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Leonardo Di Capua (1617-2017) – Convegno di Napoli, 1995: Parte I

09.07.2017, A cura di Aniello Russo

Per il quattrocentesimo anniversario della nascita di Leonardo Di Capua (1617-2017)

Leonardo_di_CapuaDopo Bagnoli, la Commemorazione di Leonardo di Capua si tenne pure a Napoli presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Vi parteciparono molti altri studiosi di prestigio e docenti universitari di grande spessore. Folta la rappresentanza dei bagnolesi, giunti con un autobus messo a disposizione dal Circolo “L. Di Capua.” Per chi non lo sa, Gabriele Reppucci, l’autore del libro su Leonardo di Capua è stato prima un insegnante e poi un preside, che ha sposato una zia di Raffaele Alfonso Patrone, dirigente del comune di Bagnoli.

1. Gaetano Salvatore, Preside della facoltà di Medicina, moderatore.

Oggi siamo qui riuniti per ricordare uno degli uomini di cultura più rappresentativi della nostra regione, della nostra terra, anche della nostra Napoli, perché Leonardo Di Capua – medico, scienziato, letterato, operatore culturale e politico – se è vero che è nato a Bagnoli Irpino, appartiene anche alla nostra città. Ed è per questo che noi abbiamo un programma nutrito per la partecipazione di vari e qualificati rappresentanti della comunità civile di Napoli e di amici di Bagnoli, i quali hanno studiato la figura dello scienziato.

Il primo oratore sarà l’Assessore, prof. Guido D’Agostino, il quale farà una breve introduzione sulla storia locale e sul barocco; e questo per comprendere meglio lo sfondo culturale e sociale e politico della fine del ‘600 a Napoli.

Voglio, intanto salutare gli amici di Bagnoli che sono venuti qui numerosi per ricordare un loro antenato, che è un illustre concittadino. In fondo, chi ricorda i personaggi famosi della propria tradizione culturale lo fa anche per se stesso, perché nella ricerca delle proprie radici riscopre quanto di più vitale e di più umano vi è in ciascuno di noi e nella nostra comunità. Mi affretto ora a passare la parola al prof. D’Agostino.

2. Guido D’Agostino, Assessore alla cultura del Comune di Napoli, titolare della cattedra di Storia del Mezzogiorno.

Ringrazio tutti quanti voi. Un saluto caloroso va alla comunità di Bagnoli che è qui presente in numerosa rappresentanza. Ho dei particolari motivi di affetto con la terra irpina, e questa è una ragione in più per la quale mi sento onorato di partecipare a questa manifestazione. Purtroppo il sindaco Bassolino non ha potuto essere qui, ma reco a voi tutti un abbraccio caloroso da parte sua.

Pe i due punti che mi accingo a trattare, prendo comunque spunto da alcuni elementi significativi presenti nel libro di Reppucci. Il primo punto riguarda la storia locale. La quale sovente viene guardata come una storia minore, rispetto alla grande storia nazionale. Ma oggi dobbiamo rapportarci alla storia locale in maniera diversa; l’altro modo di intenderla è quello di considerare la storia locale una parte essenziale di tutta la storia, nella quale si rispecchia la grande storia. La storia locale è, insomma, la proiezione ridotta della storia nazionale.

Nel volume di Reppucci io vi trovo stralci delle opere del Di Capua; diversi giudizi della critica; e vari excursus nel campo della filosofia, della medicina, del diritto. Da questo punto di vista è un’opera utile, importante, insomma ben riuscita. L’altra cosa che volevo sottolineare è la esemplarità di Leonardo Di Capua, perché a me sembra che restituisca la più vera immagine dell’età barocca. E lo sottolinea lo stesso prof. Reppucci: Io ho voluto restituire il Di Capua al suo contesto. L’ho voluto mettere nel ‘600, lui che ha contribuito direttamente alla caratterizzazione della seconda metà di quel secolo. E questo è un privilegio. Non capita a tutti di vivere nel luogo giusto e nel momento giusto.

Ciò che a me prima di tutto preme sottolineare è il fatto che Di Capua è una delle figure che meglio esemplificano il significato dell’intera età barocca. Da una iniziale sottovalutazione dell’arte dell’età barocca si è passati a una rivalutazione dell’intero periodo e di tutta la produzione del tempo. Benedetto Croce, all’inizio del ‘900, scrive che il secolo XVII ha prodotto importanti opere, eppure è come se il critico non avesse il coraggio di rivalutare completamente questo secolo. La critica più recente ha avuto il coraggio di non vedere più il ‘600 come un’epoca negativa. Io ho una mia teoria a riguardo: il tentativo della sua rivalutazione dipende dal fatto che quel secolo ci somiglia. Il Seicento è un secolo, o un secolo e mezzo, che ci somiglia perché tiene insieme cose straordinariamente diverse tra loro. Siamo condizionati e attratti da questa necessaria convivenza fra tante differenze. Questo ci inquieta, ma è proprio questo che ci rende molto somiglianti. Insomma, il tardo Novecento somiglia tanto al tardo Seicento.

Qualunque sia la nostra capacità di leggere e di intendere la storia, la filosofia, la scienza di quel tempo, noi troviamo nel barocco l’una cosa e il suo opposto. Lo stesso Leonardo Di Capua è uno che vive con sofferenza il suo secolo: non gli piace quasi nulla di quello che sente o legge, eppure è propenso a privilegiare la lingua letteraria del Trecento, la lingua di Petrarca, mentre l’alfiere del secolo è Gian Battista Marino.

Non c’è nulla di più lontano dalla scienza della lingua classicheggiante trecentesca, lingua che lo scienziato Di Capua usa nei suoi scritti scientifici il Parere e i Ragionamenti. Nel ‘600 convivono il capitalismo e il feudalesimo, come convivono il marinismo e il petrarchismo. A me sembra che il Di Capua racchiuda in sé un vasto eclettismo. Ed è difficile spiegare come Di Capua, che è medico scienziato naturalista, possa anche essere letterato, filosofo, giurista, ecc. E’ un uomo che vive interamente la grande contraddizione del suo secolo, sicché lo sentiamo ancora più vicino a noi.

                                                                                                       

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