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Il valore culturale del Laceno d’Oro

09.10.2013, In ricordo di Carlo Lizzani, il gentiluomo (da “Ottopagine”)

La prefazione di Carlo Lizzani al libro “Con Pasolini cominciammo”

Il ”Laceno d’Oro” ha rappresentato un simbolo di coerenza e dinamismo del cinema italiano, che in qualche modo, distaccandosi dal Neorealismo, sembrava perdere di vivacità. Questo timore, in realtà, non si è poi concretizzato, perchè sull’eredità del Neorealismo si sono formate poetiche e autori importanti; tuttavia in una certa fase sembrava che questo distacco dal Neorealismo costituisse una negazione di tale movimento, e il “Laceno d’Oro” fungeva da puntello, da bandiera del cinema ispirato alla realtà.

Per questo il Festival internazionale del Neorealismo elesse a proprio “patrono” Cesare Zavattini, e quindi me, Vancini ed altri cineasti più legati a quella ispirazione, e tutti noi abbiamo sostenuto con convinzione e continuità l’impegno dei suoi promotori Camillo Marino e Giacomo d’Onofrio.

Ma il “Laceno d’Oro”, va detto, non è stato solo questo: era anche l’occasione, per il cinema italiano, di un confronto popolare, di un contatto con un pubblico più vasto ed eterogeneo di quello che seguiva le rassegne promosse da altri critici a Roma, Milano e in altre grandi città d’Italia. Un festival cinematografico che aveva anche, direi, un carattere quasi provocatorio per la zona in cui si svolgeva, l’lrpinia, un’area del Mezzogiorno che accusava, rispetto al resto d’Italia, un evidente ritardo sul piano delle iniziative culturali.

Il festival promosso da Marino e d’Onofrio, pertanto, riusciva a creare un rapporto costante tra gli autori italiani e il pubblico, popolare e formato in prevalenza da giovani, che a sua volta non aveva molte occasioni per confrontarsi con il cinema e con l’arte.

Il “Laceno d’Oro”, inoltre, ha saputo guardare al di là degli orizzonti, non solo locali ma anche nazionali, soprattutto verso l’Est europeo e verso tante aree del mondo, dall’Europa settentrionale all’America Latina, ai paesi in via di sviluppo dell’Asia e del Sud del mondo.

Con il senso della prospettiva, direi che la caratteristica peculiare del “Laceno d’Oro’ è proprio la durata nel tempo, unita alla coerenza con cui Marino e d’Onofrio seppero tenere, anche all’interno della sinistra, una linea estetico-ideologica che non indulgeva all’estremismo. Al gruppo di “Cinemasud” e del “Laceno d’Oro’, in primo luogo a Camillo Marino, va quindi a mio avviso anche il merito di essersi opposto con coraggio, in una prima fase, alle posizioni reazionarie della destra politica e della censura, e successivamente, con altrettanta energia, ad un sessantottismo vellettario, riuscendo ad evitare al Festival quella deriva contestatrice che ne avrebbe minato il carattere di rassegna progressista, fedele al realismo, intellettualmente onesta.

Carlo Lizzani

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08.10.2013, Articolo di Paolo Speranza (da “Ottopagine”)

Lizzani, il neorealismo e il suo legame con Irpinia e Sannio

Quell’imprevista, assenza all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, dove era ancora una volta uno degli ospiti più attesi, si è purtroppo rivelata premonitrice. Non era da lui, da Carlo Lizzani (cineasta attivissimo e vitale nonostante i suoi 91 anni e, prima ancora, gentleman di parola e di elvetica puntualità), venir meno ad una conferenza stampa, a maggior ragione in quel festival che da presidente ha contribuito a riportare agli antichi fasti, e tantomeno per un appuntamento sul Neorealismo, la stagione più importante del cinema italiano, di cui è stato prima protagonista e propulsore e poi storico rigoroso.

Non eravamo solo ladri di biciclette. Neorealismo si intitola il documentario di cui Lizzani ha scritto il soggetto e la sceneggiatura, per la regia di Gianni Bozzacchi, presentato a Venezia la mattina del 30 agosto. Ad illustrare questo importante progetto multimediale concepito negli Usa mancava solo lui, e non a caso la prima domanda dei giornalisti presenti fu: “Come mai non è venuto Lizzani?”. Con la consueta cortesia, si era però premurato di inviare una lettera, per togliere dall’imbarazzo i produttori del documentario e ribadire la sua convinta adesione ad un’idea in cui credeva, realizzata in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia.

