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Un posto tranquillo

21.06.2012, Articolo di Alejandro Di Giovanni (da “Fuori dalla Rete” – Giugno 2012 – Anno VI, n.2)

La sensazione è quella di un ruscello che si ode di spalle mentre un sibilo di venticello lambisce il viso e attraversa i capelli, il moto fluttuoso delle piante crea una specie di danza armonica, la beltà è pennellata sui loro rami di tinte accese e sfondi ameni. La linea dei colli al di là, a dividere il verde e l’ azzurro, creatrice di spazi infiniti dove sbuffi eburnei di nuvole in transito disegnano ciò che la nostra immaginazione riflette. La mente in sospensione alita a mezz’aria, intorpidita dai sapori della campagna, il tempo decelera, scandito dal soave ritmo della natura in continuo divenire, eppure così impercettibile…  Confidi ad un fiore un pensiero, sussurri parole ad un insetto, riempi i polmoni di leggiadra atmosfera e … saluti il creato. La sensazione è stata quella di piacere assoluto e di benessere illimitato, voluttuoso. La felicità colta in un pomeriggio di sole, luce già rimpianta, abbagliato, estasiato, disteso come a rivendicare una libertà ottenuta, intima e personale. Scalzo, sporco, ricco.

Torni nel mondo, torni nella società, calzato, lavato, povero. La mente atterra: l’economia, mia e di Stato, i rapporti, i discorsi soliti, gli affanni per la decenza estetica, i programmi. La faticosa e pachidermica evoluzione di questo paesino, che abbondandemente si regge sugli stessi registri di qualche secolo fa. E mi preoccupo: il mondo, la politica, la società, quella persona.  Si cambia, e in fretta, ma alcuni aspetti di questa comunità perdurano,  miseramente. Delle persone, tante, in gruppo come mandria, inneggiavano ad una statua, con riti strani e tiritene prive di senso, non è successo in Africa, ma qui, e penso succcederà ancora domani …  Fumavo una sigaretta al loro transito, una signora mi fa: non si fuma vicino alla statua… Ognuno trova conforto come e  dove meglio crede, però oggi alcune questioni dovrebbero almeno passare al vaglio della ragione, e non essere accettate passivamente, ereditate e date per buone a priori.  Altre persone si organizzano e mettono in moto la macchina vergognosa  del “partito”, mascherato da sentimenti di buonismo e filantropia, per arrivare a ottenere poltroncine e monetine, vecchi volponi ingordi che ad ottanta anni non hanno trovato nemmeno il tempo di imparare a morire, essendo stati  troppo occupati a tessere trame con il potere per il mantenimento del “podere” di famiglia. Nuove generazioni crescono, di padre in figlio si tramandano i vecchi espedienti, e te li ritrovi sempre davanti (tra meno di un anno), privi di pudore e turbamento: poi ti girano se ascolti queste stesse persone parlare di onestà e criticare modi di fare che loro possono tranquillamente insegnare, essendo titani del campo. Pensioni regalo senza un minimo di requisito di idoneità, truffe di Stato per ritorno di voti, anche questo si fa per ottenere prestigio e risalto.  E’ naturale sperare nel declino di tutte le ideologie e dottrine del passato e desiderare di meglio, e questa fase è in piena attuazione. Ma cosa sostitutisce i vecchi e insani cardini del passato? La pubblicità ricorda un po’ la religione e la politica. Ci promette ciò che sa di non mantenere, ci fa desiderare e lavorare per comprare cose che non ci servono, e lo fa con i nuovi miti ( simili a divinità o santi ): personaggi della tv, del cinema o del jet set senza arte né parte a cui i nuovi fedeli cercano di somigliare. Allora ho visto persone indistinte, stessi marchi, loghi e colori, pieni di aggeggi tecnologici, nella speranza di ottenere una certa riconoscibilità. Una ragazza mi fa: e quello sarebbe un cellulare? Adeguati… Il cellulare funziona benissimo, e non devo cambiarlo perché è stato inculcato qualche altro bisogno studiato a tavolino da strateghi di vendite e marketing. La questione è che siamo sottoprodotti di un sistema, il consumo è diventato un aspetto fondante del nuovo cittadino, e l’ acquisto di oggetti il vero diletto per cui vale la pena lavorare e vivere. Passiamo le giornate dietro a schermi a far finta di godere esibendo immagini della natura, alla quale abbiamo concesso l’attenzione istantanea della foto che pensavamo e bramavamo già di mostrare ai nostri “amici” virtuali. Così, ho visto persone per nulla affascinate dalla bellezza di un orizzonte mirabile, dire sbrigativamente: sì sì bello… mentre sceglieva le impostazioni del suo ultimo modello di cellulare tuttofare. Forse è proprio nell’ ovvio e nel banale che risiedono le più grandi stranezze del genere umano, nelle pratiche quotidine riconosciute come sensate dalla maggioranza.

La società è anche stimolante e interessante, poiché è minimamente difforme, e non farne parte potrebbe essere un dramma, ma domani ho deciso di tornare in quel posto, che qualcuno qui potrebbe definire semplicemente “tranquillo”.

                                                                                                       

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