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“Profondo Sud” , la raccolta poetica di Domenico Cambria

10.08.2012, La notizia

E’ stato presentato sabato 4 agosto, alle ore 18,30 nell’Auditorium Comunale di Ariano Irpino l’ultimo lavoro di Domenico Cambria: “Profondo Sud”. L’evento culturale, che ha avuto il patrocinio del Comune di Ariano Irpino, è rientrato nel programma dell’Estate Arianese.

Dopo i saluti del Sindaco, Antonio Mainiero, dell’Assessore alla Cultura, Manfredi D’Amato, e dello stesso autore Domenico Cambria, gli interventi di Antonio D’Antuono che ha curato la prefazione del volume e del Consigliere Regionale Ettore Zecchino.

Profondo Sud è una raccolta di poesie ispirate dalla propria terra: l’Irpinia, in una visione non certo romantica ma realistica ed a tratti amara. Per i temi trattati dai componimenti di Cambria la presentazione del libro è stata certamente occasione di riflessione sulle problematiche che affliggono l’Irpinia ed il Mezzogiorno.

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Presentazione a cura del prof. Antonio D’Antuono.

Quando l’amico Mimì Cambria mi ha chiesto di presentare Profondo Sud, la sua seconda raccolta poetica dopo Gocce di Uomini (precedentemente ha pubblicato opere riguardanti la Salvicoltura, romanzi come “La notte dell’arcobaleno” e scritti di natura storica), ho avuto qualche titubanza o perplessità, non tanto per la bontà del suo lavoro, ma soprattutto perché non è mai cosa agevole tentare un rapido e incisivo spaccato di quanto un autore fa rivivere di sé e della realtà che lo circonda nei propri versi: personalmente amo la poesia per ciò che essa genera e mette in moto (sensazioni, percezioni sottili, sentimenti, richiami al passato o al vivere presente, proiezioni o fughe nel futuro, ecc.), avendola sempre vista come una sorta di musica dell’anima, pacata o dirompente che sia, capace di dilatare o restringere, attraverso l’eleganza, la freschezza e significatività del verso, il presente, in funzione retrospettiva o futuribile, quale espressione genuina del tempo della coscienza. Nella breve ma significativa Introduzione alla sua silloge, l’A. pone l’accento sull’amaro presente, frutto anche di endemiche vicissitudini del nostro Sud, e ne prospetta una possibile, condivisibile o non, soluzione. La raccolta ricalca per certi “versi”, per usare un eufemismo, la precedente, ma ne approfondisce e attualizza ulteriormente i temi, sublimati dalla stessa poesia, che fluisce, come acqua cristallina, dai meandri segreti del cuore di chi, cittadino del mondo, scrive con i colori dell’iride e “[…] vive laddove altri si spengono,/ nasce dove altri muoiono, cammina/ dove altri si fermano, si alza dove altri/ cadono, crede dove altri sperano”. La sua voce “[…] è come quella del vento,/ della tempesta, della passione, della gioia,/ del dolore, della morte, della vita, della pace,/ della guerra, del lampo oltre il tuono” (Il poeta). E’ l’abbrivo della nuova silloge, che esprime tutta l’ambivalenza dell’esistenza, vissuta come lotta dei contrari di sapore eracliteo. Ai versi de Il poeta fanno eco quelli di Passi, con i quali l’A. avvalora e attualizza il dramma dell’uomo che cerca affannosamente, per le strade di un mondo attanagliato e dilaniato dal negativo, “[…] ragioni di vita, un senso da dare/ all’umana esistenza, un Cristo da amare disposto a/ morire, come accadde una volta agli inizi del mondo”, ma che resta, comunque, abbarbicato alla propria terra, unica certezza, alla quale torna: “Son partito da Roma e ci voglio tornare” (verso ripetuto per ben undici volte alla fine di ogni sestina), sorretto anche dalla Fede, che più volte vacilla: “[…] C’è tempesta ma reggo, mi riportano/ a casa, con le scarpe bucate, la Croce e una carta. Un miracolo?/ Forse! Come è facile perdersi per le strade del mondo!”. Nessuna cosa sfugge all’occhio attento dell’itinerante poeta: dai focolai di guerra nelle varie parti del globo alla tratta delle schiave della prostituzione, dallo sfruttamento delle risorse del Terzo mondo all’esportazione dei rifiuti, dal dramma delle migrazioni ai problemi della crisi economica e, in particolare, del nostro Sud. Tema quest’ultimo affrontato, in maniera forte, in Ripresa, nei cui versi si ritrovano vecchi e nuovi problemi figli degeneri della globalizzazione, e in Profondo Sud (che è poi anche il titolo della silloge), dove aleggiano immagini più statiche di un passato mai morto e sempre presente, così come in Aquilonia. La raccolta non esprime, però, soltanto questo, ma anche la voglia di lottare, non arrendersi: “Se arretri/ altri avanzeranno./ Se lasci/ altri prenderanno il tuo posto./ […]/ vai avanti e non fermarti mai” (Coraggio), cui si contrappone, nell’ambivalenza dell’essere umano con tutte le sue contraddizioni, la stanchezza che alberga nel cuore di chi più non spera, come in Genericità: “Ma si, lasciamoli fare,/ lungo il viale del tramonto/ c’è posto per tutti! […] A luci spente!/ E poi?/ Ma che importa, tanto è notte per tutti”, o in Il Tempo: “Viaggiare è stare fermi/ aspettare che altri passino/ le cose passino/ il tempo passi/ tutto passi/ mentre tu… stai fermo”. Il tutto si stempera nell’amore, che al pari della poesia che lo canta, vive in una luce perenne e immortale, quale cifra e orizzonte della vita: “[…] Sospeso nel vuoto un punto,/ piccolo, insignificante: io. / E poi il vento, le foglie, il mare,/ i flussi, le maree, il cielo,/ le albe, i tramonti, una spiaggia,/ i sogni, le speranze,/ una luce, un faro, i tuoi occhi,/ il tuo sguardo, la tua voce,/ la tua bocca, il tuo sorriso,/ orizzonti:tu!” (Orizzonti). Ma l’amore non si ferma esclusivamente alla sublime attrazione per la bellezza di un corpo, rinasce, conservando tutta la forza e fragranza, nello splendore della natura della terra natia e delle sue svariate forme, dalle quali l’A. è sedotto, in un amplesso che ogni cosa coimplica: “La bionda chioma/ al vento/ E l’ancheggiar dell’oro/ al sole/ Su dolci colline lo sguardo carezza/ La sinuosità dei fianchi a valle/ E creste che salgono e poi/ scendono/Sui dolci declivi che ami:/ messi!/ Come mani di amante su seta sfioro/ L’oro al tramonto, e amo/ il cielo,/ La terra, il sole che scende/ e bacia/ Le bronzee colline dove/ la vita/ Nasce e il sogno si rinnova./ […] Sogni e speranze della terra mia” (Messi). E’ questo il distillato della poesia di Cambria, che colpisce per la duttilità e incisività del verso, tramite il quale l’A. si fa lettore e interprete del nostro tempo, di cui ci dà uno spaccato, frutto di attese deluse e di sogni irrealizzati, anche se mai definitivamente infranti ma sempre presenti sullo sfondo del palcoscenico della vita.

                                                                                                       

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