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Il fascino indecente della politica e quello discreto della bellezza

02.07.2015, Articolo di Alejandro Di Giovanni (da Fuori dalla Rete – Giugno 2015, Anno IX, n.4)

Il mestiere della politica, l’unico a non prevedere alcun tipo di preparazione o competenza teorica e pratica, più accessibile del lavapiatti e più falso della recitazione cinematografica, ha svalutato ogni sua iniziale credenziale di rispettabilità, decoro e onorabilità. Questi personaggi circensi, ornati da simboli svuotati di senso e da slogan miserevolmente patetici, hanno il mancato pudore della decenza e del buon senso. Passata la sbornia megalomane di un’ ambizione meramente egoistica e materialistica, tornano al letargo d’ una apatica inoperosità sociale per ridestarsi solo alla prossima tornata di lotteria politica affaristica.Poi, con la deriva buonista, inefficiente, disfattista e populista degli ultimi arrivati grillini, (internauti con la sindrome del complotto), la politica, diventata quindi affare anche dei qualunquisti, è divenuta arte della vacuità.

Un fascino indiscreto e presuntuoso, richiamo incontrollato e sdoganato da qualsiasi parvenza di umiltà e coscienza. Il fascino indiscreto della politica è il fascino del potere, del successo, della riconoscibilità; è il fascino che porta con sé tutte le miserie umane del ventunesimo secolo, che abbindola l’uomo fallito e mediocre nelle proprie aspettative. Le eccezioni, che pur esistono, pesano sul tutto come una goccia di pioggia che incontra il mare. Fascinosa e nobile arte per pochi della gestione pubblica, oramai arte indegna dell’affare alla portata di tutti.

Il fascino autentico trascende l’esperienza dei sensi e si riversa interiormente, è il fascino artistico che sublima lo spirito, è l’arte vera e non quella del commercio elettorale che corrompe l’anima rendendola schiava dei bisogni ostentatori del corpo, è il bisogno di estasi ed evasioni. E’ il fascino discreto della bellezza, visibile solo a chi sa coglierla nel suo pieno appagamento, accessibile solo a chi la ricerca. E’ nel mondo, è in ogni suo centimetro di terra, aria e acqua, è nelle arti umane tanto consolatorie realizzate da rari animi sensibili e spesso in pena.

Se a Bagnoli gli scritti sulla politica non hanno portato da nessuna parte, caduti nel vuoto delle esistenze egoistiche di una mentalità atavica troppo dura da scalfire, direi che allora il giornalino e i suoi scrittori dovrebbero adoperare la penna per decantare la bellezza, partendo quindi dall’anima anziché dalla mente, sensibilizzare attraverso l’arte della bellezza, indirizzare i propri sforzi sulla cultura, solo così si può immaginare un futuro diverso per questo paese. Certo, il gossip politico locale sarà ancora il tema preferito, ma noi non dobbiamo andare incontro alle esigenze modeste del popolo, è il popolo che deve dirigersi verso l’articolo e verso l’arte, non l’inverso. Questa associazione culturale, se vuole raggiungere gli obbiettivi del suo essere culturale, deve elevarsi ed elevare, avere anche il coraggio di non piacere, ma di piacersi.

La politica ha deluso troppo, e oramai è affare di tutti (con internet ancor di più), la sua indiscreta indecenza deve abdicare a favore di cause più nobili, se trattata deve avere l’ampio respiro di una visione meno miope e settaria, avere almeno la decenza dell’ onestà e dell’intelligenza. Ritrovare l’etica (in senso lato) perduta, perché se come dice Woody Allen i politici ne hanno una tutta loro, ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale, noi scrittori, osservatori, abbiamo almeno il dovere di provare a ripristinare questa malandata etica, di riabilitarla e riesumarla. La strada è impervia, il popolo culturalmente moribondo (e insensatamente vittimista e lamentoso) riverbera il suo pessimo stato di salute su quello della politica, meritando siffatti rappresentanti folcloristici locali e non (a livello nazionale col dilagare di sconcertanti populisti e xenofobi).

Allora non vale più la pena di perdere il mio tempo dietro al vostro insensato accanimento terapeutico politico, gli sforzi devono essere orientati alla radice, alla cultura che sottende la bellezza e l’etica. Il percorso è lento, ma qualcosa emerge già da queste pagine: la storia e la narrativa di Aniello Russo, l’ arte locale decantata da Federico Lenzi, la letteratura di Antonella Iuliano, le poesie dei poeti locali…

Una promessa fatta a me, una sfida al giornalino: esulare la perniciosa questione politica in favore della cultura in senso stretto e delle arti che ne derivano, anche a discapito dell’ interesse del popolino. A seguito di una crescita culturale, credetemi, ma ci vorrà del tempo (non so se riusciremo a vivere tanto da poterne beneficiare), avremo per il nostro comunque adorato paesino una possibilità di riscatto anche della politica; non si può partire dalla politica per arrivare alla cultura, il contrario sì. Si ha allora come la sensazione di aver perso del tempo dietro a questi commedianti da paese prestati alla politica; un po’ poteva essere già stato percorso in effetti, abbiamo finito invece per restare immobili cercando di sfondare la porta blindata che dava direttamente sulla via più breve, e finendo addirittura con l’essere giudicati scorrettamente proprio come quello e quelli che cercavamo di abbattere (con l’aggiunta dell’arroganza). Questo vizio di forma è prima di tutto un vizio di precaria e instabile sostanza culturale.

Bagnoli, non sono disposto a morire con te, ma sarò ben lieto di vederti ridestare e risplendere come da oramai troppo tempo non sai fare più.

                                                                                                       

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