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Rapporto migrantes – in Alta Irpinia si salva solo Lioni. A Castelfranci i redditi più bassi. Guardia, il paese più vecchio

18.12.2010, Corriere dell’Irpinia

Lo studio è stato compiuto su tutti i 119 Comuni della provincia di Avellino, sottolineandone evoluzione, continuità e discontinuità nell’arco temporale che va dall’indomani del sisma del 1980 ad oggi.

Sono stati presentati ieri presso la Camera di Commercio di Avellino i dati relativi al sesto Rapporto Italiani nel mondo, ricerca condotta dalla Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana.
L’iniziativa è stata promossa dall’assessorato alla Cultura di Piazza del Popolo e da Confindustria Avellino – coinvolgendo tutti i 119 sindaci della provincia di Avellino alla presenza di Mons. Francesco Marino, vescovo di Avellino e del sen. Nicola Mancino. Nell’edizione di quest’anno la Fondazione Migrantes ha deciso, tra i focus principali, di analizzare la condizione migratoria della Provincia di Avellino a 30 anni dal terremoto del 1980. L’obiettivo della ricerca è stato quello, da un lato, di analizzare e sottolineare dal punto di vista meramente storico e demografico l’interdipendenza tra due peculiarità della provincia di Avellino, ed in essa dell’Alta Irpinia: l’alto tasso di sismicità e di cronica emigrazione, che hanno interessato nelle varie fasi della storia questo territorio; e, dall’altro, di analizzare l’interconnessione, tra le cifre dello spopolamento ai tassi d’incidenza sulla popolazione residente rispetto a quella emigrata all’estero. Lo studio è stato compiuto su tutti i 119 Comuni della provincia di Avellino, sottolineandone evoluzione, continuità e discontinuità nell’arco temporale che va dall’indomani del sisma del 1980 ad oggi, correlando questo dati con i dati ed i tassi migratori antecedenti il terremoto, ovvero, quelli che si riferiscono al ventennio 1951-71. Infine, nel saggio viene evidenziato il trend di spopolamento per quanto concerne l’ultimo decennio (2001-09).

