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Appello ai giovani – Alcuni doverosi chiarimenti

13.03.2013, Articolo di Luciano Arciuolo

Fa sempre piacere trovare un interlocutore, anche quando è involontario. Se poi questo interlocutore gode della nostra stima, fa ancora più piacere.

Per questo ho letto con grande attenzione quanto scrive Giulio Tammaro, ma, poiché leggendo ho capito di non essermi spiegato bene, espongo qui alcune considerazioni e alcuni chiarimenti del mio pensiero in ordine all’argomento “giovani”.

1)     Traspare dallo scritto di Giulio un pessimismo da vicolo cieco e buio. Eppure una via d’uscita dalla disperazione giovanile deve esserci e, comunque, abbiamo tutti, in primo luogo i giovani, il dovere di credere che ci sia. In altri momenti storici della vita, italiana e occidentale, sono stati proprio i giovani ad indicare la strada. Oggi essi sono più acculturati che in passato: ancora di più tocca a loro guidare il cambiamento.

2)     Io non ho mai scritto, detto o pensato di voler candidare qualche giovane in una qualche lista, anche perché, avendo chiarito in tempi non sospetti di non volermi ricandidare, non avrò alcuna lista. Ho detto, questo si, che i giovani devono impegnarsi in prima persona, ma possono farlo nel modo che riterranno più opportuno: Grillo ha dimostrato che per candidarsi non è necessario fare riferimento ad un partito; lo si può fare, anzi, anche contro tutto e tutti.

3)     In questi anni il diritto dei giovani ad una Scuola e ad una Università all’altezza dei tempi e, soprattutto, ad un Lavoro dignitoso, ha subito attacchi terribili: la Scuola è diventata molto più povera e, quindi,  anche sempre meno adeguata alla realtà del ventunesimo secolo; l’Università non solo non garantisce sbocchi occupazionali, ma sta diventando un lusso che non tutti possono permettersi, come  cinquanta anni fa; il Lavoro, quelle rare volte che c’è, o è nero o è precario. E’ incredibile come la nostra società pare aver deciso di fare a meno del lavoro di intere generazioni. Di tutto questo dovrebbe, giustamente, occuparsi la politica. Ma avrebbero dovuto occuparsene soprattutto i diretti interessati. Invece i giovani sono scomparsi, o quasi, dalla scena. Non esiste un soggetto politico collettivo “giovani”. Essi hanno preferito tentare di arrangiarsi, cercando ognuno per conto suo la soluzione al problema. La scorciatoia della raccomandazione, però, si è dimostrata sempre più stretta e difficile da percorrere, con i risultati che sono davanti agli occhi di tutti. Da qui l’invito ai giovani a reimpadronirsi del proprio futuro, assumendosi in prima persona la responsabilità delle scelte che li coinvolgono direttamente.

4)     Oltre a tante grida di dolore, più o meno giustificate, non ho sentito da parte dei giovani, tranne qualche rara eccezione, una proposta che indicasse una strada concreta per la risoluzione di un problema. Comincio a pensare che, in loro, vi sia una scarsa fiducia in se stessi e nelle proprie capacità di darsi da fare per portare avanti quella che, da sempre, è la loro vera missione: voler migliorare il mondo. La mia generazione non ci è riuscita e lascia ai propri figli, per la prima volta nella storia dell’uomo, un mondo peggiore di quello avuto in eredità dai propri genitori. Ma la vera sconfitta della società attuale rischia di essere il fatto che i suoi giovani  rinuncino a cambiarla, a prescindere dai risultati.

 

                                                                                                       

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