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Rocco Gatta, il ciclista bagnolese che partecipò al Giro del 1976

17.05.2012, L’intervista di Antonella Del Genio e Giulio Tammaro (da “La Calzetta dello Sport”, numero speciale del giornalino “Fuori dalla Rete” del 13.5.2012).

La sua impresa sportiva è ancora ben salda negli occhi e nella mente dei suoi concittadini e tutti lo ricordano ancora con piacere Rocco Gatta, bagnolese di nascita ma toscano d’adozione, che in sella alla sua Guerciotti con la G.B.C. TV Color, partecipò al Giro d’Italia del 1976. Rocco Gatta, classe 1950, figlio di contadini Bagnolesi, fu costretto con la sua famiglia ad emigrare nel 1957.

Oggi come allora per queste terre d’Irpinia, l’emigrazione era una piaga dilagante. Intere famiglie, con una valigia di cartone e il dolore nel cuore, costrette a cercare fortuna lontano dal proprio paese natio. E Rocco la sua fortuna l’ha trovata, lontano da Bagnoli, in terra Toscana, la culla italiana del ciclismo, a Cascina di Pisa per l’esattezza, dove oggi vive con la sua famiglia e lavora.

Il ciclismo c’è l’ha avuto sempre nel sangue e anche se all’inizio giocava a calcio e in bicicletta ha iniziato ad andarci quasi per sfida, come lui stesso ammise in un’intervista diversi anni fa, sin da subito fece notare le sue qualità. Iniziò cosi nella “Nevilio Casarosa” di Fornacette, un paese vicino Cascina di Pisa, dove fece tutta la trafila, partendo dagli allievi e conquistando diversi trofei. Iniziò poi a correre come dilettante alla Sammontana arrivando primo al Campionato Toscano. Alla Sammontana vi rimase quattro anno vincendo circa 25 corse e ottenendo molti piazzamenti. Nel 1973 fa il salto di qualità diventando professionista ma è il 1976 il suo anno di gloria, passato infatti alla G.B.C. di Dino Zandegù partecipa al Giro d’Italia. Ed è lo stesso general manager Zandegù a soprannominarlo “Cenciaccio”, dopo una gara dove Rocco continuava a chiedergli un cencio, per le sue gambe doloranti, le quali unte di pomata per alleviare il dolore, gli sudavano terribilmente.

Il ciclismo è stato una passione che non l’ha “distratto” dalla vita reale e quando il tutto, come inesorabilmente avviene per ogni cosa, è finito, quando il cerchio si è chiuso, Rocco è ritornato a condurre una vita normale, continuando come aveva sempre fatto a lavorare duro, prima da contadino come i suoi genitori, poi come operaio in un macello di pollami ed oggi in un supermercato. Nel frattempo ha messo su famiglia e radici in Toscana, ed anche se del suo paese natio, non restano che pochi ricordi d’infanzia, ogni tanto ritorna a Bagnoli a trascorrere le vacanze estive.

Ha ancora i parenti qua a Bagnoli ed è grazie ad una nipote, Antonella Del Genio, se siamo riusciti a contattarlo e intervistarlo. Ha accettato volentieri il nostro invito ad intervistarlo ed ha risposto cordialmente alle nostre domande. Nella speranza di poterlo conoscere di persona e di un invito da parte del comitato tappa, che non è tardato ad arrivare, in modo tale da consentirgli di essere a Bagnoli, il 13 maggio, quando la carovana rosa arriverà a Laceno, ci siamo fatti raccontare la sua vita sportiva e privata e quell’edizione del 1976, dove c’era e fu uno dei protagonisti, ottenendo un ottimo 42° piazzamento nella tappa di Laceno e un dignitoso 70° posto nella ordine finale, superando in classifica, lui che era un gregario, anche Giancarlo Polidori, capitano della sua squadra.

Come è nata la passione per il ciclismo?

Avevo un amico che correva in bicicletta, ho iniziato quasi per sfida con lui. Quando ha iniziato? Ho iniziato nel 1966 da esordiente, poi ho proseguito come allievo vincendo 10 gare. Da dilettante poi ho vinto altre 15 gare e il titolo regionale. Nel 1973 sono passato professionista e in quel primo anno abbiamo vinto il campionato italiano a squadre e nel 1976 ha partecipato al Giro d’’Italia.

In quali squadre ha gareggiato?

Il primo anno da allievo ho corso con la squadra, Nevilio Casarosa di Fornacette, un paese vicino casa mia in Toscana, poi da dilettante ho corso quattro anni con la Sammontana, poi altri due anni da professionista sempre con la Sammontana per poi passare alla G.B.C TV Color con cui ho partecipato al Giro d’Italia.

Ci racconti la sua esperienza nel mondo del ciclismo.

È stata una bella esperienza anche se le cose oggi sono molto diverse da allora. Era un ambiente diverso. Il doping oggi è dilagante in questo ambiente. come in altri sport.

Come venne accolto dalla sua gente nella tappa Selva di Fasano . Lago Laceno del 1976?

Fu una bella esperienza. La gente urlava il mio nome. Anche quando salii sul palco per la premiazione, in quella tappa vinta da DeVlaeminck, e dove la maglia rosa passò da Moser a Gimondi. Proprio Gimondi sapendo che ero originario di quei luoghi mi chiese della salita e di Come fosse. Io gli spiegai che era una salita dura e lui sul palco mi disse: “avevi ragione era proprio una salita dura!”. Ricordo che fu una bella festa.

Come si presentarono ai vostri occhi Bagnoli e Laceno?

Quando sei in corsa non guardi molto, senti la gente urlare il tuo nome e ti emozioni. All’arrivo giunsi nei primi cinquanta e fu un buon piazzamento. Ci ripresero anche a Bagnoli. Il paese piacque molto ai partecipanti al Giro che ne rimasero entusiasti. Anche Gimondi e i miei compagni di squadra mi chiesero notizie sul paese e sulla sua storia, che io con molto piacere raccontai loro.

Quando è andato via da Bagnoli Irpino?

Sono andato via nel 1957, dopo un incendio che devastò la nostra casa in montagna. Per mio padre fu una sciagura, subito dopo l’incendio si trasferì in Toscana portando con sé tutta la famiglia.

Oggi cosa fa?

Lavoro come commesso in un supermercato, sono sposato ho due figlie e un nipotino.

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LE FOTO
(di Andea Cione e Vincenzo Grieco)
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– Rassegna stampa dell’epoca esposta nei giorni scorsi all’interno della Chiesetta di Santa Margherita
– Rocco Gatta ( invitato speciale e gradito ospite) a Bagnoli Irpino durante la tappa del 13 maggio 2012

                                                                                                       

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