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Profumo di provincia

13.09.2011, Articolo di Pasquale Sturchio

“La neve imbiancava le montagne già a novembre per continuare con brevi interruzioni fino a marzo ed oltre. Quando non raggiungeva altezze proibitive, mio padre saliva in montagna con i cani per cercare di cavare qualche tartufo. Tutta la famiglia andava in crisi se il tempo peggiorava ed il ritardo di papà diventava preoccupante.

… Quando mio padre ritornò dalla montagna era già tardi ma non era per nulla infreddolito ne tanto meno particolarmente affaticato; gli andai incontro per aiutarlo. I cani, come sempre, saltavano da tutte le parti, mi facevano le feste, rischiando di farmi cadere!

Il bagagliaio della vecchia automobile era pieno di fagotti improvvisati: un grande fazzoletto- bandana pesantissimo, lo zaino, la giacca con la grande cacciatora rigonfia, un maglione che aveva le maniche legate a mò di sacca per trattenere il contenuto ed altri fagotti improbabili tutti stracolmi del profumatissimo tubero!”.

È uno stralcio del racconto “Profumo di provincia” della scrittrice bagnolese dott.ssa Rosaria Patrone primo classificato al concorso Premio Letterario “Il tartufo d’oro” 2010 promosso dall’assessorato alla cultura di Bagnoli Irpino, guidato da Incoronata Vivolo, maratoneta indefessa nel valorizzare sul piano culturale il nostro territorio, con l’Alto Patrocinio della Presidenza della Repubblica. Il premio – narrativa inedita – consiste nel trofeo Tartufo d’Oro, a forma di tubero, realizzato dalla scultrice bagnolese Rachele Branca e da un assegno di duemila euro.

“Profumo di provincia” è l’occasione per l’autrice di rievocare le emozioni della propria infanzia.. e il tartufo rappresenta il baricentro di queste sensazioni, suoni, colori ed odori descritti con un linguaggio semplice e diretto, fortemente coinvolgente e cinematografico, sopportato da una rilevante componente psicologica.

Il tartufo marca a fuoco tutti questi momenti: dall’addestramento dei cuccioli alla ricerca del prezioso tubero all’ansia per l’attesa del padre cavatore nelle cupe giornate invernali, alla gioia di vederlo tornare col carico prezioso.

Malgrado l’inesorabile trascorrere del tempo, malgrado il passare di amori e passioni, a non essersi mai spento è proprio il vincolo profondo con questo misterioso frutto… il sapore ed il profumo del tartufo è quello dell’Alta Hirpinia, terra bellissima nonostante i terremoti, l’emigrazione, il malgoverno… abitata da gente orgogliosa (nel senso positivo del termine) con una concezione particolare della vita in cui l’onestà, la solidarietà ed il coraggio sono valori autentici.

Il premio letterario “Il tartufo d’oro” nato all’interno della Sagra della castagna e del tartufo nero di Bagnoli che si celebra l’ultimo week-end di ottobre, spasmodicamente voluto da Incoronata Vivolo e da Antonio Cella, assessore al bilancio, nel nobile tentativo, a nostro modo di vedere, di emulare o bissare il successo del Premio Cinematografico neo-realista del “Laceno d’oro” istituito e finanziato dal Comune di Bagnoli Irpino, sindaco Tommaso Aulisa nel 1959 che portò in giro per il Mondo il nome della località dell’altopiano Laceno, la perla dell’Hirpinia … ma la tremenda scure della manovra finanziaria – economica del ministro Tremonti e del Governo Berlusconi – ha tagliato i fondi per la cultura … mandando in frantumi una lodevole iniziativa culturale, speriamo solo temporaneamente…

E se (ci piace pensare!) Incoronata Vivolo può controbilanciare la tristezza del momentaneo stop del Premio Letterario “Il tartufo d’oro” con la gioia di poter visitare al più presto possibile la sua Tripoli e la sua Libia dopo 42 anni di esilio forzato decretato dal colonnello Gheddafi … e quindi rivedere e riabbracciare amici della sua infanzia di parlare o riascoltare la sua lingua materna, di respirare e riassopire la sua aria natale … noi ci accontentiamo, nella attesa della prossima Sagra della castagna e del tartufo nero (28-29-30 e 31 ottobre 2011) di leggere – ascoltare – un altro breve stralcio del racconto di Rosaria Patrone “Profumo di provincia”.

“Quando scelte più o meno obbligate mi hanno portata lontana, ho spostato l’entusiasmo che mi animava per le mie alture verso nuove mete. Ho sempre creduto che ogni luogo possedesse una promessa intrinseca di vasti orizzonti da scoprire, di numerose opportunità da prendere al volo. Capivo però, nei momenti critici della mia esistenza che attraverso i sogni tornavo a rifugiarmi tra le mie alture. Interpretavo il sogno ricorrente come una necessità inconscia  di tornare alle radici.

Nel sogno una gran nevicata ricopriva lo sconosciuto paesaggio, identificavo soltanto  i suoni ovattati che mi infondevano una profonda calma interiore.

Oggi, quando tutto sembra andare alla deriva penso: alla fine arriverà la neve!”

                                                                                                       

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