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Seconda guerra mondiale … Così gli Americani liberarono Montella

16.10.2012, Racconti di storia (di Antonio Camuso, da “Il Corriere” del 14.10.2012)

Da anni l’Archivio storico Benedetto Petrone, allestito a Brindisi, è impegnato in un percorso di riscoperta della memoria del Mezzogiorno, attraverso una serie di pubblicazioni realizzate in occasione del 69 anniversario dei fatti del settembre 1943 in terra d’Irpinia. Una serie che vuole essere di stimolo a quel lavoro di salvataggio della memoria di quei fatti dolorosi ma anche eroici, che le genti irpine vissero in quei terribili giorni di guerra e che sarebbe giusto valorizzare con risalto in occasione delle celebrazioni che in tutta Italia si svolgeranno il prossimo anno per ricordare il 70° della caduta del fascismo, e l’inizio della guerra di Liberazione al nazifascismo che portò la nascita della Repubblica Italiana in nome dei principi di democrazia, giustizia ed eguaglianza universale sanciti dalla Costituzione che ancor oggi chiedono quotidianamente di essere rispettati.

La speranza è quella di costruire una sorta di archivio della memoria perenne nei paesi d’Irpinia , che con gli attuali mezzi telematici, il web in particolare, può essere di stimolo alla conoscenza e alla riscoperta di luoghi, tradizioni, storie e…sogni che da sempre hanno fatto la terra d’Irpinia , un luogo unico.

La memoria condivisa e resa fruibile a tutti è un potente mezzo di valorizzazione e di stimolo anche all’economia locale, come hanno confermato tanti progetti accolti e finanziati con fondi nazionali ed internazionali in altre regioni. Ci augureremmo che questo sia possibile anche nei piccoli paesi d’Irpinia , superando localismi e lavorando insieme.

La battaglia per la conquista del porto e delle spiagge di Salerno, il 19 settembre era ormai conclusa con la consapevolezza degli Alleati che la loro risalita verso l’Italia del Nord non sarebbe sta una amena passeggiata e che il cammino sarebbe stato duramente contrastato da truppe tedesche decise a contendere ogni palmo di terreno della penisola. In effetti, sin dalle prime ore dell’inizio del ripiegamento da Salerno, le truppe tedesche in ritirata misero in atto tattiche che si sarebbero ripetute successivamente nei 18 mesi successivi: effettuare azioni di retroguardia, utilizzando ogni peculiarità del complesso sistema idrogeologico del territorio italiano, cercare di far terra bruciata di ciò che lasciavano alle spalle, fare un uso sistematico di mine e demolizioni di ponti ed altre opere di viabilità onde rallentare la marcia di un esercito, quale quello americano fortemente motorizzato ed in difficoltà nell’affrontare le asperità della catena appenninica che si stendeva lungo tutto la penisola. Così in quegli ultimi giorni di settembre mentre il grosso della Armata tedesca ripiegava sulla nuova linea di difesa dall’altra sponda del Volturno, gli americani e gli inglesi si lanciavano al loro inseguimento secondo direttrici parallele, tra le quali quella che, inerpicandosi sui monti alle spalle di Salerno, puntava al controllo della strada statale 7 , l’antica consolare Appia, la Regina Viarium, per impedirne l’uso in possibili controffensive verso il Sud da parte tedesca e contemporaneamente farne di essa il principale supporto logistico per l’avanzata Alleata. L’incarico per questa operazione fu dato ad una divisione americana, la Terza (3d Infantry Division) che in addestramento in Sicilia, non era stata coinvolta nella durissima battaglia di Salerno e quindi pienamente efficiente.Un compito che molti mesi dopo la portò all’ingresso trionfale a Roma…

