lunatico”. Il suo ritratto perfetto! … il vocabolario gli scivolò con tonfo ovattato nella cesta… lo carezzò con la coda stanca dell’occhio mentre affondava mollemente fra carte e giornali. Il trillo del campanello lo sorprese con il fremito di una scossa elettrica. Andò ad aprire e chi era? La mamma di Pasqualino con gli occhi cerchiati, che accentuavano l’avvenenza del viso: “Scusa, so che è inutile venire a dirti, hai capito tutto e… ho capito che hai capito e posso stare sicura, son venuta per altro, che sei venuto a trovarlo… com’è rimasto contento, povero figlio…”. Era rimasta tutta lei “Nerina”, non c’era da fare! Dopo tutti quegli anni, gli occhi guizzavano sempre ogni tanto come spaventati da un’improvvisa apparizione. “Non ti preoccupare, non c’era bisogno… ci puoi dire che torno, ho piacere pure io…” cercava di mantenere il discorso su un piano di normalità… “Sai, fece lei, quella sera quando l’andai a staccare, io ti vidi, ma tu non vedesti a me, eri impegnato… distratto, non mi potevi vedere, stavi con una donna…”. … E quando m’ha visto questa? Pensò. “Ma quand’è stato più o meno? Così per curiosità, perché non mi pare…” “eh non ti pare… ricordati bene, adesso fa un mese, la fine d’agosto… c’era la festa in montagna”. “ca…!” represse fra sé, ricordò bene pure lui! Era venuta quella “malmostosetta” dal nord, dopo un corteggiamento da lui subito per un anno, finalmente era scesa. E quella sera se la portò su in montagna perché lei glielo aveva chiesto, ma arrivati lì, lui non ebbe il coraggio di scendere né di farsi vedere con lei… e la scenata che ne venne: “Ti vergogni di farti vedere con me! Coniglio!” volle subito farsi accompagnare giù. Che pazza! … che s’era messa intesta! Poveretta pure lei! Eppure era intelligente a sufficienza per capire che al massimo per un soggetto come lui, lei non poteva essere più di un trastullo di una sera, manco notte! Ahahahahah! Rise del suo cinismo misogino. “Sinceramente non mi ricordo” cercò di troncare il suo imbarazzo… “Se non ti ricordi, non fa niente mi ricordo io” gli parve di cogliere in quegli occhi profondi che venivano da un mare trasparente di anni, una punta di rimprovero… mentre gli allungava la mano per un saluto che fu siglato da un reciproco sguardo di ferrea complicità.

                                                                                                       

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