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Intervista a Rachele Branca: l’artista delle “forme”

04.06.2011, Ottopagine (di Alessandro Valentino)

Laureata in Scultura con il massimo dei voti presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, Rachele Branca è anche Maestra d’Arte in ceramica dal 1996. In questa storica istituzione di alta cultura essa ha appreso con ottimi risultati l’abilità plastica e tutte le conoscenze specifiche dell’arte della scultura seguendo un insegnamento tradizionale ma utilissimo.

In questi ultimi anni però, forse stimolata dall’uso di nuovi materiali come la ceramica e la terracotta – Rachele ha iniziato una nuova ricerca. Il suo è uno sforzo faticoso e consapevole verso l’abbreviazione dell’espressione, la ricerca di una sintesi della forma che riassuma in moduli quasi geometrici la rappresentazione dei temi che la interessavano. Andare dritti al cuore delle cose e all’animo dello spettatore è molto più difficile che incantare il pubblico con i mezzi consueti della tradizione.

Il dono della sintesi e la capacità di concepire in modo unitario un oggetto sono valori fondamentali. Nella ricerca di Rachele Branca appaiono convincenti i lavori recenti, in cui ha abbandonato l’apertura dello spazio e il trattamento materico della superficie, per ricercare invece la massima semplicità e la concentrazione della forma. Un altro debito che appare evidente è proprio quello che spinge Rachele verso immagini archetipiche, simboli generali, stereotipi che possano funzionare al di là di ogni particolarismo culturale. Concentrare l’energia della forma significa infatti andare alla ricerca di valori più universali e traducibili, sforzarsi di creare immagini comprensibili in modo immediato, a colpo d’occhio, come per un oggetto artigianale d’uso o una scultura neolitica.

Tra le esposizioni e le attività a cui Branca ha partecipato ricordiamo: Far rinascere il Laceno d’oro a Bagnoli Irpino; “Ironia ed energia” a cura di Vittorio Iannino; “L’anno nuovo” a Castelfranci (AV); “Il laceno d’oro e il neorealismo in irpinia“ a Castelfranci (AV) : “Colori e forme per l’Annunziata” a Prata P.U.; “Carlo Gesualdo omicida fra storia e mito” a Castelfranci (AV); 1° mostra internazionale d’ arte contemporanea“ cento ed oltre … messaggi di pace” a Nusco (AV); Personale Meditazioni Materia E’\E Spirito ad Avellino; Laceno Rock Festival a Bagnoli Irpino (AV); “Elisir Art Gallery”: Mentana (Roma) , Mola di Bari (BA) , Altopascio (LU) ; “Il Labirinto del colore” presso l’Accademia di Belle Arti a Firenze; Premio Senigallia, il cronista dell’anno; Expo Calitri; Fiera dell’artigianato a Milano Rho; Arte e Artigianato a Santa Paolina (AV); Casa Infante “L’angelo”, pannello terracotta, Nettuno (Roma); Restauro della facciata barocca della chiesa di “S. Croce” di Lecce.

Signora Branca, perché la scelta della scultura?

Perché sono sempre stata proiettata verso lo studio delle delle forme, anche dei paesaggi. Non a caso ho scelto di vivere in campagna per avere un contatto più stretto con la Natura che per me è una continua fonte d’ispirazione. Le mie opere, infatti, sono interpretazioni di paesaggi e del territorio.

Uno scultore deve necessariamente sapere anche dipingere o si tratta di due mondi non obbligati a convivere o incontrarsi?

C’è una base comune che è quella classica ma poi si procede per strade diverse. La scultura in ceramica ad esempio, è molto più intuitiva. Si realizza il bozzetto per poi procedere in modo creativo. Ciò che conta è la manualità. La scultura vera e propria, invece, è più razionale e come diceva Michelangelo “è per via del mettere e non del levare”. Inoltre, a differenza della pittura la scultura deve necessariamente essere vissuta dal vivo in quanto si muove in uno spazio fisico tridimensionale.

Ci descriva la differenza tra la scultura e la creazione di ceramiche.

