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La “Poesia” nel racconto “Echi” di Alejandro Di Giovanni

19.07.2013, Articolo di Pasquale Sturchio

“Vagavo come sempre…” è l’incipit altamente lirico del racconto “Echi” di Alejandro Antonio Di Giovanni. Giovane scrittore bagnolese, singolare, interessante, influenzato e permeato dall’atmosfera  sempre magica, spesso surreale, a volte ermetica del continente latino-americano dove ha vissuto la sua infanzia, Alejandro ha ritrovato la stessa atmosfera fantastica, bucolica respirando la verde Hirpinia, è cresciuto e maturato consolidando e testimoniando quest’antico rapporto d’amore dell’uomo nei confronti della montagna incontaminata e ricca di fascino dove nidificano ancora le aquile, dove è ancora possibile ritrovare se stessi, riconciliarsi con la Natura e riscoprire se non la gioia di vivere, almeno momenti di serenità.

Alejandro è un ragazzo normale, troppo normale il che lo rende “diverso” dagli altri ragazzi (… e allora può volare, scrivere di se stesso e degli altri anche se il più delle volte non lo si capisce o il fraintendimento è ricorrente, dicasi pure che è irriverente ma è dotato di attività cerebrale che lo porta orgogliosamente ad affermare di avere un cuore rosso che batte a sinistra e che si contrae spasmodicamente ogni volta  per un africano morto ripescato nel Mediterraneo…).

“Vagavo come sempre… in quei monti trovai la quiete d’animo, la musica della natura mi librò, la sua vista mi commosse, i suoi odori mi estasiarono…

Essere se stessi nella società non era più possibile e il sistema mi sembrò una gabbia che si restringeva giorno dopo giorno sempre di più, io dentro vivevo come un canarino che meccanicamente sopravvive agonizzante…

Ero per tutti un perdigiorno, un buffone, ma non me ne curavo affatto, poiché ero distratto dalla ricerca ostinata della bellezza.

Ad un certo punto non mi importò più dei significati imposti, dalla semiotica del mio tempo, mi sganciai letteralmente dalla scala sociale dei valori…partii in una mite mattina di aprile e mentre il paese fermentava in piazza già di piacevole chiacchiericcio denigratorio o di insulsi argomenti imboccati dalla televisione generalista, io facevo tabula rasa!

Vivevo nell’estasi… i miei sensi rinvennero, tutti, gioivano, rabbrividivano, assistevo alle sfumature della natura che mutavano con le stagioni, il verde, il giallo, il marrone, il rossastro… la primavera regalava fiori variegati, dal viola all’arancio, ma l’autunno era la stagione che preferivo, mi trascinava in un vortice di intensa riflessione che guidava la mia penna a descrivere tutto ciò che i miei sensi apprezzavano… abbracciavo la valle spalancando le braccia e le gambe, accarezzavo, la natura e tutta la sua essenza, la ingerivo  a grossi bocconi, la inalavo attraverso prolungati respiri…e via da solo verso la bellezza, verso quei tramonti che mi trascinavano nell’incanto, verso le aurore che mi accecavano di fascino, a commuovermi sempre di tanta magnificenza e sontuosità! Autunno, stagione intrisa di profondità d’emozioni, mesto e gaio, i fuochi all’aperto, gli intensi scrosci e pensieri sparsi come foglie! Poi l’inverno, il duro, forte, virile, la mia prova di forza e resistenza, la neve nivea, il risveglio della vita in primavera che canta, suona e danza, e l’estate, la luce, il mio corpo nudo, i bagni nella sorgente, il sudore!

Se la felicità non è mai assoluta, era comunque arrivata ad un punto soddisfacente: cavalcavo per valli sterminate e boschi profondi respirando la letizia, volteggiando ed in picchiata godevo, correvo nudo sull’acqua ed accarezzavo tutti i fiori del mondo, mi affidavo al vento, foglia in balìa delle raffiche in attesa del riflesso ad ali spiegate!

…quando mi hanno prelevato e trascinato di forza, sono sicuro, ho sentito il bosco piangere!!!

Non capii li per li, ma ora realizzo, per tutti io sono un pazzo, poiché ho deciso di vivere diversamente, perché sono stato libero, perché sono un incosciente sognatore, matto perché diverso e sognatore!

La società ha paura dell’insolito, del differente, ma soprattutto ha paura che la gente possa ancora sognare di vivere in maniera dissimile da quella corrente, le persone hanno perso la capacità di immaginare e di sognare…

Bussano alla porta che stridulamente si apre, mestamente si chiudono gli ultimi echi di un sogno infranto!

P.S. per quanto la mia opinione valga meno di niente, ritengo che il racconto “Echi” di Alejandro Di Giovanni sia un “piccolo” capolavoro! “Bravo!”

                                                                                                       

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