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I consigli dell’Ocse ai prof “Non bocciate, è dannoso”. I risultati dei test Invalsi …

26.07.2011, La Repubblica (Anais Ginori)

L’Organizzazione contesta il vecchio sistema di far ripetere l’anno scolastico: rafforza le diseguaglianze e pesa sui bilanci. L’Austria vuole abolirlo, la Francia discute la riforma. L’Italia ventiduesima nella classifica dei Paesi più severi.

 

Tutti promossi. Non è il nuovo slogan degli studenti fannulloni ma il suggerimento, molto serio, dell’ultimo rapporto Ocse sull’organizzazione dei principali sistemi educativi nel mondo. Lo studio conferma quello che molti esperti vanno dicendo ormai da anni. Ripetere un anno di scuola non sempre serve a recuperare il ritardo sul programma. Anzi, spesso è un modo di penalizzare ancora di più l’alunno in difficoltà. Numeri alla mano, l’organizzazione internazionale dimostra che laddove esistono molti “ripetenti” peggiorano i risultati complessivi delle classi e, in finale, anche la percentuale degli alunni che riescono a diplomarsi. Se anziché bocciare si organizzano corsi di recupero personalizzati o altre misure di sostegno (succede per esempio in Finlandia o in Gran Bretagna), allora l’efficienza nello studio migliora e il ritardo didattico può scomparire.

Come il voto e le pagelle, la bocciatura fa parte di una scuola “all’antica” oggi rimessa in discussione. In Europa, alcuni paesi si stanno già distaccando dal vecchio modello. L’Austria ha annunciato che abolirà le bocciature dall’anno prossimo mentre in Francia, con record di “ripetenti” sul continente, si discute una possibile riforma. E pazienza per chi sostiene, come il ministro Gelmini, che ci sia il rischio di essere troppo “buonisti”. “Sono contraria ad una scuola modello ’68 che non distingue chi si impegna e merita dai lavativi, che promuove tutti senza differenze”.

“Nei paesi in cui un maggior numero di studenti ripete gli anni scolastici – osserva l’Ocse – la performance globale tende ad essere inferiore, e il background sociale ha un impatto maggiore sui risultati di apprendimento”. Ovvero: la bocciatura rafforza le disuguaglianze, emargina ancora di più quei bambini o ragazzi con problemi scolastici. I ragazzi che devono ripetere l’anno non vengono quasi mai seguiti individualmente, perdono fiducia in se stessi e si allontanano dallo studio. Eppure, nonostante le tante critiche, continua a essere una tendenza diffusa. Secondo la classifica Pisa – che valuta i sistemi educativi nell’area Ocse – più di uno studente su dieci (il 13%) è stato bocciato almeno una volta nel suo percorso di studio. Il 7% alle elementari, il 6% alle scuole medie e il 2% al liceo. L’Italia si colloca appena al di sopra della media Ocse, con una percentuale di allievi bocciati del 18%. I ricercatori danno inoltre un giudizio negativo su un’altra pratica comunemente utilizzata per trattare gli studenti che vanno male a scuola, o hanno un comportamento inadeguato: il trasferimento in altre strutture scolastiche. Un metodo che, scrivono, “tende ad essere associato con una segregazione nel sistema scolastico, in cui gli studenti che provengono da contesti avvantaggiati finiscono in scuole con risultati migliori mentre quelli di origini svantaggiate finiscono in scuole peggiori”.

L’Ocse raccomanda anche maggiore elasticità da parte dei dirigenti scolastici sulla valutazione di fine anno, in base a criteri meno rigidi. Laddove i presidi hanno infatti più autonomia nel decidere la promozione, spesso vengono agevolati percorsi di accompagnamento che incentivano gli alunni più in difficoltà. Ultimo argomento: bocciare costa. Oltre a non garantire il progresso educativo, far ripetere un anno scolastico pesa sui bilanci dell’Istruzione pubblica, proprio in un momento di crisi economica e tagli alle scuole. Ogni bocciatura, hanno calcolato gli esperti dell’Ocse, costa in media tra i 10 e i 15 mila dollari annuali. In paesi come la Spagna, il Belgio o l’Olanda, i “ripetenti” incidono sul 10% del budget complessivo per l’educazione. Un altro effetto di lungo termine, registrato dall’Ocse, è il ritardato ingresso dello studente nel mondo del lavoro e la diminuzione di manodopera qualificata. Se le bocciature si ripetono nel ciclo scolastico, gli alunni tendono ad abbandonare lo studio, già prima del diploma. Un fallimento. Non solo per loro.