Di seguito uno stralcio della relazione sul rapporto Italiani nel mondo 2010

Sono passati trent’anni dalla tragica sera del 23 novembre 1980. Molte cose sono cambiate, molte speranze sono state deluse e tradite. Non spetta a noi, in questa sede, fare delle valutazioni su come siano state spese le ingenti cifre – oltre 30 miliardi di euro (pari ad una manovra finanziaria) – su quanto alto sia stato il costo di ogni chilometro di asse viario realizzato e non ancora realizzato; su quanto sia costato ogni posto di metalmeccanico creato grazie agli incentivi statali e quanto questi soldi abbiano agevolato l’imprenditoria del Nord del Paese. Non tocca a noi valutare il reale impatto della fiatizzazione e dell’intero indotto in Irpinia, soprattutto oggi che grossa parte di questo indotto vive l’amara realtà della cassa integrazione e delle probabili chiusure. Non tocca a noi valutare le ridefinizioni dei tanti piccoli centri storici che in nome di nuovi modelli abitativi e dei tanti soldi che sono arrivati per la ricostruzione, molti amministratori locali non hanno avuto scrupoli nell’abbattere. Non tocca a noi valutare se un reale progresso ci sia stato e se questo sia stato accompagnato da un reale sviluppo. Come non spetta a noi valutare quante e quali generazioni hanno usufruito del miracolo terremoto, oppure, quanto risulti paradossale in zone sismiche come queste correre il rischio di vedersi cancellare ogni presidio ospedaliero di base.
In questa sede a noi spetta il compito di valutare e mettere in correlazione il fenomeno migratorio che ha interessato la realtà territoriale in questione, osservandone in modo critico l’evoluzione, ma soprattutto verificando cosa è accaduto e cosa hanno prodotto tanti sforzi in una pur minuscola realtà territoriale del Mezzogiorno d’Italia. In altre parole, analizzando in rapporto con i dati antecedenti il sisma del 1980, come e se si è arrestato l’ingente flusso migratorio, che fa della provincia di Avellino, con i suoi quasi 100.000 iscritti all’A.I.R.E., la prima provincia
campana come tasso d’incidenza. Comparando i dati del censimento ISTAT del 1981 con gli ultimi attualmente disponibili (2009), mettendoli in relazione con i dati dell’A.I.R.E ed usando come matrice principale i primi, notiamo come a distanza di 30 anni dal terremoto dell’80, ben 55 Comuni perdono oltre il 10% di popolazione.
Le percentuali vanno da oltre il 56% di Cairano, ad oltre il 40% di Montaguto e Morra de Sanctis; inoltre, ben 31 Comuni perdono oltre il 20% di popolazione rispetto al post-sisma. Inoltre, è significativo notare da un lato l’interconnessione con i dati del decennio antecedente il sisma, ma soprattutto come tutti i Comuni della fascia A, ad eccezione di Lioni (+9,4%), Solofra (+24,1%) e S. Michele di Serino (59,4%), continuino a perdere popolazione. Un ulteriore elemento significativo è quello relativo ai Comuni di seguito classificati, dove notiamo che ai primissimi posti ci sono i Comuni dell’Alta Irpinia (in senso ampio, della Baronia e dell’Ufita), in altre parole i Comuni rientranti nelle zone a maggiore tasso di spopolamento storico (confrontate con i decenni precedenti).
Se approfondiamo i dati relativi solo all’ultimo decennio, focalizzando l’attenzione sui primi 10 Comuni che perdono popolazione, notiamo come molti dei Comuni che ricoprono nella lunga durata posizioni più basse, salgono in maniera notevole nella classifica delle maggiori perdite. Anche in questo caso, ad eccezione di Quindici, comune colpito dalla tragedia dell’alluvione del 1998, ritroviamo ai primissimi posti tutti Comuni dell’Alta Irpinia in senso ampio e complessivamente 66 Comuni, sui complessivi 119 che perdono popolazione, con un aumento complessivo per la Provincia di Avellino di 10.000 residenti, cifra pari, grosso modo, al contingente degli immigrati.
Infine, per quanto attiene al quadro generale di riferimento rispetto alle presenze, alla loro articolazione e presenza all’estero, riproponiamo la classifica degli irpini nel mondo in base al tasso d’incidenza (ovvero in % rispetto ai residenti attualmente presenti in un dato comune) e poi successivamente rispetto al numero assoluto.
Analizzando e confrontando le due tabelle appena riproposte, notiamo come, nella prima, quella relativa alla % d’incidenza, ritroviamo grosso modo Comuni dell’Alta Irpinia, mentre nella seconda prevalgono, anche se il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi resta nei primissimi posti, Comuni strutturalmente più grandi sui quali l’incidenza è minore.
Rispetto ai dati del Rapporto Migrantes Italiani nel Mondo del 2009, quest’anno il numero complessivo dei cittadini della Provincia di Avellino residenti all’estero è passato dai 97.356 ai 99.499 (al 23 aprile 2010) con incremento di oltre 2.000 unità. Per quanto riguarda i continenti d’insediamento, il grosso è presente in Europa (58.586). Ciò sta ad in indicare, da un lato, l’ingente flusso verso il continente europeo a partire dagli anni ’50 del secondo dopoguerra, ma soprattutto sottolinea il principio della prevalenza in paesi nei quali prevale lo jus sanguinis rispetto allo jus soli.
A seguire, 23.348 irpini sono presenti nell’America Latina; 14.269 vivono tra Stati Uniti e centro America; 2.721 in Australia e Oceania; 505 in Africa e 70 in Asia. Infine, per quanto attiene ai paesi di destinazione, a prevalere è la Svizzera con oltre 25.225 residenti. A seguire: l’Argentina 13.367; Regno Unito 9.548; Germania 9.349; Stati Uniti 9.025; Belgio 6.450; Venezuela 6.286; Francia 6.116; Canada 4.529; Australia 2.702; Uruguay 1.636; Brasile 1.471 e Spagna 1.066. I restanti oltre 2.700 irpini sono distribuiti in tutti i paesi del mondo, tra questi, si notino gli oltre 450 in Sudafrica e i 370 in Colombia.

