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S.O.S. castagneti, attenti agli “imbonitori illuminati”

07.10.2013, Email di Adamo Patrone

La lotta biologica (antagonista torymus) e la lotta a calendario.

Vorrei rammentare a qualcuno in relazione ad alcuni articoli letti, che magari prima di porre nero su bianco bisognerebbe documentarsi un po’ per avvalorare ciò che si scrive, in modo da non far credere a chi legge che la soluzione è dietro l’angolo e ci stiamo “dormendo su”. Attenzione, basti guardare striscia la notizia e renderci conto che falsi guaritori in circolazione ve ne sono molti, quindi andiamoci cauti poiché la partita che si gioca oggi sarà determinante per il futuro delle nostre generazioni.

A prescindere dalla sua semplicità concettuale e della sua razionalità, la lotta a calendario è un metodo di difesa obsoleto che pone seri problemi d’incompatibilità nei confronti sia della salute dei consumatori, sia dell’integrità ambientale. I problemi sono scaturiti dall’evidenza dell’impatto negativo avuto dai fitofarmaci di seconda generazione nel lungo termine (tossicità cronica, persistenza) e di terza generazione nel breve termine (tossicità acuta). Il punto debole della lotta a calendario risiede infatti nel presupposto che la difesa debba essere condotta preventivamente e NON AD INFESTAZIONE IN ATTO indipendentemente dalla sua necessità, causando diversi effetti collaterali, di cui quelli che seguono in elenco sono i più importanti:

  • Impiego più consistente di prodotti fitoiatici. Questo aspetto ha due importanti e gravi conseguenze: da un lato fa lievitare sensibilmente i costi di produzione, da un altro ha un notevole impatto sull’ambiente e sulla qualità dei prodotti, a scapito della salute dei consumatori.
  • Scomparsa degli organismi ausiliari. L’impiego, in passato, di insetticidi a largo spettro d’azione o, comunque, poco selettivi, ha avuto un notevole impatto sulle popolazioni dei predatori naturali. Gli stessi criteri della semplificazione degli agrosistemi e dell’abbattimento a livello zero delle popolazioni del fitofago hanno un impatto negativo sulla dinamica delle popolazioni dei parassitoidi.
  • Insorgenza di fenomeni di resistenza. Il ricorso indiscriminato agli endoterapici è causa d’insorgenza di resistenze genetiche al principio attivo. La comparsa delle resistenze pone seri problemi in quanto tende a vanificare i trattamenti chimici, portando ad una loro intensificazione sia nel numero sia nei dosaggi nel tentativo di arrestare le infestazioni.

Le ragioni suddette hanno reso la lotta a calendario un approccio obsoleto e privo di efficacia nel lungo periodo, favorendo la sua progressiva sostituzione con metodi di lotta più complessi ma più efficaci nel lungo periodo e meno dannosi in fatto di impatto ambientale e igienico-sanitario.

Il discorso cinipide non è nuovo nella storia della castanicoltura mondiale, noi l’abbiamo solo “ereditato”, di certo non siamo stati i primi ad avere avuto il problema, ma prima di noi l’imenottero è stato protagonista di un tour mondiale.

L’insetto, originario della Cina, fece la sua prima comparsa nel 1941 in Giappone, e nell’anno di circa 20 anni colonizzò gran parte delle aree castani colo giapponesi, arrecando gravi danni alla produzione. In questi 20 anni si provò di tutto per debellare l’insetto, dalla lotta chimica sistemica con isetticidi generici a basso impatto ambientale, all’utilizzo intorno agli anni ‘60 persino del comunissimo D.D.T. vaporizzato. Negli stessi  anni e negli anni successivi, la selezione di varietà resistenti o tolleranti al cinipide permise una ripresa della castanicoltura, ma nell’arco di pochi anni l’insetto riuscì a superare queste forme di resistenza.

La svolta decisiva avvenne quando negli anni ’70 in Cina venne riscontrata la presenza dell’imenottero Torymus Sinensis. Nel 1982 vennero effettuate le prime introduzione del Torymus in pieno campo nel Giappone centrale e nel Giappone sud occidentale, successivamente vennero effettuati lanci in altre località.

L’insetto rientrò sotto la soglia critica di danno (pari al 30%) in circa 8 anni (media ponderata unificata).

Voglio sottolineare che la scarsa efficacia di trattamenti insetticidi nel contenere le infestazioni di Cinipide era già stata messa in evidenza dalla letteratura (Moriya et al.,1989; Cooper and Rieske,2007) poi confermata anche da prove condotte in Piemonte (ITALIA).

Concludo facendo questa riflessione allargandola a chi legge, personalmente credo che chi prima di noi per arrivare a tali conclusioni abbia impiegato un lasso di tempo che si aggira intorno ai 41 anni, anno più anno meno, per preservare un prodotto con mercato mondiale libero da tossine letali ma soprattutto per salvare l’integrità biologica dell’habitat circostante e la salute delle generazioni successive. Non vorrei dare ascolto a qualche “illuminato” e  trovarmi tra 20, 30 anni ad osservare persone intente a combattere una malattia terminale o vedere che tutto ciò che mi circonda muore a causa dall’INQUINAMENTO, anche se forse in quel caso forse saprei cosa fare, semplice, trovare un altro santo guaritore con la bacchetta magica.

                                                                                                       

1 Commento »

  • redazione scrive:

    Email di chiarimento di Adamo Patrone:

    “Relativamente all’articolo pubblicato sul vs sito in data 07/10/2013 (e riproposto anche da “Il Corirere” in data 09.10.2013), porgo questa mia nota all’attenzione del lettore per chiarire alcuni aspetti del mio intervento.
    Innanzitutto porto a sottolineare che la mia risposta è indirizzata ad un articolo precedente pubblicato su un’altra rivista zonale, e vuole solo far capire le differenze concettuali tra metodi di lotta diversi, in primo punto.
    In secondo punto la lotta chimica che era intesa nell’articolo, voleva essere quella attuata con i prodotti non registrati sul mercato.
    Per quanto mi riguarda la nostra castagna è un prodotto biologico e non rischioso per la salute umana, in quanto i prodotti utilizzati per i suoi possibili trattamenti sono registrati e autorizzati a norma di legge.
    Mi scuso per il quipruoco indotto alla riflessione del lettore, ma risottolineo che la castagna dell’Alta Irpinia è una castagna priva di qualsiasi sostanza virulenta e pericolosa per la salute del consumatore.
    Insomma la nostra castagna è commestibile a tutti gli effetti, dal produttore , passando dal raccoglitore e dal grossista, per poi arrivare al consumatore finale, il prodotto non è oggetto di trattamenti nocivi per la salute dell’uomo.
    Chiedo scusa per l’incompresione indotta ma il mio articolo di certo non stava a dare quell’indicazione sul processo di produzione della nostra castagna, che ripeto è un prodotto commestibile a tutti gli effetti e privo di qualsiasi tossina nociva per la salute umana.”

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