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Storie di sogni e di speranze

25.08.2014, L’intervista a Rosario Infante (di Giulio Tammaro, da “Fuori dalla Rete” – Agosto 2014, Anno VIII, n.4)

Quando ad emigrare eravamo noi.

L’Italia è da sempre un porto di mare, gente che va gente che viene. Ed è attuale la polemica sugli sbarchi clandestini a Lampedusa, sulle responsabilità che dovrebbe assumersi l’Unione Europea, sull’operazione “Mare Nostrum” lanciata lo scorso anno dal Governo Letta, che ha come obbiettivo la salvaguardia del maggior numero di vite umane e allo stesso tempo quella di assicurare alla giustizia coloro i quali lucrano sul traffico illegale di migranti.

Alcune statistiche in merito rilevano a tal proposito che ormai l’Italia è diventato un Paese di passaggio per chi sbarca sulle nostre coste, l’obbiettivo nella maggior parte dei casi è quello di raggiungere la Francia, la Gran Bretagna e la Germania.

Le discriminazioni razziali non mancano, dimenticando spesso che i nostri padri sono stati emigranti, che anche loro hanno subito tante forme di razzismo e che una nuova onda di giovani, come i loro nonni, a prescindere dal titolo di studio, decide oggi di emigrare all’estero in cerca di un futuro migliore.

Ecco da qui nasce l’idea di questa intervista. La scelta è stata casuale ma il personaggio che abbiamo intervistato non lo è affatto. Rosario Infante classe 1930, da tutti conosciuto col soprannome di “Berlinguer era il capo dei comunisti svizzeri, l’organizzatore dei tanti pullman rossi programmati in occasione delle elezioni amministrative  a cavallo fra gli anni ‘60 e e gli anni ‘80.

Rosario, negli anni ’50 come tanti altri sui coetanei decise di cercare fortuna all’estero e di ritornare in patria solo dopo aver maturato la pensione.

Quando ha deciso di emigrare?

Ho deciso di emigrare all’età di ventisei anni e precisamente nel 1956.

Quali ragioni l’hanno spinta ad emigrare?

Ragioni di carattere puramente economico. Avevo una famiglia da portare avanti ed è per questo che ho deciso di emigrare.

Quanti anni ha trascorso all’estero?

Ancora oggi risiedo in Svizzera e trascorro parte dell’anno lì dove vivono i miei figli. Stabilmente ho vissuto in Svizzera dal 1956 al 1995 anno in cui ho maturato la pensione.

Cosa sapeva della Svizzera prima di partire?

Sapevo soltanto di dover andare a Losanna, di avere un contratto lavorativo, stipulato grazie all’interessamento di mio cognato che era partito un anno prima di me e di dover fare il contadino.

Conosceva qualcuno in Svizzera quando è partito dall’Italia?

Conoscevo mio cognato che già viveva lì con la sua famiglia e i tanti bagnolesi emigranti come me.

Ha mai cambiato lavoro?

All’inizio lavoravo a Losanna. Scaduto il passaporto mi hanno rinnovato il contratto però ho cambiato Cantone e mi sono trasferito a Ginevra, dove ho continuato a fare il contadino fino al 1961. In quell’anno sono stato assunto da un’impresa edile che l’anno successivo è fallita. Ho cambiato ditta ma non mestiere e con il nuovo “padrone” ho lavorato ben 34 anni. Io ero manovale e ho lavorato prima nell’edilizia e poi quando il mio impresario ha iniziato anche a espandere la ditta nel settore degli spurghi di fognature e pozzi nero, mi hanno trasferito in quel settore.

Parliamo di rapporti sociali, si è mai integrato nella nuova realtà?

Non ho scelto di emigrare, sono stato obbligato, a Bagnoli non c’era lavoro, però la Svizzera è una Nazione che non posso disprezzare. Mi ha dato lavoro per quarant’anni.

La sera comunque uscivamo, ho fatto anche attività politica, ero membro dell’esecutivo del Partito Comunista che all’epoca era fuorilegge e ci riunivamo di nascosto nei caffè. Negli anni ottanta abbiamo anche formato il circolo Campano che è stato attivo fino a pochi anni fa.

Ha mai subito forme di razzismo?

In quegli anni gli italiani subivano forme di razzismo soprattutto dai “cugini” francesi ma a Ginevra noi e gli spagnoli eravamo in maggioranza e sapevamo difenderci molto bene. Una sera eravamo in un caffè, ad un certo punto un francese rivolto a noi ci disse: “acchiappa l’italiani”, noi ci alzammo per prenderlo, il proprietario del caffè, che era di origine spagnola lo prese e lo cacciò fuori dal locale.

Perché ha deciso di ritornare?

Io risiedo ancora in Svizzera anche se adesso passo parte dell’anno a Bagnoli, la mia famiglia vive in Svizzera. Quindi non sono tornato del tutto!

                                                                                                       

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