Acerno. Un piccolo paese ma di cruciale importanza

Che altre armate in epoche lontane avessero già percorso quel cammino verso l’Irpinia lo tramanda la storia locale. L’avanzata sul passo di Acerno e la battaglia della “Rotonda” per il controllo dell’attuale bivio Bagnoli-Montella, fu opera dei normanni di Roberto il Guiscardo, signore di Salerno, che facendo strage della piccola guarnigione longobarda si lanciarono alla conquista del ducato longobardo beneventano e successivamente della Puglia. Chissà se in quei giorni di settembre del 1943 i soldati della la fanteria americani sapevano di ripercorrere le orme dei biondi uomini del nord, 900 anni prima, ma purtroppo la storia si diverte a ripetersi se pur con qualche piccola variazione. In quell’inizio di autunno reso caldo dalla guerra, a muoversi alla conquista della via Appia, lungo le gole montuose, era un esercito superorganizzato, dagli scarponi lucenti, cannoni e carri armati che sembravano invincibili ed un supporto logistico che ancor oggi molti eserciti invidiano.Tra essi vi erano anche lontani discendenti dei biondi normanni che un tempo avevano sottomesso l’Inghilterra, ma c’erano anche i figli o i nipoti di una generazione di emigranti che da un secolo a ondate successiva aveva lasciato le terre irpine e campane per sbarcare sul suolo americano in cerca di fortuna. Quei figli e nipoti di emigranti, portavano in spalla l’M1 o il Thompson, masticando chewingum , ed uno zaino zeppo di caffè, carne e latte in scatola, sigarette e cioccolate. Cose delle quali, i loro lontani parenti poveri, rimasti nei paesini di origine, neanche conoscevano l’esistenza, mentre di una cosa erano invece consapevoli: una cosa riportata dagli sfollati dai paesi devastati dalla battaglia di Salerno: gli americani, gli agognati liberatori, se si fossero trovati in difficoltà a causa di qualche resistenza tedesca degna di rilievo, non si sarebbero fatti scrupolo di fare tabula rasa con tutto il potenziale bellico in loro possesso, di ogni ostacolo, anche a rischio di causare quelli che si chiamano oggi danni collaterali, con vittime tra i civili innocenti trovatisi in mezzo al tiro incrociato dei duellanti e la distruzione di case, chiese e quant’altro.

Resistenti ad Acerno

Nei resoconti ufficiali di provenienza del Dipartimento della Difesa americano ( sui quali si basa gran parte del mio scritto) poco o niente si racconta del ruolo che ebbe un nucleo di patrioti locali e di abitanti del luogo, compreso degli ecclesiastici, nella battaglia di Acerno. Di questa vicenda troviamo tracce dalle dichiarazioni, confermate da altri , del capitano dei carabinieri Felice Ricci dinanzi alla commissione per il riconoscimento dello status di combattente per la liberazione d’Italia dal Nazifascismo , nel 1947 e riportate dalla ricerca di Ubaldo Baldi per conto dell’’istituto Galante Oliva e patrocinato dall’ANPI di Salerno , sui salernitani antifascisti e resistenti “prima che altro silenzio cali sugli occhi” In essa possiamo leggere che ad Acerno nel settembre 1943, in località «Grotta del bosco di S. Lorenzo » a 7 km circa dall’abitato cittadino, si costituì un nucleo di civili e militari sbandati agli ordini dell’ex Comandante della locale stazione dei Carabinieri Felice Ricci da Giffoni Valle Piana. Il Ricci condannato a morte dai tedeschi per insubordinazione dopo l’8 settembre, si era dato alla macchia raccogliendo intorno a sé questo gruppo di sbandati e civili. Questa banda si mosse nella zona in attività prevalente di controllo dei movimenti delle truppe tedesche e riuscendo così a fornire informazioni al Comando della 5° Armata Alleata. In questo contesto possiamo supporre l’appoggio come guide ed informatori della “Banda del capitano Ricci” agli uomini della Terza divisione avanzanti su Acerno.Tra gli altri fatti riportati dal Ricci c’è il salvataggio di un gruppo di 16 soldati ed un ufficiale dell’esercito italiano sbandati che avevano trovato rifugio in località (Pesca dell’Acqua) la liberazione, e che la notte del 23 settembre ( ma qui c’è qualche dubbio sulla data effettiva ), erano stati catturati dai tedeschi della divisione Goering e stavano per essere fucilati. L’intervento in armi dei patrioti comandati da Ricci permise la loro liberazione e la fuga dei nazisti. In questo contesto importante fu il ruolo di un prete di Acerno che prontamente aveva avvisato i resistenti di Acerno. E’ sempre dai documenti di archivio della Commissione che si evince come questo gruppo partecipò combattendo al fianco delle truppe americane nella liberazione di Acerno.