Era stata una caduta a tenerlo lontano da Venezia, dove appena due anni prima aveva presentato, con Ugo Gregoretti, Citto Maselli e il regista di origine irpina Nino Russo, il film collettivo Scossa, in ricordo del terremoto di Messina.

Con la proiezione di Scossa, e del work in pr0gress Neorealismo, le due principali manifestazioni cinematografiche dell’Irpinia (il “Laceno d’Oro”, promosso dal circolo ImaginAzione) e del Sannio (il “Mulino del Cinema”, organizzato dalla Solot con la direzione artistica di Maria Laura Simeone), avevano in programma di onorare a dicembre Carlo Lizzani in una serata speciale, concepita dalle due rassegne in maniera autonoma ma a maggior ragione rivelatrice di una comune idea del cinema: d’autore, di qualità, di impegno civile.

Per questo il “Laceno d’Oro” e il “Mulino” non rinunceranno all’idea: sarà un omaggio in memoriam, con un fondo di commozione e tristezza, ma doveroso e sincero, per uno degli ultimi Maestri del cinema italiano e un cineasta sempre vicino al Sud, al’Irpinia ed al Sannio.

L’impegno meridionalista, che in Lizzani era tutt’uno con la militanza politica nel Pci, si era concretizzano fin dal 1950 in un importante documentario sulle lotte contadine e sulla crescita democratica del Sud, Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato. Come era cambiato, in senso progressivo e tecnologico, il Sannio del nuovo millennio, dove Lizzani era tornato nel 2007 con entusiasmo e fiducia per offrire la direzione artistica e il suo prestigioso imprimatur ad un documentario realizzato dalla Provincia di Benevento, voloto dall’allora presidente Carmine Nardone, per la regia di Paolo Cingolani, a cura del giornalista Luigi La Monaca: Benevento capitale del Sannio è il titolo del capitolo dedicato a questa provincia nella collana Italia in Dvd, diretta da Lizzani, che si apre con le immagini dell’innovativo sistema di produzione della fabbrica Agusta ed è tutto giocato sulla felice convivenza di nuovo ed antico nella provincia un tempo “stregata”, superando così una buona volta radicati e ormai stucchevoli stereotipi.

Lo stesso anno, il 5 agosto, il regista era tornato in Irpinia, ospite d’onore della serata finale del “Premio Sergio Leone”, che doveva purtroppo coincidere – per responsabilità della Provincia di Avellino e dell’entourage demitiano – con l’ultima edizione targata Gianni Mnà e con il “canto del cigno” di quella manifestazione. Il premio e il caloroso applauso tributati quella sera a Lizzani (protagonista di un lungo e interessante colloquio con Minà, tuttora inedito, che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Quaderni di Cinemasud”) costituirono l’ennesimo riconoscimento del popolo irpino ad un cineasta di prim’ordine, amico da sempre dell’Irpinia. Amico, innanzitutto, di Camillo Marino – conosciuto (con Gilio Pontecorvo) fin dai primi anni Cinquanta nelle assemblee a Botteghe Oscure della federazione giovanile comunista – il giornalista avellinese che fondò “Cinemasud” e il ”Laceno d’Oro”, il Festival internazionale del cinema neorealistico di cui Lizzani fu ospite e premiato la prima volta nel 1965 (per il film Il processo di Verona) a Bagnoli Irpino, quindi convinto assertore – al pari di Pasolini, Zavattini, Domenico Rea – e infine presidente della giuria nella memorabile edizione al Cinema Eliseo di Avellino.

In questa veste, in un’intervista del 1977 al settimanale cattolico irpino “Il Ponte”, dichiarava: “Il “Laceno d’oro” continua a distinguersi per la partecipazione popolare che accompagna le varie fasi della rassegna. Anche quest’anno il pubblico ha seguito la manifestazione con un entusiasmo che è difficile riscontrare altrove”.

Un sostegno autorevole che Lizzani ha ribadito, con la discrezione e la coerenza che sono state le sue doti peculiari, fino all’ultimo, anche nei confronti di chi ha salvaguardato l’eredità culturale di Camillo Marino e Giacomo d’Onofrio: è del 2006 la sua preziosa prefazione al volume “Con Pasolini cominciammo”. Antologia e immagini del “Laceno d’Oro”, edito in un’elegante veste grafica da Mephite, e di pochi mesi fa una prefazione al libro di una giovane studiosa di Roma, Martina Bonichi, edito nella nuova collana CinemaSud: The End. La solitudine dello spettatore, che dopo il successo alla Libreria del Cinema di Roma sarà presentato il prossimo 25 ottobre a Napoli nella sede dell’Istituto degli Studi Filosofici.

                                                                                                       

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