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La letteratura colta e popolare della gente dell’Alto Calore

30.04.2014, Articolo di Aniello Russo (da “Fuori dalla Rete” – Aprile 2014, Anno VIII, n.2)

Una delle aree più feconde della letteratura colta e ancora di più della narrativa orale irpina è quella che corre lungo le sponde del fiume Calore. Le comunità, grazie alle vie di comunicazione abbastanza agevoli in quest’aria, godevano di facili rapporti umani e di incontri periodici nei santuari e nei mercati. Il sabato, Ponteromito era come una Piazza comune in cui si riversavano i mercanti, contadini e montanari venditori improvvisati dei loro prodotti, e la folla dei compratori.

Il mercato offriva pure l’occasione di fecondi scambi culturali; dall’alba a mezzogiorno, tra l’altro, si esibivano i cantastorie che incuriosivano i contadini abituati alla vita chiusa nel recinto del loro campo.

La nostra gente, sia quella della riva orientale del Calore (Bagnoli, Nusco, Castelfranci) sia quella della sponda occidentale (Montella, Cassano, Montemarano), per il territorio impervio che rendeva difficoltosi i contatti con l’esterno, ha elaborato un modus narrandi quasi comune che ha resistito fino a qualche anno addietro. E per alcuni aspetti dura ancora.

Nella Caputeide del bagnolese Giulio Acciano, poemetto scritto nel ‘600 in dialetto irpino, nei Cunti raccolti a fine Ottocento da Lenzi di Bagnoli e da Capone di Montella, nei testi da me registrati sul tramonto della civiltà rurale (dal 1975 in poi), nel Novellino montemaranese di Aldo De Francesco c’è una ininterrotta testimonianza della creatività della nostra gente.

Tutti questi lavori sono un documento indubitabile del nostro spirito teso all’arguzia e alla facile battuta, alla sana ironia, all’umorismo pronto e divertente, come quello del vecchio contadino che all’inaugurazione del Circolo degli Anziani a Bagnoli (anni ‘80), ebbe a commentare: “Ngi hènne apiertu lu scasciu!”.

Sia nella produzione colta sia nella produzione popolare non manca l’espressione briosa e la frase colorita. Il contenuto delle storielle orali e la vivacità degli aneddoti popolari rivelano una gente forse sprovvista di cultura, ma dotata di humor, capace di ridere e di far ridere.

Nei nostri piccoli paesi i convegni culturali richiamano sempre più gente che vuole ritrovare la propria identità. Il terreno è pronto, testimoniato dalla curiosità dei ragazzi di oggi di voler riscoprire le loro radici e dalle iniziative culturali che stanno proliferando soprattutto nelle nostre aree interne. Credo, perciò, che sia giunto il momento di proporci quali portatori di nuova linfa, originale e genuina, antica e nello stesso tempo moderna, e ispiratori di un risveglio culturale che non può non innestarsi sul nostro passato illustre.

                                                                                                       

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