Il cammino verso Acerno e Montella alla conquista di Avellino

A mezzanotte del 19 settembre a poche ore dallo sbarco sulle spiagge alla foce del Sele, delle prime unità della Terza divisione di Fanteria americana alcuni elementi di una pattuglia di ricognizione del 30 Rgt appartenente a quella divisione, al comando del capitano Richard M. Savaresy attraversavano le rovine di Battipaglia incamminandosi verso Nord, lungo la strada che inerpicandosi per le gole dell’Appennino portava verso Acerno. Tre ore più tardi alla biforcazione che conduce a Montecorvino Rovella a sinistra, e a Acerno a destra, il reparto americano ebbe un primo scontro a fuoco vincente con un piccolo distaccamento di fanteria tedesco lasciato in retroguardia. Per i soldati USA, della 3 divisione fu il primo combattimento sul suolo italiano, ma anche il segnale che i tedeschi non erano in fuga precipitosa bensì intenzionati a ritardare in tutti i modi l’avanzata americana Il primo serio ostacolo, a due miglia a sudest di Acerno, lo si trovò in corrispondenza di un ponte sovrastante uno stretto canyon che porta l’Isca della Serra a innestarsi sul Tusciano, dove i soldati americani scorsero sull’altro lato della collina un reparto di mitraglieri e tiratori scelti tedeschi del 1 battaglione del 9 reggimento panzer grenadier, una unità scelta e fanatizzata, che li aspettava al varco, in una posizione imprendibile. Era chiaro che il nemico voleva difendere a tutti i costi Acerno e la strada che portava all’AltaIrpinia. Il capitano Savaresy lasciato un gruppo di uomini in osservazione, ritornò indietro con la jeep al Quartier Generale per riferire su ciò che li aspettava nel caso fosse giunto l’ordine di muoversi.

La battaglia di Acerno

Alle 7,30 del 20 settembre la 3 divisione ricevette gli ordini di combattimento dal comando della V armata e gli obbiettivi assegnati. Si trattava di puntare sulla strada che passando da Acerno conduceva a Montella nella piana del Calore e da lì spingersi sempre più a Nord verso Avellino. Alle 11 venne dato l’ordine di avanzata 30°reggimento di Fanteria (30th Infantry) comandato da Col. Arthur H. Rogers, a cui si aggiungevano compagnie di trasmissioni, del genio, corazzate dotate di carri armati leggeri ed addirittura attrezzate per la guerra chimica. Migliaia di uomini con a seguito centinaia di mezzi, segno evidente della enorme superiorità militare americana dispiegata sul campo contro la quale le armate tedesche non avevano possibilità di vittoria finale. Il terzo battaglione del 30 reggimento comandato dal Lt. Col. Edgar C. Doleman, fu il primo a lasciare Battipaglia, seguito dal secondo battaglione, comandato dal . Col. Lyle W. Bernard, mentre il 1° Battaglione si posizionava sul fianco destro della colonna comandato dal Maj. Oliver W. Kinney. Erano circa tremila uomini dotati di un fortissimo armamento a cui, dall’altro lato si contrapponevano poche centinaia di soldati tedeschi, a cui era stato intimato di render dura l’avanzata americana, a costo di dare la vita per la Germania e per il Furher. L’avanzata del Reggimento sino ad Acerno fu contrastata da poche schermaglie, poi il reggimento si fermò per la notte con il 3 battaglione occupante la posizione più a nord in un avvallamento ad ovest del Tusciano. Marcia che riprese alle luci dell’alba del 21 settembre, giusto prima che l’artiglieria tedesca incominciasse a colpire l’area del bivacco americano Il General Truscott aveva dato ordini perentori: avanzare su Acerno a tutti i costi!. Sul campo le cose erano differenti e ai soldati ed ufficiali americani sul campo non c’era tanta voglia di rimetterci le penne in uno stupido attacco frontale e lo spirito pratico americano fece sì che in quell’occasione si facesse di Acerno, un episodio bellico da cui fu tratta una lezione di tattica militare, poi applicata tante altre volte nella campagna d’Italia dalla terza divisione e delle altre unità statunitensi.