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18.12.2010, Ottopagine

A Castelfranci i redditi più bassi. Guardia, il paese più vecchio

Gli immigrati ripopolano i comuni. Il rapporto Migrantes. Negli ultimi dieci anni l’Alta Irpinia ha perso oltre 10mila residenti, di fatto sostituiti dagli stranieri.

Sono passati trent’anni dalla tragica sera del 23 novembre 1980. Molte cose sono cambiate, molte speranze sono state deluse e tradite. Difficile fare delle valutazioni su come siano state spese le ingenti cifre – oltre 30 miliardi di euro (pari ad una manovra finanziaria) – su quanto alto sia stato il costo di ogni chilometro di asse viario realizzato e non ancora realizzato; su quanto sia costato ogni posto di metalmeccanico creato grazie agli incentivi statali e quanto questi soldi abbiano agevolato l’imprenditoria del Nord del Paese. O valutare il reale impatto della fiatizzazione e dell’intero indotto in Irpinia, soprattutto oggi che grossa parte di questo indotto vive l’amara realtà della cassa integrazione e delle probabili chiusure. E, ancora, le ridefinizioni dei tanti piccoli centri storici che, in nome di nuovi modelli abitativi e dei tanti soldi che sono arrivati per la ricostruzione, molti amministratori locali non hanno avuto scrupoli nell’abbattere. Difficile, si legge dal testo del rapporto, valutare quante e quali generazioni hanno usufruito del miracolo terremoto, oppure, “quanto risulti paradossale in zone sismiche come queste correre il rischio di vedersi cancellare ogni presidio ospedaliero di base”.
«L’obiettivo della pubblicazione – precisa Toni Ricciardi – è mettere in correlazione il fenomeno migratorio che ha interessato la realtà territoriale in questione, osservandone in modo critico l’evoluzione, ma soprattutto verificando cosa è accaduto e cosa hanno prodotto tanti sforzi in una pur minuscola realtà territoriale del Mezzogiorno d’Italia. In altre parole, analizzando in rapporto con i dati antecedenti il sisma del 1980, come e se si è arrestato l’ingente flusso migratorio, che fa della provincia di Avellino, con i suoi quasi 100.000 iscritti all’A.I.R.E., la prima provincia campana come tasso d’incidenza».
Comparando i dati del censimento ISTAT del 1981 con gli ultimi attualmente disponibili (2009), mettendoli in relazione con i dati dell’A.I.R.E ed usando come matrice principale i primi, si nota come, a distanza di 30 anni dal terremoto dell’80, ben 55 Comuni perdono oltre il 10% di popolazione. Le percentuali vanno da oltre il 56% di Cairano, ad oltre il 40% di Montaguto e Morra de Sanctis; inoltre, ben 31 Comuni perdono oltre il 20% di popolazione rispetto al postsisma. Inoltre, è significativo notare da un lato l’interconnessione con i dati del decennio antecedente il sisma, ma soprattutto come tutti i Comuni della fascia A, ad eccezione di Lioni (+9,4%), Solofra (+24,1%) e S. Michele di Serino (59,4%), continuino a perdere popolazione. Si nota inoltre che, ai primissimi posti, ci sono i Comuni dell’Alta Irpinia (in senso ampio, della Baronia e dell’Ufita), in altre parole i Comuni rientranti nelle zone a maggiore tasso di spopolamento storico (confrontate con i decenni precedenti).
I dati precedentemente analizzati si riferiscono al trentennio 1981-2009, «se invece approfondiamo i dati relativi solo all’ultimo decennio, focalizzando l’attenzione sui primi 10 Comuni che perdono popolazione, notiamo come molti dei Comuni che ricoprono nella lunga durata posizioni più basse, salgono in maniera notevole nella classifica delle maggiori perdite. Anche in questo caso, ad eccezione di Quindici, comune colpito dalla tragedia dell’alluvione del 1998, ritroviamo ai primissimi posti tutti Comuni dell’Alta Irpinia in senso ampio e complessivamente 66 Comuni, sui complessivi 119 che perdono popolazione, con un aumento complessivo per la Provincia di Avellino di 10.000 residenti, cifra pari, grosso modo, al contingente degli immigrati». Per quanto attiene al quadro generale di riferimento rispetto alle presenze, alla loro articolazione e presenza all’estero, riproponiamo la classifica degli irpini nel mondo in base al tasso d’incidenza (ovvero in % rispetto ai residenti attualmente presenti in un dato comune) e poi successivamente rispetto al numero assoluto.
Analizzando e confrontando le due tabelle appena riproposte, notiamo come, nella prima, quella relativa alla % d’incidenza, «ritroviamo grosso modo Comuni dell’Alta Irpinia, mentre nella seconda prevalgono, anche se il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi resta nei primissimi posti, Comuni strutturalmente più grandi sui quali l’incidenza è minore ».