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28.07.2011, Il Corriere della Sera (Lorenzo Salvia)

I ragazzi migliorano in matematica. Quelli più bravi sono nel Nordest

Le valutazioni meno incoraggianti in Calabria e Sicilia Ma in altre regioni del Sud ci sono segnali di recupero.

 

Ci sono eccezioni, specie all’inizio della carriera scolastica, quando le abitudini della famiglia pesano più di quanto si impara in classe. In seconda elementare, ad esempio, i bambini più bravi in matematica sono quelli delle Marche e della Basilicata, mentre in italiano vanno forte quelli del Lazio e dell’Umbria. Ma poi – con il trascorrere degli anni, passando alle medie e alle superiori – i colori sulla cartina dell’Italia diventano definiti, netti, stabili. E i risultati migliori li raggiungono gli studenti di Veneto e Friuli Venezia Giulia, quelli peggiori i ragazzi siciliani e anche quelli della Calabria, dove probabilmente le pagelle andrebbero ritoccate al ribasso visto che «si riscontrano alcune evidenze di cheating», termine tecnico per indicare le copiature di massa. Ma se la classifica generale è sempre quella (Nord, poi il Centro, in fondo il Sud), dal Mezzogiorno arrivano segnali di recupero, soprattutto dalla Puglia ma anche da Abruzzo e Basilicata.

Sono ricchi di numeri e tabelle i risultati dei test Invalsi (l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) pubblicati ieri. Si tratta delle prove che tanto hanno fatto discutere a maggio con le proteste di una parte di studenti e insegnanti. Prove standard, cioè uguali in tutte le scuole d’Italia, con l’obiettivo di misurare il livello degli studenti a prescindere dal variabile metro di giudizio dei loro insegnanti.

Queste tabelle non ci dicono perché gli studenti sono più bravi in alcune Regioni che in altre. Non spiegano se dipende dai ragazzi, dai professori o da altro. Ma fotografano lo stato dell’arte, confermando che le ragazze vanno meglio in italiano e i ragazzi meglio in matematica. Che tutti, maschi e femmine, rispondono bene quando si tratta di usare il dizionario, mentre zoppicano se devono maneggiare punteggiatura e tempi dei verbi, che migliorano in matematica ma faticano in geometria.

Le analisi dell’Istituto nazionale di valutazione ci dicono anche che gli immigrati di seconda generazione, cioè nati in Italia, raggiungono un livello abbastanza vicino a quello dei loro compagni di classe con la cittadinanza italiana. Non è un caso se le Regioni in cima alla classifica, come Veneto e Friuli, sono anche quelle dove ci sono più immigrati, con il 13% degli studenti. E le differenze fra licei e istituti tecnici? Naturalmente restano ma per la matematica, almeno nelle Regioni settentrionali, i risultati sono «sostanzialmente equivalenti». Un dato – sottolineano al ministero dell’Istruzione- che «smentisce la presunta maggiore efficacia dei licei rispetto all’istruzione tecnico professionale».

Secondo Roberto Ricci, che all’Invalsi è il responsabile del servizio nazionale di valutazione, c’è un altro dato significativo: «Il calo delle mancate risposte, segno che i ragazzi si stanno abituando a questo tipo di rilevazione». Considerando solo le risposte aperte – quelle in cui bisogna scrivere e non barrare la casella giusta – sono scese dal picco del 27% dell’anno scorso ad una media del 10%, considerata fisiologica. Una cattiva notizia, invece, è che resta una grande differenza tra scuole buone e scuole cattive, fenomeno più evidente che in altri Paesi dove bravi e somari si distribuiscono più equamente. «Puntiamo con decisione sulla valutazione, così come nei migliori sistemi scolastici» dice il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che parla di risultati «incoraggianti» che arrivano dal Sud. Secondo il ministro si tratta «dell’unico percorso in grado di modernizzare il nostro sistema, ed è un percorso lungo ma necessario». L’anno prossimo i test Invalsi riguarderanno le stesse classi coinvolte finora, seconda e quinta elementare, prima e terza media, seconda superiore. Sarà sperimentale alla Maturità, diventerà stabile dal 2013.

                                                                                                       

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