Acerno : una lezione di tattica militare vincente

La compagnia I, comandata dal sottotenente Robert M . Boddy appena incamminatasi per la strada di Acerno sottoposta al fuoco dell’artiglieria tedesca (posizionata a a nord del villaggio) e quello dei tiratori del caposaldo tedesco posizionato sulla curva del ponte distrutto, prese una strada parallela a quella della compagnia L che si stava inerpicando lungo il costone montuoso ad ovest della strada. Una sorta di aggiramento dell’ostacolo utilizzando il riparo naturale dei boschi e dei rilievi, una manovra tattica che inseguito fu ripetuta molte volte quando lungo la penisola ci si trovò a scontrarsi con i tedeschi arroccati in posizioni imprendibili. Così mentre la compagnia L comandata dal sottotenente Maurice L. Brit alle 18.00 del 21 settembre 43 , si attestava sulla cresta sud della collina 687 a nord del ponte onde cercare di tagliare la ritirata ai tedeschi, altri americani facevano una manovra aggirante dall’altro lato, quello sud della posizione fortificata tedesca. Era la compagnia F comandata dal Capt. Burleigh T. Packwood che inerpicandosi per le gole del Tusciano partecipava a questa manovra a tenaglia. Al mattino del 22 settembre le posizioni americane si erano consolidate con l’intero 3 battaglione insediato su quota 687, la compagnia F in una posizione dominante ad est sul Tsusciano,un plotone della Compagnia C piazzato sulla collina 606 vicino alla strada principale a nord di Acerno. Dietro di loro l’artiglieria divisionale, il meglio della Terza divisione era a nord di Olevano mentre il resto della divisione era a poca distanza di Montecorvino Rovella. L’attacco ad Acerno iniziò alle 8.00 del 22 settembre con il il terzo battaglione (3d Battalion, comandato dal Lt. Col. John A. Heintges) che procedette ad est in direzione di Acerno mentre il secondo sul fianco sinistro provvedeva verso la strada nord del paese per completare l’accerchiamento. Il 3° battaglione incontrò una dura opposizione in un oliveto infestato dai tiri di mitragliatrici leggere e pesanti posizionate allo spigolo estremo del paese e l’avanzata del battaglione al limitare dei boschi fu possibile per qualche centinaio di metri solo dopo feroci combattimenti corpo a corpo con lanci di bombe a mano ed assalti alla baionetta, ma ben presto si dovette arrestare a causa del tiro di una batteria anticarro da 75 mm posizionata dietro una chiesa. I tedeschi, ormai vistisi in inferiorità numerica, coperti dall’opera di questi artiglieri e ad un fitto fuoco di mortai, iniziarono la ritirata della maggioranza degli uomini attestati ad Acerno senza che gli americani potessero fermarli, anzi, permettendosi anche, con i reparti lasciati in retroguardia, di lanciarsi in pericolosi contrattacchi. (Una tattica che le unità scelte tedesche, in altre situazioni simili, replicarono più volte nella lunga campagna d’Italia).