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Molti comuni sono destinati alla desertificazione. La ricetta per invertire il trend demografico, e dunque economico, consiste in una programmazione di lungo termine, e un protagonismo assoluto delle giovani generazioni.
Ad affermarlo, il coordinatore del dossier statistico sull’emigrazione della Fondazione Migrantes, Toni Ricciardi, che analizza il “caso Castelfranci”, anche in veste di ex amministratore ed attuale consigliere di minoranza del comune alto irpino.
«Siamo il comune più arretrato della provincia, con il reddito pro capite più basso, e un indice di spopolamento pari al 14,5 per cento».
C’è un’assenza totale nella programmazione da parte dell’amministrazione comunale e nessuno sbocco economico altro dalle entrate ordinarie. Il paese di spopola perché sono soprattutto le giovani coppie ad andarsene, a causa della mancanza di edilizia popolare. I grossi interventi di natura programmatica risalgono a 30 anni fa, ma il quadro di oggi rivela che si è verificato uno sviluppo selvaggio e che la ricostruzione è stata fallimentare.
Il centro storico è stato smembrato, e questo ha sancito una frattura insanabile con la storia locale. «Oggi, è bene evidenziare, che siamo fuori da ogni tipo di tavolo programmatico intercomunale o sovracomunale. L’area Pip non è mai decollata e rispetto agli altri comuni qui non ci sono entrate alternative per fare cassa. Sono nate negli ultimi tempi due attività commerciali, ma ben cinque hanno chiuso bottega. Diciassette aziende vitivinicole ubicate sul territorio e tre marchi di qualità non riescono a compattare l’economia e a catturare investimenti. Gli amministratori intendono che l’economia sia incentrata solo sui lavori pubblici, e pensano che sia l’unico indotto. Altre risorse invece, andrebbero rivalutate e inserite in azioni programmatiche di lungo periodo».
È un atteggiamento decisamente positivo quello del sindaco di Guardia Lombardi, Vito Iuni, che commenta il primato in classifica per l’alto indice di vecchiaia della comunità che rappresenta come un sintomo di buona qualità della vita.
«Qui si vive bene» afferma, «sia per la tranquillità dei luoghi, sia per i servizi che abbiamo saputo dare. È stato aperto un centro anziani da circa due anni, che offre la possibilità di godere uno spazio comune, a scopi aggregativi, ma anche per offrire servizi diversi come i controlli medici. La scorsa settimana, ad esempio, è stata promossa una giornata per il controllo del diabete. Sono stati effettuati 76 prelievi e controlli pressorici. Le nascite sono in calo per la mancanza del lavoro, che spinge i giovani ad emigrare, e ad annientare il ricambio generazionale. Si deve fare qualcosa per invertire il trend», conclude il primo cittadino.

                                                                                                       

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