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Albergo al Lago raccontato da chi l’ha gestito

16.08.2012, Intervista ad Emilio Frasca (da “Fuori dalla Rete” – Agosto 2012 – Anno VI, n.3)

Serio e pacato, gentile e simpatico, sempre con la battuta pronta, Emilio è una di quelle persone a cui non puoi non voler bene, non conosce l’arroganza e la presunzione,  è un “libro di storia locale”; se una sera davanti al bar in piazza inizia a raccontare gli eventi e gli aneddoti di un tempo si fa l’alba che nemmeno te ne accorgi!

Questo è Emilio ma il suo nome è anche  legato al doppio filo a quello dell’albergo al lago, oggi Emilio Frasca (nella foto) ha  settantacinque anni, portati splendidamente,  una vita trascorsa in cucina a preparare prelibatezze locali per i tanti turisti che affollavano il suo piccolo albergo.

Oggi che si profila la ristrutturazione dell’edifico  simbolo del progresso prima e del decadimento poi del Laceno, in questo reportage dedicato proprio all’albergo al lago,  non potevano mancare alcune domande a chi ha gestito quella struttura per molto tempo.

Quando è iniziata la sua gestione all’albergo al lago e  quanto tempo è durata?

Ho gestito l’albergo per 13 anni dal 1959 al 1972, quando acquistai in società con Vincenzo Nicastro ed altri la Taverna Capozzi, venduta a sua volta nel 1993, e demmo l’ostello in subaffitto per alcuni anni, al prof. Antonino Amico e aUmberto Patrone. Terminato il contratto, il Comune istituì una nuovo bando e l’albergo lo prese in gestione Michele Picariello che lo diede anch’egli in subaffitto a dei napoletani. Il destino volle che i nuovi gestori inaugurassero la struttura la mattina del 23 novembre 1980.

Dalla cucina del suo albergo avrà conosciuto chissà quante persone e sicuramente  ne  avrà viste di tutti  i colori, ricorda a tal proposito qualche aneddoto in particolare?

Più che un aneddoto mi piace ricordare la famiglia Iovine che frequentava il Laceno già da prima che prendessimo in gestione Santanesta, in principio si affittavano la casa del compianto sindaco Antonio Nicastro in via Roma, ancora oggi che hanno un residence proprio sopra il ristorante il Caliendo, l’ultimo  figlio Elia, che oggi ha circa 65 anni, viene ancora a trascorrere il suo tempo libero a Laceno e con cui sono rimasto molto amico. Il papà di Elia, Giuseppe quando veniva da noi stava intere giornate a pescare nel lago, noi suonavamo la campanella e lui saliva a mangiare. La curiosità era che qualunque cosa mangiasse dovevano essere rigorosamente spaghetti.

La sua cucina è stata sempre definita d’ eccellenza, quali erano le sue specialità?

Quello che io pensavo di far bene erano le fettuccine al tartufo, perché il tartufo all’epoca come lo trattavamo noi non lo trattava nessuno, non è come oggi che per quanto riguarda i primi piatti viene aggiunto  a scagliette. Così facendo il tartufo non si amalgama bene sulla pasta. Io invece, in verità insieme all’amico Domenico Di Capua, (Mengo zazzà),sperimentavamo come  trattare il tartufo, come prepararlo, come fare la crema e poi facevamo tantissimi esperimenti, come ad esempio quale tipi di pasta “si sposavano” meglio con il nostro tartufo. Se le  fettuccine al tartufo erano il nostro piatto forte gran parte del merito è anche sua.  Occorre dire infine e puoi trovare conferma in ciò che dico chiedendo in giro ai vari esercenti,  che noi trattavamo solo prodotti locali e di qualità.

Insieme a Tommaso Aulisa e al Cav. Aniello Capozzi è stato uno dei pionieri del Laceno, che ricordi ha di questi due uomini illustri di Bagnoli?

Quello che ha fatto Aniello Capozzi lo sappiamo tutti, ha avuto il merito di crederci nel Laceno, ha fatto davvero tantissimi sacrifici ma in termini economici non ha ricavato molto. Tommaso ha altri meriti, quello di aver intuito per primo che a Laceno per fare turismo occorrevano degli hotel all’avanguardia per quei tempi e  da quell’idea nacque i “4 Camini”. All’epoca l’albergo al lago sembrava in confronto agli altri locali, un vero hotel,  ma in realtà viste le dimensioni non lo era.

L’albergo aveva 18 camere, noi ne ricavammo 20 con una piccola modifica, c’erano due camere con bagno, una  singola che facemmo diventare matrimoniale, l’altra matrimoniale ma il letto visto lo spazio era praticamente indivisibile.  Le altre diciotto camere avevano sei bagni in comune. Però ogni stanza era fornita d’acqua, aveva infatti un piccolo lavandino da cui attingerla. Il bar era davvero minuscolo, la sala piccolina e non era provvista di servizi igienici , o meglio, bisognava attraversare dei locali adibiti a deposito per accedervi. Era inconcepibile una cosa del genere..  Decidemmo di chiuderli. Furono in seguito realizzati due bagni, ma  non come li intendiamo oggi, praticamente erano provvisti solo di due  gabinetti, sul lato destro dell’edificio sotto la terrazza.

Oggi si profila la ristrutturazione dell’albergo e il dilemma è: riportare l’edificio al suo assetto originale o recuperarlo interamente? Qual’ è la sua idea?

La struttura con le leggi attuali non è possibile destinarla ad albergo, viste le dimensioni dell’edificio non si riuscirebbe a ricavare gran che. Quindi considerate le dimensioni della struttura e gli spazi che oggi occorre obbligatoriamente riservare alla cucina e ai servizi igienici e tenendo conto che la struttura essendo in pietra e difficilmente modificabile, sono pienamente d’accordo con la proposta attuale di recuperare l’antica costruzione ottocentesca, oltretutto è quella la parte bella di santanesta.

La nostra chiacchierata con Emilio, si è dilungata inevitabilmente oltre e si è arrivati a quasi automaticamente a discutere del Laceno e delle problematiche che oggi presenta.

Fra le tante considerazioni un paio mi sono rimaste impresse, sembreranno banali all’apparenza, ma in realtà  non lo sono.  Emilio ricerca infatti le cause dello stato attuale in due fattori: il primo riguarda il terremoto del 1980 che ha interrotto il progresso turistico  del Laceno, in quel periodo all’apice del successo. Ripartire daccapo è stato difficile per tutti. Il secondo, sta nel mancato ricambio generazionale e nella mancanza di spirito imprenditoriale. “ Noi abbiamo fatto davvero tanti sacrifici, a quei tempi salivamo a piedi  a Laceno per andare a lavorare, Vincenzo Nicastro comprò una seicento e ogni mattina era costretto a fare cinque o sei viaggi per portare  all’albergo, il personale e tutto il necessario. Sono stati davvero tempi duri.

L’industria dei matrimoni non è finita solo per demeriti nostri. Però occorre un ricambio generazionale, ma non  per un problema di mancanza di capacità imprenditoriali,  ma  una questione puramente anagrafica. Quando abbiamo venduto la Taverna Capozzi è  perché ci siamo resi conto che era l’ultima opportunità, perseverare significava svendere l’immobile, qualche anno dopo al primo arrivato, noi avevamo fatto il nostro tempo, Gerardo Stabile, che lo acquistò da noi, ha saputo coniugare la sua passione, quella per la ristorazione con lo spirito imprenditoriale, per questi motivi, hotel Grisone a parte, che è un albergo di recente costruzione, è stato bravo a sapersi rinnovare”.

Giulio Tammaro

                                                                                                       

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