Il ruolo dell’artiglieria nella distruzione di Acerno

Di fronte alla situazione di stallo e riluttanti nell’accettare altre perdite, gli americani decisero di far entrare in campo l’artiglieria pesante, il maglio d’acciaio che in tutta la campagna d’Italia, insieme all’aviazione ha spianato il cammino della Va Armata. Un’opera che purtroppo portò alla distruzione di città, paesi e villaggi dalla storia millennaria. Nella fase iniziale dell’attacco americano trai boschi, a ridosso del paese, l’intervento dell’artiglieria con i calibri a lunga distanza era stato quello di colpire solo le postazioni di colpire solo le postazioni dei mortai ed il traffico dei tedeschi in ritirata verso Montella cercando di salvaguardare il paese. Su questo primo tentativo di salvare il paese, il ruolo del gruppo armato di resistenti comandato dal capitano Ricci, che faceva da supporto e guida alle pattuglie americane in avanscoperta su Acerno, non sappiamo, anche se andrebbe investigato ma certo è che tutto volevano i patrioti, salvo che vedersi il paese distrutto sotto le bombe degli agognati liberatori. Purtroppo al comando divisionale la sorte di quel paese poco importava di fronte al rischio di fare una brutta figura, al quartier generale della quinta armata. “Avanzare a tutti i costi su Avellino!”- Fu ripetuto, pianificando nel pomeriggiointorno alle 13.00 di quel maledetto 22 settembre 43, un contrattacco americano dopo che l’artiglieria avesse spianato il paese. Dalle12,52 alle 1325, in mezz’ora dai grossi calibri del 10th, 39th and 41st Field Artillery Battalions, comandati rispettivamente dai Lt. Cols. Kermit L. Davis, John D. Byrne and James R. Wendt, furono sparati sulle case e le chiese di Acerno ben 1016 colpi di artiglieria, una concentrazione spropositata ed inutile se si fosse proseguita l’opera di accerchiamento dei tedeschi che li avrebbe costretti, dopo qualche ora, ad abbandonare le posizioni. Alle1700 ad Acerno nel silenzio mortale che si era sostituito al fragore delle bombe, i soldati americani rastrellavano il paese facendo un magro bottino di guerra : una trentina di soldati tedeschi, intontiti, inebetiti e resi quasi sordi dall’inferno di piombo piovutogli addosso. Ad aumentare il disappunto degli americani fu quello che, aver demolito Acerno non aveva accelerato di un minuto l’avanzata verso Montella ed Avellino, poiché i guastatori tedeschi avevano fatto saltare in una manciata di di chilometri che li separavano dal paese irpino almeno 5 ponti ed addirittura in corrispondenza di uno di questi, anche un centinaio di metri di strada ed il relativo costone sottostante. Fu solo grazie all’enorme disponibilità di mezzi del Genio americano che fu possibile nel giro di due giorni, sotto una pioggia battente, riuscire a posare dei ponti in ferro e legno capaci di sostenere pesi di 18 tonnellate e quindi far avanzare non solo le truppe appiedate, e i mezzi leggeri ma anche i cannoni dell’artiglieria divisionale che sarebbero stati indispensabili per poter mettere a tacere ulteriori capisaldi tedeschi arroccati tra le case dei paesi che si sarebbero incontrati a cominciare da Montella.

Il mulo, questo oscuro eroe

L’eroe sconosciuto di molte battaglie condotte lungo la dorsale appenninica nella campagna d’Italia fu il mulo, l’unico mezzo di trasporto capace di inerpicarsi per gole, tratturi, pendii scoscesi trasportando mortai, casse di munizioni, mitragliatrici e di questo esemplare animale molte decine erano a disposizione della Terza divisione, dopo che ne aveva requisito un gran numero in Sicilia. La battaglia della Rotonda si ripete. A concedere un giorno di riposo agli uomini del 3° Battaglione americano, provati dalla battaglia di Acerno, fu il 1 battaglione del 7° reggimento di fanteria giunto nella notte dalle retrovie, il 23 settembre che, dandogli il cambio lo sorpassò avanzando in direzione di Montella. ( Non sappiamo se tra essi vi fossero ancora uomini del capitano Ricci, poiché in altri documenti lo stesso giorno risultano essere protagonisti di uno splendido episodio, quello del salvataggio dalla fucilazione di una quindicina di soldati italiani sbandati da parte di tedeschi della Herman Goering. Altre testimoniaze locali parlano anche della presenza di montellesi o abitanti di Bagnoli che volevano facilitare l’ingresso degli americani nei rispettivi paesi prima che i tedeschi vi si arroccassero con relative conseguenze di interventi distruttivi da parte dell’artiglieria americana. Su questo andrebbe condotta un’opera di ricerca di qualche, speriamo, giovane, studioso del luogo. Sicuro è che il 23 settembre quando il battaglione del 7° reggimento raggiunse la località Croci di Acerno, si trovò a sostituire i normanni, praticamente sullo stesso luogo dove la guarnigione longobarda 900 anni prima si era sacrificata inutilmente per cercare di arrestare l’avanzata della macchina da guerra di Roberto il Guiscardo. A Croci nella posizione sopraelevata e lungo il costone, che teneva sotto controllo il bivio Montella-Bagnoli, in quel settembre del 43 , un altro gruppo di “kamikaze” tedeschi si era posizionato con dei nidi di mitragliatrice e mortai per ritardare con il proprio sacrificio il dilagare nella valle del Calore, dell’esercito americano. L’esito della battaglia era scontato ma il comandante del battaglione americano Lt. Col. Frank M. Izenour, dopo un primo scontro, non volendo rischiare ulteriori vite americane, preferì richiedere ancora una volta l’intervento dell’artiglieria divisionale alle 15,30 del pomeriggio del 23 settembre. Nonostante ciò occorsero tre ore prima che ogni residua resistenza tedesca fosse messa a tacere. Ormai vi era più nessun altro ostacolo verso il cammino su Montella e Bagnoli.