La ceramica come fondamento ha la funzionalità dell’opera, mentre la scultura vuole generare emozione. Infatti la ceramica, secondo me, è più una creazione di alto artigianato che un’opera d’arte vera e propria.

Preferisce scolpire o plasmare la materia?

Senza dubbio preferisco la scultura anche se il pubblico mi conosce più nelle vesti di ceramista.

Ha dei maestri di riferimento?

Il Massimo Maestro è Michelangelo verso il quale nutro rispetto e profonda ammirazione. Tra gli artisti contemporanei apprezzo molto la semplicità diretta e immediata di Arturo Martino. Mentre tra le ultime generazioni ancora non ho trovato artisti degni di nota.

Nella scelta dei soggetti da creare, la guida una particolare ispirazione estemporanea oppure la voglia di creare qualcosa che vede o ricorda?

Spesso è l’istinto che mi guida nella rappresentazione di una scultura, anche se mi piace molto studiare le tradizioni antropologiche dei nostri luoghi. Una mia opera recente “Marte che ulula alla Luna” è nata proprio dalle storie irpine legate al lupo e al rapporto con il dio Marte.

Qual è la sua produzione preferita?

Si chiama “L’inchiodata” (nella foto ndr) ed è la visione di una Dea con un chiodo in mano. Rappresenta una dea eratica, al di fuori di tutto ciò che la circonda ma allo stesso tempo radicata al territorio. Ecco il perché del nome.

Le è mai capitato che una sua opera finita non le piapiacesse?

A volte succede, soprattutto quando si tratta di opere commissionate. In quel caso, in un primo momento cerco di far passare il bozzetto che preferisco, altrimenti realizzo l’opera così come mi viene richiesta, anche se non del tutto convinta.

L’uso o la scelta del colore per definire o rifinire l’opera ha per lei una logica? O prevalgono la fantasia, il gusto personale e il messaggio che vuole trasmettere?

I miei colori si legano spesso alle emozioni che vivo in un determinato periodo. All’inizio, non amando il colore, mi concentravo solo sullo studio delle masse e dei volumi. In seguito, intraprendendo la strada della ceramica, ho iniziato una ricerca anche sul colore che mi ha spinta all’uso dei monocromi, quanto più vicini al colore originale del materiale che sto usando. In ogni caso, mi sono resa conto che il colore è molto importante perché attira maggiormente il pubblico e lo emoziona più facilmente.

Che prospettive ritiene vi siano per la scultura come attenzione o interesse culturale considerati i tagli governativi sempre più incisivi nel settore della cultura?

Bisognerebbe favorire una maggiore “abitudine” alla scultura. Esistono leggi per inserire opere d’arte nelle opere pubbliche, ma sono pochi gli amministratori che le utilizzano. Oggi, purtroppo, anche nelle chiese si vedono solo statue in vetroresina. Le vere sculture sono difficili da trovare. I luoghi preposti in cui poterle inserire sono tanti, anche una piazza o un parco possono essere giusti, ma per ora la scultura ancora non viene considerata come uno strumento consono all’arredo urbano di una città.

È più svantaggiato uno scultore rispetto a un pittore nella nostra provincia?

No, credo che le difficoltà siano le stesse. Io, spesso, sono restia a propormi al pubblico, comunque quando lo faccio ricevo sempre una buona risposta.

La sua esperienza personale le fa pensare che questa forma d’arte abbia proseliti tra le nuove generazioni?

Amare l’arte e in particolare la scultura non è questione d’età. Come dicevo, per stimolare ad amare qualcosa c’è bisogno di educare le persone ad apprezzare il bello. Anche nelle scuole bisognerebbe usare un linguaggio più contemporaneo, non solo rivolto al passato, per far apprezzare ai giovani quello che li circonda.

Quale sua opera le piacerebbe vedere in una esposizione permanente nella città di Avellino? E in che luogo?

Mi piacerebbe vedere la mia “Inchiodata” al Museo Archeologico di Avellino, accanto alla Dea Mefite, immaginando così un ipotetico dialogo tra le due divinità.

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Ottopagine, Intervista a Rachele Branca: l’artista delle forme, 03.06.2011

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Alune sue opere …

(dal sito www.mariarachelebranca.it)

                                                                                                       

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