La liberazione di Montella

Il 24 settembre è un giorno di grande confusione a Montella, l’attività delle truppe tedesche in paese non fa presagire nulla di buono, alcuni ponti vengono minati, e si cerca in tutti i modi di convincere i tedeschi che è meglio che abbandonino il paese prima di rimanere intrappolati e far la fine, i tedeschi dei difensori di Croci, ma gli abitanti e le case di Montella, quella di Salerno prima e di Acerno poi. In effetti il 24 settembre dopo una marcia tra boschi e strade minate ad entrare in paese nel pomeriggio sono i soldati del 1° Battaglione del 7° Reggimento di fanteria americana che, dopo aver assaltato la postazione di mitragliatrici tedesca piazzata sul Monte Soveto, a ridosso del santuario del Santissimo Salvatore ed averne consolidata la posizione durante la notte, raggiungono con delle pattuglie al calare della sera anche Bagnoli, nonostante altre demolizioni viarie condotte dai tedeschi in ritirata. E’ sempre quella sera del 24 che avviene l’incontro tra un gruppo di paracadutisti americani del 509th RGT che qualche settimana prima erano stati protagonisti di uno sfortunato lancio nelle retrovie tedesche e che li aveva dispersi tra le località irpine compresa quella di Montella e che avevano vissuto alla macchia tra imboscate tedesche e abitanti del luogo che avevano cercato di aiutarli.( Nei resoconti americani di questo incontro non c’è traccia se esso sia stato facilitato dall’aiuto di locali, ma molte testimonianza di montellesi lo confermano.) I paracadutisti in quell’occasione misero al corrente gli uomini della Terza divisione che i tedeschi in ritirata stavano effettuando demolizioni sistematiche e che quindi altri ponti e altre strade sarebbero dovute esser riparate affinchè i carri armati americani potessero avanzare.

Ultimi fuochi in Irpinia

Nei giorni seguenti, piccoli scontri con i tedeschi si verificarono man mano che gli americani procedevano verso nord in direzione della statale 7: ce ne furono a Nusco, a Salza Irpina, ma il principale contatto con il nemico in lenta ritirata fu tenuto dal 17° reggimento di fanteria nella valle del Sabato, dopo che aveva valicato le montagne a nord di Corticello. Il 7° fanteria invece, proseguendo lungo i monti a nord di Montella prendeva possesso della pianura di Volturara dopo un altro scontro con nidi di mitragliatrici tedesche posizionate in quella località . Il 27 settembre i reparti del 30 reggimento, quelli che avevano preso Acerno, entravano a Montemarano e simbolicamente rivendicavano di aver raggiunto l’obbiettivo principale: il controllo della via Appia, la statale 7. La strada per Avellino ormai era spianata e il 29 settembre la città, accerchiata da tutte le parti, veniva liberata dai tedeschi con la popolazione stremata da bombardamenti, fame che tirava un sospiro di sollievo. L’alta Irpinia era così ufficialmente liberata! Per la Terza divisione e per gli strateghi militari del QG della V armata le lezioni di Acerno, delle brillanti manovre di a accerchiamento e l’uso dell’artiglieria campale che avevano portato a questo risultato furono acquisite, studiate e divenute argomento di manuali di tattica militare.

                                                                                                       

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